venerdì 27 giugno 2014
Educazione alla famiglia e alla salute Così uno Stato è due volte saggio
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​Caro direttore,
nel corso del XVI Convegno nazionale della pastorale della Salute promosso dalla Chiesa italiana, conclusosi pochi giorni fa e di cui ho letto su “Avvenire”, è emerso un dato inquietante: nel 2050 in Italia vi sarà un cittadino malato per ogni cittadino sano. È evidente a tutti che il Servizio sanitario nazionale e la stessa società italiana non potranno reggere un carico del genere. Già adesso con la crisi calano i servizi e la qualità delle cure, già oggi abbiamo una società con un numero crescente di malati che rischiano di venire curati sempre peggio, a meno che non possano permettersi delle costose polizze sanitarie. Anche se il nostro Servizio sanitario è ancora considerato uno dei migliori del mondo e in Italia, bene o male, viene ancora assicurato il diritto universale alla cura e alla salute. Ma, affinché il sistema possa reggere nel lungo periodo, bisogna cambiare paradigma culturale e investire maggiormente nella prevenzione delle malattie e degli infortuni e nell’educazione a stili di vita più salutari. Una semplice proposta: perché non introdurre l’educazione alla salute come materia di studio fin dalla prima elementare? Insegnando ai nostri figli le nozioni base della corretta alimentazione, di uno stile di vita sano, della prevenzione della dipendenza da fumo, alcool, droghe, della prevenzione degli infortuni e le nozioni mediche di base, potremo avere una società più sana, con un numero minore di malati che potremo curare meglio grazie alle maggiori risorse disponibili.
Luca Salvi, medico, Verona

Vorrei limitarmi a dire, caro dottor Salvi, di essere d’accordo con lei. Ma poiché domenica scorsa 22 giugno (http://www.avvenire.it/Lettere/Pagine/ora-vita-solidale-scuola-tenerezza-dio.aspx) ho ragionato sull’idea di introdurre a scuola «un’ora (o più)» di «vita solidale» non mi va di sembrare il teorico di una dilatazione senza limiti dell’orario scolastico… Dunque, dico di trovare giusta la sua proposta e, al tempo stesso, di pensare che l’«educazione alla salute» possa rientrare a pieno titolo tra gli argomenti affrontati nelle ore riservate alle materie scientifiche che già qualificano l’offerta formativa della scuola italiana. Aggiungo solo una rapida sottolineatura: il nostro è un Paese che sperimenta crescenti problemi (e sostiene grandi spese) di tipo sanitario, perché è un Paese con sempre più persone anziane (io nel fatidico 2050 che ogni statistica cita, nel caso fossi ancora in cammino su questa terra, festeggerei i 92 anni…). L’allungamento della vita è ovviamente una cosa molto buona, il rimpicciolimento della quota di popolazione giovane è invece pessima. Anche dal punto di vista della sostenibilità del nostro sistema sanitario che, come lei ricorda, è basato sul principio del «diritto universale alla cura e alla salute». Lo scriviamo da anni, dando spazio ad analisi e studi molto documentati: sposarsi e metter al mondo figli – concittadini, sostegni ed eredi e del domani comune – fa stare meglio tutti. Per davvero. Per questo uno Stato che riconosce e non scoraggia la famiglia è uno Stato saggio. Se poi questo stesso Stato deciderà che a scuola si deve anche insegnare a vivere, a curarsi e ad alimentarsi bene sarà saggio due volte. Lei e io – e sono sicuro non solo noi – ce lo auguriamo.

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