giovedì 13 gennaio 2011
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Abbiamo troppo rispetto di chi lavora a Mirafiori, come nelle altre fabbriche, per dirgli come dovrebbe votare al referendum che comincia questa sera. «Cosa faremmo noi» al loro posto è irrilevante. E la politica sbaglia a schierarsi, anziché offrire analisi. Soprattutto dovrebbe evitare le uscite estemporanee come quelle di Berlusconi e di Vendola, che rischiano di ideologizzare ancor più la questione, invelenire il clima e spaccare, persino più drammaticamente, i lavoratori. È importante invece che i dipendenti Fiat abbiano strumenti di valutazione possibilmente obiettivi, perché possano esercitare meglio la loro responsabilità.Il punto focale, infatti, sta proprio qui: con il voto i lavoratori sono chiamati ad assumersi una responsabilità. Anzitutto rispetto al proprio destino personale, valutando se – in questa fase economica – l’investimento aziendale e un incremento salariale valgano il sacrificio di una turnazione più impegnativa, 10 minuti di pausa in meno e lo spostamento della mensa a fine turno. E ancora, considerare se l’aumento della produzione, un futuro più probabile per la Fiat a Torino e in Italia valgano la sfida di un altro assetto contrattuale che introduce sostanzialmente due novità. Il mancato pagamento dei primi giorni di malattia per gli assenteisti; la sanzione per quei sindacati – attenzione: non per i lavoratori – che dovessero proclamare lo sciopero nei turni straordinari. Ancora una volta si tratta dell’assunzione di una responsabilità. A fronte di un investimento – che potrebbe essere fatto in molte altri parti del mondo – la Fiat ha chiesto la corresponsabilità dei lavoratori e dei sindacati con un impegno scritto: il nuovo contratto. Per scongiurare il rischio che, in futuro, un lunedì non si presenti il 10% dei dipendenti o per il 18esimo turno straordinario magari scioperi un quarto degli operai, bloccando anche tutti gli altri, vanificando così il piano produttivo.Fim-Cisl, Uilm-Uil, Fismic e Ugl si sono assunte questa responsabilità e hanno gettato le basi di un nuovo rapporto di maggiore partecipazione dei lavoratori ai destini dell’impresa. La Fiom – che contesta alcuni punti di merito dell’intesa, ritenendoli troppo onerosi – intende invece soprattutto conservare immutato e inderogabile il contratto nazionale come regolatore dei rapporti di lavoro. Uguali da Palermo a Bolzano, dalle piccole alle grandi imprese, disconoscendo la necessità di maggiori adattamenti azienda per azienda (che pure sono normali in mezza Europa, ad esempio alla Siemens, dove si è passati da 35 a 40 ore a parità di salario per evitare una delocalizzazione). Di qui la decisione di non firmare il patto e l’esclusione – meglio, l’autoesclusione – dalla rappresentanza in fabbrica.Ora ai lavoratori la scelta: sì, ci sto; no, non voglio. Il resto sono falsità e forzature ideologiche pericolose. E una cosa è comunque chiara: nessun diritto costituzionale viene conculcato. Rimane la libertà di scioperare, resta libera l’associazione sindacale. I delegati Fiom – se questa sigla non sottoscriverà l’accordo neppure dopo l’eventuale approvazione da parte dei lavoratori – non saranno riconosciuti da Fiat, non avranno diritto alle ore di permesso, ma potranno raccogliere iscritti, fare attività sindacale fuori dai cancelli e pure proclamare scioperi, se lo vorranno. Nulla di illegittimo o anti-democratico, a meno di non voler considerare illegale lo Statuto dei lavoratori, che verrà applicato a Mirafiori, come avveniva in tutt’Italia fino all’accordo interconfederale del 1993.In uno degli appelli lanciati dall’intellighenzia salottiera nostrana si legge che l’accordo Fiat è «l’equivalente funzionale, seppure in forma post-moderna e soft (soft?), dello squadrismo contro le sedi sindacali, con cui il fascismo distrusse il diritto dei lavoratori a organizzarsi liberamente». Ma le uniche sedi sindacali "messe nel mirino" sono state quelle di Cisl e Uil; a essere insultati e minacciati sono delegati e segretari sindacali che hanno firmato gli accordi. Le sole squadracce che si sono viste in azione venivano dai centri sociali. E questo la dice lunga su certa idea di democrazia.I lavoratori Fiat, votando oggi e domani, si assumono la loro responsabilità. Poi toccherà a Marchionne esercitare fino in fondo la propria, con investimenti, modelli di auto, uno scambio forte tra coinvolgimento e democrazia economica. Andrà preteso: senza alibi, senza sconti.
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