La «copia sospesa» di Avvenire e quei lettori che tutti vorrebbero
sabato 17 settembre 2022

Un amico trentino trasforma il suo abbonamento in acquisto militante in edicola con “raddoppio”, cioè una seconda copia pagata e lasciata a disposizione di chi la desidera e magari non potrebbe comprarla. Altre grandi lettrici testimoniano la chiarezza del loro sguardo e il legame vivo con l’informazione che noi continuiamo a fare.

Caro direttore,
mi sta per scadere l’abbonamento coupon in edicola. Ho deciso che non rinnovo. Lascio e raddoppio. Comprerò regolarmente la mia copia (troppo bello leggere un quotidiano così interessante) e ne acquisterò un’altra lasciandola “in sospeso” e dicendo all’edicolante di regalarla a persone di volta in volta interessate e “curiose”. Ci provo. Continuo con voi. Grazie della bella informazione che fate.
Roberto Moranduzzo, Trento

Gentile direttore,
da molto tempo leggo “Avvenire”, che apprezzo per la completezza d’informazione e l’attenzione alle vicende nazionali e internazionali. Per questo ringrazio lei e la redazione. In questi mesi estivi la ringrazio particolarmente per la rubrica in prima pagina “Ripartenze”, preziosa soprattutto in tempi pieni di immani tragedie, di strade senza uscita, che sembra portino all’auto-annientamento dell’umanità sia per armi di distruzione di massa, sia per ideologie che vorrebbero modificare la natura stessa dell’uomo. C’è ancora spazio per sperare? Leggendo le poche righe quotidiane di Giorgio Paolucci sono richiamata al fatto che c’è sempre una crepa in cui può passare la luce. Alla mia età, 90 anni, sarebbe facile rassegnarsi «a campare in un’oscurità senza volto che inaridisce i nostri cuori» (cito dal testo dell’8 settembre). «Ma ci sono persone che illuminano la nostra esistenza, facendoci percepire con un gesto o una parola, nella profondità di uno sguardo, nella semplicità di un sorriso – o (aggiungo io) in poche righe scritte col cuore – che la realtà è ultimamente positiva, che c’è sempre qualcosa per cui val la pena vivere e sperare». Vale la pena, anche a “quota 90”, vivere alla presenza di un Amore Incarnato, che ci ha chiamato all’esistenza e, nonostante i nostri rinnegamenti, ci accompagna attraverso amici nella fede, che ci ha messo accanto. Sono loro che ci aiutano a ricordare che il male non è l’ultima parola: siamo fatti per il positivo, per il Bene Infinito che vedremo faccia a faccia quando la nostra vita sarà compiuta.
Lucia Calderini, Milano

Caro direttore,
la zia Irene Beretta, classe 1923, è lettrice da quasi un secolo perché nacque in una famiglia,. quella dei nostri nonni, in cui era di casa il “nostro” giornale, che allora si chiamava “L’Italia”. Ricordo quanto nostro papà Carlo (1913), artigiano e attivo nella vita amministrativa, lo considerasse guida ed orientamento sicuro per tenere la barra dritta in situazioni e momenti storici in cui i cattolici furono chiamati a scelte importanti per il bene del Paese e per avere la parola della Chiesa, fonte privilegiata di formazione, nonché l’attualità per essere cittadini del mondo e della storia. Prima della tv di massa, alla fine degli anni Sessanta, nella nostra casa arrivava “Avvenire” che mamma Teresina leggeva nella pausa dopo pranzo e chiedeva a noi quattro fratelli di concederle quel momento a lei necessario, raccontandoci poi contenuti importanti a misura di bambini (in seguito, con nostro figlio e i nipoti “Popotus” è stato ed è una risorsa!). Zia Irene poco più che adolescente divenne referente Buona Stampa nella parrocchia di Villa Raverio e propagandava il giornale in modo così convincente da arrivare a qualche decina di copie di lettori la domenica, mentre noi nipoti a turno, con le amiche coetanee, prima della Messa festiva, portavamo il giornale porta a porta, via per via, come servizio Buona Stampa praticato con responsabilità e contentezza. Il dono natalizio di noi nipoti per zia Irene è da tempo l’abbonamento al nostro giornale. Alla soglia del secolo che sarà il prossimo 19 aprile noi nipoti abbiamo persuaso zia che sarebbe bene a fine anno, anche per assicurare continuità all’impegno, di passare ad altri la responsabilità della diffusione di “Avvenire” in parrocchia. Ma lei continuerà a ricevere e leggere il suo quotidiano! Con riconoscenza, stima e viva cordialità. Ad multos annos anche ad “Avvenire”!
Maria Rosa Beretta, Varenna (Lc)

Anch’io lascio, caro professor Moranduzzo. Lascio e in qualche modo raddoppio, anzi moltiplico. Lascio quasi tutto lo spazio domenicale della mia rubrica di dialogo con i lettori a lei e ad altre due amiche decisamente speciali, la signora Lucia, che scrive con lo sguardo chiaro e profondo dei suoi novant’anni da Milano, e la quasi centenaria signora Irene che la nipote Maria Rosa racconta in modo coinvolgente ed emozionante nella sua lunga fedeltà a questo giornale e alla sua diffusione. Lascio lo spazio, e moltiplico il grazie. Grazie a lei per l’idea bellissima della “copia sospesa”, come il napoletano “caffè sospeso” (cioè pagato e offerto a uno sconosciuto), perché ci sono cose buone da gustare e da leggere che non dovrebbero essere negate mai a nessuno. E grazie per il suo abbonamento trasformato in quotidiano acquisto militante (penso anche per sostenere un amico edicolante, e sappiamo tutti bene quanto ci sia bisogno di sostenere chi fa questo prezioso lavoro). Grazie alle signore Irene e Maria Rosa, grazie alla signora Lucia. Tutti quelli che fanno il mio mestiere vorrebbero lettrici e lettori così. Noi li abbiamo. E proprio in questo tempo complicato, che pretende un di più di chiarezza e di tenacia, continuiamo a scoprirne di antichi e di nuovi. Grazie davvero.

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