Pace da fare, ostaggi da liberare e memoria che alimenta speranza
lunedì 23 dicembre 2019

Caro direttore,
penso che il Natale sia l’occasione di ripensare alla nostra ri-nascita. Solo se diventeremo bambini (diventeremo!), cioè umani, potremo salvarci. Accosto la frase di Gesù (che invitava anche Nicodemo a "rinascere dall’alto") a un verso di Pablo Neruda per il quale «è per rinascere che siamo nati». Dal canto suo la filosofa Maria Zambrano riteneva che gli esseri umani non fossero «mortali» ma, soprattutto, «persone natali» (nascenti). Laicamente (cioè per tutti) il Natale può significare disponibilità a ri-generarci, capacità di generare una vita buona e bella, volontà di costruire una società giusta, libera e conviviale. Col suo messaggio per la Giornata mondiale della pace del 1 gennaio 2020 – «La pace come cammino di speranza: dialogo, riconciliazione e conversione ecologica» –, il Papa attraversa questa dimensione universale e cristiana della pace e indica percorsi umani di quotidiana profezia e prospettive politiche di grande rilievo geopolitico. Il messaggio del 20 dicembre, proclamato assieme al segretario generale dell’Onu, lo conferma con potenza solenne e mite. Peccato che quasi nessuno se ne sia accorto. Ciò che colpisce (e inquieta) è il silenzio degli esponenti politici di tutti i partiti. Spero che, dopo la marcia di fine anno a Cagliari (promossa dalla Conferenza episcopale italiana, dalla Diocesi, da Pax Christi, dall’Azione cattolica, dalla Caritas e dal Centro servizi Sardegna solidale), anche la Chiesa italiana possa accogliere con slancio il magistero del Papa per il quale «la questione della pace permea tutte le dimensioni della vita comunitaria». Fondamentale, dice Francesco, è «nutrire la speranza della pace» per alimentare la passione educativa e l’azione di persone responsabili e creative. Ognuno può così unirsi a percorsi orientati a un’economia di giustizia, alla tutela dei beni comuni, alla ricerca di nuovi stili di vita, alla pratica di nuovi linguaggi; a realtà come l’Associazione Laudato si’, Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile, Rete italiana disarmo, Fridays for future, Extinction rebellion; alle prossime iniziative ecclesiali per il Mediterraneo (febbraio 2020), un’economia francescana (marzo), un nuovo patto educativo (maggio). Come non ricordare, in tale contesto, gli artigiani di solidarietà, cooperazione, legalità, cultura, premiati dal capo dello Stato? I loro gesti, direbbe il messaggio pontificio, possono «ispirare scelte coraggiose e persino eroiche, rimettere in moto nuove energie e riaccendere nuova speranza». Shalom.
Sergio Paronetto

Caro direttore,
per Natale i bambini scrivono ancora la loro lettera a Gesù bambino, quest’anno vorrei anch’io fare qualche richiesta. La pace quella fisica e intima, l’acqua pulita, il cibo, la concordia, il rispetto delle persone e del creato, il ritorno di Silvia Romano, padre Dall’Oglio, padre Maccalli e poi una richiesta speciale che vorrei fare per Favour. Una donna di 35 anni che da 4 anni dorme vicino al fiume Dora a Torino per stare vicino ai figli dice lei. Dalla vicina accoglienza del Sermig hanno provato moltissime volte a dirle di entrare che per lei ci sarebbe stato un posto, ma lei non si è mai mossa dal suo giaciglio eccetto la scorsa settimana quando è stata per due giorni ricoverata in ospedale dopo che un ragazzo le ha rotto una bottiglia in faccia provocandole una grave ferita e la perdita dell’occhio sinistro. Vorrei chiedere che Favour possa al più presto vivere in una casa, se non è possibile come regalo, va bene anche un prestito. Grazie
Fabrizio Floris

Caro direttore,
mi lasci scrivere una "lettera aperta" di Natale…«Caro Gesù Bambino, io so che tu sai, ma lo scrivo per coloro che non mi conoscono, sono nato 80 anni fa in un vicolo di Napoli, sono vecchio, un vecchio che non è stato mai bambino. Non ci era permesso in quei terribili anni 40 vissuti in una Napoli distrutta dai bombardamenti, umiliata dalla miseria, mortificata dalla fame e lacerata da migliaia di vittime. Mancava tutto. Abbondava solo la paura. Non meno duro è stato il dopoguerra. Non cadevano bombe, ma la tragedia continuava. Ora le cose sono cambiate, alcune in meglio, altre in peggio. Ti scrivo proprio per pregarti di cambiare le cose che non vanno, ti scrivo per chiederti di cambiare il cuore di quella parte dell’umanità posseduta dal male e che produce vittime tormentate da atroci sofferenze. Avvolgi con la tua misericordia le madri che hanno perso marito e figli per il naufragio di un barcone che trasportava migranti in fuga dalle atrocità della guerra; padri di famiglia che non hanno più lavoro; altri che hanno perso la casa per l’impossibilità di pagare il mutuo; le donne picchiate a sangue o addirittura uccise dal compagno violento; gli anziani umiliati; i bambini abusati; i genitori di ragazze morte suicide per le malvagità del web; diversi di ogni genere derisi e malmenati; familiari dei martiri di mafia, di estortori e prepotenti... insomma, tanti innocenti che per varie cause ed esclusiva colpa dei malvagi sono prede di angosce e tribolazioni. Caro Bambinello Gesù, non è affatto un momento felice! Ti scrivo perché Tu, nascendo, ci ridai la speranza che il bene riuscirà finalmente a sconfiggere il male e farci rinascere a nuova vita. Fai qualcosa, ti prego, per tutti i sofferenti. Cosa potresti fare? Dai ordine alle nuvole del cielo di mandare giù tutta l’acqua che hanno. Ma non deve affatto piovere sui tetti delle case, delle scuole, degli ospedali, delle chiese o dei grandi edifici del potere. Non deve piovere neppure sulle strade, sulle piazze, sui giardini o nei cortili. Assolutamente no! Devi far piovere nei cuori degli uomini, e lavar via tutto il male che li insozza. Devi far piovere per lavare, goccia dopo goccia, tutte le anime perse... Fa’ che tutti, proprio tutti, lavati e puliti ci lasciamo incantare dalla fratellanza e dalla bontà.
Raffaele Pisani

Tre belle lettere che poggiano sul perno di luce del Natale di Gesù. Belle, diverse e complementari. Dicono – una dopo l’altra – tre grandi compiti nel nostro tumultuoso e duro cambiamento d’epoca. Dicono della pace da fare, proprio ora e proprio qui, in questo tempo nel quale le cronache ci raccontano che nella società delle nazioni come in quella che ognuno di noi vive i cattivi infieriscono più che mai sui buoni e i piccoli sembrano senza difesa (Paronetto). Dicono degli ostaggi in carne e ossa ancora da liberare dai loro carcerieri odiosi e dall’odioso "carcere" della marginalità e della povertà imposta (Floris). E dicono della memoria di ieri che si fa comprensione dell’oggi e tenace speranza per il domani (Pisani). C’è da sentire il peso e la forza di queste riflessioni. E c’è da esserne lieti. Perché i cattivi non hanno già vinto, perché i buoni non si danno per vinti, perché le carceri della disperanza e le sbarre dell’ingiustizia possono essere disfatte, perché la pioggia che lava via il male non ha mai smesso di cadere sull’umanità da quando quel Figlio ci è stato dato. Una volta per sempre. Auguri a tutti, auguri veri.


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