sabato 7 agosto 2010
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Siamo nel 2008 o nel 2010? Allora la siccità e gli incendi in Australia, quarto esportatore mondiale di grano, contribuirono a innescare la corsa al rialzo dei prezzi dei generi alimentari. Oggi, la siccità e gli incendi che devastano la Russia occidentale, secondo esportatore mondiale di grano, ed hanno imposto al Cremlino il blocco delle esportazioni di cereali dal 15 agosto al 31 dicembre, riportano in vita lo spettro delle rivolte per il pane che in molti Paesi poveri o in via di sviluppo punteggiarono di morti i lunghi mesi della crisi. Le autorità internazionali, per prima la Fao (Food and Agriculture Organization), escludono il ripetersi dell’emergenza-cibo, grazie all’abbondanza delle riserve. E le più diverse nazioni, dall’Italia all’Egitto (il maggior importatore di grano al mondo: 9 milioni di tonnellate l’anno, di cui 4 dalla sola Russia) confermano di avere scorte e margini sufficienti a reggere l’embargo.Impossibile, però, che queste difficoltà (che sono anche dell’Ucraina e del Kazakhstan, e del Canada per ragioni opposte di alluvioni) restino senza conseguenze. In primo luogo in Russia, dove i generi alimentari incidono per quasi il 40 per cento sul paniere delle famiglie: aumento dei prezzi, inflazione, riduzione della capacità di spesa delle famiglie e contrazione dell’economia, ecco il quadro che si prospetta. E nei Paesi importatori avverrà più o meno altrettanto. L’Egitto dice che resisterà e speriamo che sia così. Ma in India proprio l’aumento dei prodotti dei generi alimentari ha portato l’inflazione alla doppia cifra e spinto il Governo a ripetuti aumenti dal tasso d’interesse per cercare di tenerle sotto controllo. Un quadro che si presta a speculazioni di ogni genere, destinate ad accrescere il nervosismo e l’imprevedibilità dei mercati.Anche se lo scenario dei prossimi mesi fosse quello previsto e auspicato, cioè una mini-crisi con sporadici e limitati rincari, resta il fatto che dal 2008 a oggi, su questo fronte, si è soprattutto perso tempo. Oggi pochi se ne ricordano ma proprio il 29 luglio del 2008, mentre la corsa internazionale dei prezzi del frumento faceva in Africa le prime vittime dei disordini, falliva a Ginevra l’ennesima sessione del "Doha Round", il negoziato interno all’Organizzazione mondiale del commercio (Wto). E falliva proprio per il contrasto tra Usa, Cina e India sulla politica agricola internazionale. Da un lato gli Usa dei sussidi ai farmer (18,2 miliardi di dollari nel 2006), dall’altro la Cina e soprattutto l’India, potenze economiche emergenti, che chiedevano forti misure di protezione per i propri produttori. Troppo limitata la riduzione dei sussidi americani, troppo vaste le richieste indiane. Risultato: tutti a casa a mani vuote.Dopo anni e anni in cui ci siamo sentiti ripetere che la globalizzazione va in qualche modo "governata" per il bene di tutti, scopriamo a ogni occasione che la morale è sempre quella: i grandi Paesi sono ancora convinti che chi fa da sé fa per tre. Oggi, con il blocco alle esportazioni decretato dal Cremlino, ridono i produttori di grano americani, che sono già i primi esportatori al mondo e con i buoni raccolti delle ultime due stagioni hanno ammassato 30 milioni di tonnellate di scorte. Proprio come, quando era alto il prezzo del petrolio, ridevano i russi. Ma se basta una brutta estate a far piangere gli uni o gli altri, vuol dire che nessuno può davvero permettersi di stare allegro.
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