mercoledì 22 luglio 2009
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Caro Direttore, ho appena finito di rileggere le encicliche e alcuni discorsi – quello di Ratisbona e quello, mancato, alla Sapienza – che il nostro amato Pontefice ha diretto alla Chiesa e, per chi ha orecchi, a tutti gli uomini di buona volontà. Pian piano capiamo perché Giovanni Paolo II, di venerata memoria, si tenne accanto per quasi tutto il suo pontificato quel cardinale, sempre incline a tornare ai suoi studi e ai suoi luoghi in Baviera. Un Papa che interroga il mondo, secondo quel logos che il mondo, nelle sue accademie – onestamente, queste pure malconce, soppiantate dalla «cultura» dei talk show – dice di coltivare. Ma, mi chiedo, la sua Sposa, la Chiesa, è pronta per seguirlo? Parliamo della formazione, dell’impegno culturale dei cattolici: come possiamo uscire da quello che mi pare uno stallo di circolazione? Le nostre case editrici pubblicano con grave impegno opere scientificamente rigorose, e penso agli scritti di Tommaso d’Aquino, di Rosmini, di Lonergan, ma poi, dato il prezzo, non si riesce a mettere questi libri in circolo, non si riesce a farli diventare motivo di discussione e di dibattito. Unico best-seller a far eccezione, tra i grandi, è sant’Agostino, ma rimangono quasi del tutto sconosciuti i Padri, molti altri scolastici (Scoto, per esempio), tantissimi moderni e contemporanei. E perfino di Maritain iniziano a scarseggiare le pubblicazioni. E solo un momento di stanchezza? O, forse, ci stiamo adeguando all’andazzo di una cultura debole? Strano, perché l’associazionismo cattolico (nei movimenti, nelle parrocchie) sta facendo tanto...

Antonio Giovanni Pesce Motta Sant’Anastasia (Ct)

Dalla sua lettera, caro Pesce, traspare un amore autentico a quel tesoro di cultura che deriva dalla fede. Amore che la urge a porre delle domande impegnative, attualissime. Lei scrive di uno « stallo di circolazione» . Sul concetto di circolazione bisogna però intendersi: se con questa si intende la «visibilità» sui media laici, sulle terze pagine dei quotidiani o negli spazi di approfondimento culturale televisivi e radiofonici, è chiaro che lì c’è indubbiamente una « resistenza » dovuta alla formazione e alla sensibilità di chi dirige quei media, nonché a consolidate dinamiche commerciali ( cioè il peso preponderante che nelle case editrici hanno i prodotti generalisti e legati ai consumi di massa). «Sfondare» un simile muro non è certo cosa di poco conto, o di breve periodo ( d’altra parte bisogna imparare a non sopravvalutare certe « vetrine » mediatiche). Ciò detto, le sue impressioni non sono prive di fondamento. La ricchezza culturale del magistero di Papa Ratzinger, se da un lato è un formidabile impulso a impegnarsi su questa strada – quella appunto della cultura ( università, scienza, ricerca, arti) – dall’altra mette anche in luce un certo ritardo del mondo cattolico; ritardo che, tra parentesi, è quello su cui la Cei ha richiamato l’attenzione nell’ultimo quindicennio, lanciando il « Progetto culturale » . Una perdita di terreno che è spesso dovuta a un’attrazione – che diviene subalternità – rispetto a quanto produce il mondo secolarizzato, dimenticando di tesori del passato o le tante intelligenze di vaglia che noi credenti abbiamo « in casa » . Ma la realtà non è tutta a tinte fosche, anzi. Un’indagine conoscitiva commissionata della Uelci, l’unione degli editori cattolici, che verrà ufficialmente resa nota a settembre e di cui abbiamo anticipato alcuni dati su Agorà di mercoledì scorso, mette in luce un elemento che fa davvero pensare: a fronte di una sofferenza generalizzata dell’editoria causata dalla crisi economica e forse anche dalla scarsità di idee nuove, la richiesta di libri religiosi è invece in aumento, e risulta uno dei pochi segmenti editoriali che negli ultimi anni ha conservato il segno '+ ', grazie a una fascia di lettori nuova e interessante, di età compresa tra i 30 e 45 anni e di buona scolarizzazione. Un paradosso? Certo un dato che indica come ci siano tutti i presupposti per investire con successo nell’ambito della cultura cattolica, ma come ci sia anche bisogno di lavorare ancora molto, magari partendo da questioni strategiche quali la rete distributiva e la necessità di un marketing più «accattivante».
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