Ed eccoci qui a riflettere,
ancora una volta, sul meraviglioso rapporto tra Chiesa e comunicazione. Già, ancora una volta… proprio per sottolineare la continuità nel tempo di un percorso iniziato ben 50 anni fa. Ma andiamo con ordine.Perché oggi parliamo di Chiesa e comunicazione? Perché ieri, con qualche giorno di anticipo rispetto al consueto 24 gennaio (festa di san Francesco di Sales, patrono dei giornalisti), è stato diffuso il messaggio di papa Francesco per la 50ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali (8 maggio 2016). Il tema, molto evocativo in questo anno giubilare, è "Comunicazione e Misericordia: un incontro fecondo". Da subito, si nota l’intrecciarsi di tre motivi che fanno della Giornata 2016 un’occasione unica e che rendono quell’
ancora una volta di una freschezza disarmante. L’appuntamento del 2016 è, infatti, il 50ª in ordine temporale. Si tratta di una cifra tonda, che rimanda al Concilio Ecumenico Vaticano II e, in particolare, al Decreto sugli strumenti di comunicazione sociale
Inter Mirifica (4 dicembre 1963), che al n. 18 ne dichiara l’istituzione. È l’unica Giornata mondiale, quindi, a essere stabilita dal Concilio. Cinquant’anni di storia, con sviluppi imprevedibili a livello sociale, politico, culturale, ma anche e soprattutto tecnologico. Eppure, tutto rimanda al Concilio. Vale la pena ricordare quanto affermato da papa Francesco lo scorso 8 dicembre, giorno di apertura della Porta Santa della Basilica di San Pietro e anniversario della chiusura dell’assise conciliare. «Il Concilio - ha detto Francesco - è stato un incontro. Un vero
incontro tra la Chiesa e gli uomini del nostro tempo. Un incontro segnato dalla forza dello Spirito che spingeva la sua Chiesa a
uscire dalle secche che per molti anni l’avevano rinchiusa in sé stessa, per riprendere con entusiasmo il cammino missionario. Era la ripresa di un percorso per andare incontro a ogni uomo là dove vive: nella sua città, nella sua casa, nel luogo di lavoro… dovunque c’è una persona, là la Chiesa è chiamata a raggiungerla per portare la gioia del Vangelo e portare la misericordia e il perdono di Dio. Una spinta missionaria, dunque, che dopo questi decenni riprendiamo con la stessa forza e lo stesso entusiasmo».Ecco perché quell’
ancora una volta fa di questa Giornata un appuntamento vivo e fresco nel tempo. L’incontro tra la Chiesa e gli uomini avviene attraverso la comunicazione. Lo spirito missionario della Chiesa si concretizza comunicando la gioia del Vangelo, portando la misericordia e il perdono di Dio. Temi, questi, molto cari al Santo Padre, che li ha indicati in modo plastico a tutte le comunità ecclesiali, e non, con l’indizione del Giubileo della misericordia.La misericordia, quindi, come cifra della nostra comunicazione; o, meglio, delle nostre comunicazioni, perché in un’epoca di forti sviluppi tecnologici tante e diverse possono essere le forme con cui ci apriamo agli altri (con cui comunichiamo).L’annuncio della misericordia - e la mediazione di un’esperienza di misericordia - deve essere la nostra cartina al tornasole. La Chiesa che siamo chiamati a essere non può che vivere secondo le parole di Gesù, che annunciano una misericordia che sorpassa ogni legge, e non può che specchiarsi nella prassi di Gesù per assumere i suoi sentimenti, atteggiamenti e comportamenti. In questa prospettiva la Chiesa ha la responsabilità di narrare in parole e opere, in atteggiamenti e forme di vita - quindi, in comunicazione - il volto misericordioso di Dio in Cristo.Se così deve essere, l’impegno che ne scaturisce per tutti gli operatori dei media consiste nel provare a varcare, in questo Anno Santo e in preparazione alla Giornata mondiale a loro dedicata, la Porta Santa del silenzio e dell’ascolto. Attraversarla significa invocare il perdono per essere divenuti «appendice del rumore».Significa anche domandare il dono del silenzio e dell’ascolto, «una sorta di martirio» - scrive il Papa nel messaggio -, attraverso il quale possiamo «condividere domande e dubbi, percorrere un cammino fianco a fianco, affrancarci da qualsiasi presunzione di onnipotenza e mettere umilmente capacità e doni al servizio del bene comune».La comunicazione, d’altronde, presuppone l’ascolto, che è fonte di relazioni vere. Di più: l’ascolto sta alla base di un linguaggio autentico, non appesantito da parole vuote. A ciascuno di noi auguro di vivere il coraggio del silenzio e dell’ascolto, di far ammutolire le parole strumentalizzate e pettegolezzanti, per scoprire le parole del silenzio. E quel famoso
ancora una volta diventa un impegno da vivere ogni giorno.
* Sacerdote e prefetto della Segreteria per la Comunicazione della Santa Sede