mercoledì 4 febbraio 2015
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Tutta risplendente di luce, irradiante gioia e pervasa dal senso del mistero, la Festa della Presentazione di Gesù al tempio celebrata lunedì è da ormai molti anni anche Giornata della vita consacrata. Questo particolare rilievo è dovuto al fatto che nella Chiesa e nel mondo le persone consacrate sono chiamate a essere insieme segni luminosi e semi nascosti che si offrono alla terra allo scopo di portare frutto di salvezza per tutti. Come Gesù presentato al tempio e offerto, così ogni consacrato è un’offerta accolta dalla Chiesa e presentata a Dio quale primizia di tutto il popolo cristiano. Questo giorno è stato vissuto quest’anno con una maggiore responsabilità e consapevolezza, poiché è nel cuore dell’Anno che il Santo Padre ha voluto dedicare alla vita consacrata, proprio mentre la Chiesa si prepara anche a celebrare il Sinodo ordinario della famiglia. Una scelta inattesa (e forse anche un poco disattesa...), ma dal profondo significato spirituale. Vita consacrata e vita coniugale, infatti, non si oppongono, ma esprimono in diverso modo, nella comunione con Cristo, lo stesso mistero di grazia. Insieme possono cooperare al rinnovamento della nostra società che si va sempre più frantumando e laicizzando in senso negativo, fino a perdere la sua identità cristiana a danno soprattutto della sacralità della persona umana. Come ha detto il Santo Padre, questo Anno è un impegno e un dono per tutti i fedeli cristiani, perché in forza del Battesimo tutti sono consacrati e divengono tempio della Trinità e tutti insieme costituiscono la Chiesa, la casta Sposa del Cristo, famiglia di Dio. Potremmo dire che la vita consacrata si caratterizza per la sua assoluta gratuità: è un dono che si riceve da Dio, si vive per Dio solo, e a Dio ritorna passando attraverso la preghiera di lode e di supplica e il servizio di carità, che è la più convincente prova del suo intrinseco valore. Come guida per vivere bene questo anno di grazia, il Santo Padre Francesco ha scritto una stupenda lettera apostolica nella quale invita i consacrati a «risvegliare il mondo» ed essere nell’attuale società testimoni credibili e incisivi del Vangelo, seminando comunione e andando fino nelle «periferie», perché «c’è un’umanità intera che aspetta». Che cosa aspetta? Il loro sostegno sia nella vita spirituale sia nell’attività educativa e assistenziale per le molteplici situazioni di bisogno, come pure per una prima o rinnovata evangelizzazione. Nelle varie espressioni di vita consacrata si dispiegano i carismi specifici, perciò si parla di vita contemplativa e vita attiva, di apostolato missionario e di assistenza agli "ultimi" – poveri, malati, piccoli e anziani abbandonati, giovani in difficoltà, emigrati... – tutti bisognosi soprattutto di fare esperienza di quell’amore oblativo – materno e paterno – che possono dare in abbondanza soltanto le persone che si sono offerte a Dio per tutti. Uomini e donne consacrati per essere totalmente al servizio degli altri mettono in pratica alla lettera la parole dell’apostolo Paolo: «Nessuno vive per se stesso, nessuno muore per se stesso» (Rm 14,7). Effettivamente la religiosa, il religioso non si appartengono più; sia nell’attività pratica che nella preghiera sono totalmente al servizio del prossimo, rendendo così il vero culto a Dio: «Vi esorto a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale» (Rm 12,1). Per l’efficacia del sacrificio si richiede un impegno costante e la capacità di cooperazione con tutti gli uomini e le donne di buona volontà nel promuovere il bene comune, la giustizia e la pace, ossia promuovendo quella che si definisce la «civiltà dell’amore», la sola che può dare speranza a tanta parte dell’umanità afflitta dalla povertà materiale, morale e spirituale, oltre che dalla violenza e da tutte le forme di sopraffazione che turbano l’umana convivenza. Pur con i loro limiti, di cui nessun uomo è del tutto esente, i consacrati sono chiamati a essere la più fedele espressione del Vangelo. Essi sono ben consapevoli di portare un tesoro in vasi di creta, ma cercano di conformarsi sempre più a Gesù Cristo, il Figlio di Dio, fattosi Uomo per elevare tutti gli uomini alla comunione di vita con Dio. otremmo dire che la vita consacrata si caratterizza per la sua assoluta gratuità: è un dono che si riceve da Dio, si vive per Dio solo, e a Dio ritorna passando attraverso la preghiera di lode e di supplica e il servizio di carità, che è la più convincente prova del suo intrinseco valore. Come guida per vivere bene questo anno di grazia, il Santo Padre Francesco ha scritto una stupenda lettera apostolica nella quale invita i consacrati a «risvegliare il mondo» ed essere nell’attuale società testimoni credibili e incisivi del Vangelo, seminando comunione e andando fino nelle «periferie», perché «c’è un’umanità intera che aspetta». Che cosa aspetta? Il loro sostegno sia nella vita spirituale sia nell’attività educativa e assistenziale per le molteplici situazioni di bisogno, come pure per una prima o rinnovata evangelizzazione. Nelle varie espressioni di vita consacrata si dispiegano i carismi specifici, perciò si parla di vita contemplativa e vita attiva, di apostolato missionario e di assistenza agli "ultimi" – poveri, malati, piccoli e anziani abbandonati, giovani in difficoltà, emigrati... – tutti bisognosi soprattutto di fare esperienza di quell’amore oblativo – materno e paterno – che possono dare in abbondanza soltanto le persone che si sono offerte a Dio per tutti. Uomini e donne consacrati per essere totalmente al servizio degli altri mettono in pratica alla lettera la parole dell’apostolo Paolo: «Nessuno vive per se stesso, nessuno muore per se stesso» (Rm 14,7). Effettivamente la religiosa, il religioso non si appartengono più; sia nell’attività pratica che nella preghiera sono totalmente al servizio del prossimo, rendendo così il vero culto a Dio: «Vi esorto a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale» (Rm 12,1). Per l’efficacia del sacrificio si richiede un impegno costante e la capacità di cooperazione con tutti gli uomini e le donne di buona volontà nel promuovere il bene comune, la giustizia e la pace, ossia promuovendo quella che si definisce la «civiltà dell’amore», la sola che può dare speranza a tanta parte dell’umanità afflitta dalla povertà materiale, morale e spirituale, oltre che dalla violenza e da tutte le forme di sopraffazione che turbano l’umana convivenza. Pur con i loro limiti, di cui nessun uomo è del tutto esente, i consacrati sono chiamati a essere la più fedele espressione del Vangelo. Essi sono ben consapevoli di portare un tesoro in vasi di creta, ma cercano di conformarsi sempre più a Gesù Cristo, il Figlio di Dio, fattosi Uomo per elevare tutti gli uomini alla comunione di vita con Dio. Proprio in riferimento al Cristo, cui si configurano, la Chiesa ha nei religiosi e nelle religiose la «consolazione della bellezza» che consiste nella verginità consacrata; sono persone dal cuore indiviso, che attingono dall’amore di Cristo la fortezza per vincere il mondo schiavo della logica perversa del maligno, quella logica che toglie all’uomo la sua dignità e che ne deturpa il volto delineato sull’icona del Volto del Figlio di Dio, nato dalla Vergine Maria e cresciuto alla scuola dell’umile operaio di Nazareth, il «castissimo Giuseppe». Nella mentalità corrente, così intaccata dal virus dell’incredulità, la presenza di persone – uomini e donne – che vivono la fecondità dell’amore verginale sembra un’assurdità. Eppure proprio da un ambiente umano scettico, sterile e così contaminato nasce ancora oggi il fiore della vita consacrata a Dio che, con il suo profumo, purifica l’atmosfera di una società ossessionata dalla ricerca del piacere e di un’autorealizzazione che sfocia, per assurdo, nell’autodistruzione, poiché ciò che è corrotto ha in sé il germe della morte. Un intero anno dedicato a evidenziare il valore della vita consacrata offre l’opportunità di una riscoperta dei veri valori della persona umana quale è emersa dal Figlio di Dio fatto uomo e vissuto veramente come uomo, tutto consacrato al Padre. Nella molteplicità delle forme di vita consacrata, infatti, si compendia l’intero mistero della Redenzione, dalla vita nascosta a Nazareth, al ritiro nel deserto, alla predicazione pubblica, fino alla morte di Croce. Ma occorre davvero un chiaro "risveglio" della fede, perché senza credere che a Dio tutto è possibile, si rimane nella paralisi della vita spirituale, dietro uno schermo che nasconde lo splendore della verità e della bellezza consolatrice, necessarie per apprezzare il dono della vita che il Cristo è venuto a restaurare con il suo sacrificio redentore. È proprio così, con il dono estremo dell’amore crocifisso, che Egli ha manifestato la sua divina bellezza nell’umana natura che si è degnato di assumere per trasfigurarla e introdurla nel Regno della vita incorruttibile ed eterna. La vita consacrata ha in particolare proprio questo carattere escatologico: è profezia e già inizio su questa terra della vita del Regno dei cieli, nel quale – come bene sintetizzava il beato Antonio Rosmini – la creatura umana, resa partecipe della gloria divina, sarà pienamente felice nell’adorare, tacere, godere. L’anelito alle realtà eterne, mentre si cammina sulla scena di questo mondo che passa, non è generalmente spontaneo. C’è bisogno che vi siano segni indicatori: le persone consacrate possono appunto esercitare anche questa attrazione verso la mèta finale dell’intera umanità, affinché il pellegrinaggio, pur con tutte le sue fatiche, avvenga sempre nella speranza e giunga al suo felice compimento.
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