sabato 10 luglio 2010
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Tutti coloro che hanno a cuore la libertà e la difesa dei diritti umani da ieri possono riconoscersi in un nuovo eroe, uscito vincitore dal lungo braccio di ferro con una delle più repressive dittature del mondo. Il dissidente cubano Guillermo Fariñas ha vinto la sua battaglia, iniziata 135 giorni fa con il totale digiuno della fame e della sete, per la liberazione dei detenuti politici in stato di malattia. Il regime di Raul Castro ha deciso il rilascio di 52 prigionieri, il doppio dei 26 che chiedeva Fariñas. E il primo a essere sorpreso dell’incredibile risultato è lui, disteso su un lettino dell’ospedale di Santa Clara a un passo dalla morte, ed ora deciso più che mai a vivere e a sperare.Un risultato reso possibile dalla mediazione della Chiesa cattolica che l’arcivescovo dell’Avana ha saputo condurre con pazienza e fermezza. Sfidando lo scetticismo diffuso anche in vari ambienti della dissidenza cubana, il cardinale Ortega s’era incontrato due mesi fa con il presidente Raul Castro ponendo a tema i diritti umani così poco rispettati nell’isola del socialismo tropicale. Tra Chiesa e regime prendeva il via «un dialogo di tipo nuovo e diverso», come lo definì lo stesso cardinale dell’Avana, deciso ad ottenere la liberazione di tutti i prigionieri politici, 167 persone secondo i calcoli della Commissione per i diritti umani presieduta dal dissidente Elizardo Sanchez. Il rilascio di 52 detenuti costituisce la più grande amnistia degli ultimi anni, dopo quella concessa da Fidel nel 1998, all’indomani della storica visita di Giovanni Paolo II a Cuba.Secondo il ministro degli Esteri spagnolo Moratinos, che assieme al cardinale Ortega ha forzato il regime al grande gesto, «è l’inizio di un’era nuova». Ed è comunque significativo che un ministro del governo Zapatero porti avanti un’azione comune con un presule della Chiesa cattolica. Che sia anche l’alba di una nuova epoca di libertà per Cuba resta tutto da vedere. Certamente si tratta di uno spiraglio che può aprire una breccia nel muro dell’ultimo Paese comunista dell’emisfero occidentale.Una buona notizia che resta avvolta nella tipica ambiguità del regime castrista. Non è chiaro ad esempio se i detenuti che saranno scarcerati (cinque nelle prossime ore, gli altri nei prossimi tre mesi) dovranno obbligatoriamente andare in esilio o potranno scegliere la loro sorte. E anche la tempistica del rilascio sembra rispondere alla vecchia strategia che usa i prigionieri "di coscienza" come moneta di scambio per ottenere sostanziosi vantaggi politici. C’è da temere che da qui a settembre Raul Castro calibrerà la liberazione dei dissidenti in base alle aperture della comunità internazionale, in particolare dell’Unione Europea, nei riguardi di Cuba. In gioco c’è la modifica della "Posizione comune", il documento di condanna del regime castrista che la Ue ha adottato nel 1996 e che potrebbe abolire fra tre mesi, quando tornerà a discuterne. La Spagna spinge per una politica della mano tesa e il ministro Moratinos ha già dichiarato che «non c’è più ragione di mantenere quel documento».Adelante con juicio viene da dire. Cuba vive una gravissima crisi economica che sta mettendo a dura prova le timide riforme di Raul e provoca ogni giorno sommovimenti all’interno del partito. Ogni apertura di credito esige l’effettiva liberalizzazione politica da parte di un regime sempre più in difficoltà. Resta valido, oggi più che mai, l’invito rivolto da Giovanni Paolo II nel corso della sua visita all’Avana: «che Cuba si apra al mondo ed il mondo si apra a Cuba!».
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