Compriamoci il futuro
martedì 24 settembre 2019

Ogni periodo storico ha la sua parola d’ordine su cui i cittadini chiedono a esperti e addetti ai lavori di saper comunicare per essere informati. Quella di questo momento è senz’altro "sostenibilità". Il problema della sostenibilità ha diverse dimensioni: sociale, ambientale, umana e demografica. E tutte sono correlate tra di loro. Nella settimana in cui i giovani di tutto il mondo "scioperano" per il clima è importante far capire a chi non ama Greta Thunberg e i suoi, ed è magari più sensibile alla questione della sostenibilità sociale, della qualità e dignità del lavoro, dell’arretramento del tenore di vita dei ceti medi e di quelli più deboli, che il problema ambientale e quello sociale sono tra loro assolutamente collegati.

In uno studio recente, due ricercatori italiani, Antonello Pasini e Stefano Amendola hanno constatato che le variazioni di temperatura spiegano il 75% delle migrazioni dai Paesi del Sahel verso le sponde del Mediterraneo. Ovvero il riscaldamento climatico rischia di rendere insopportabile la pressione antropica sulle risorse naturali nelle zone semi-aride costringendo chi trovava il proprio sostentamento in quelle stesse aree a cercare fortuna altrove. Si stima, inoltre, che l’inquinamento produca circa 81mila morti premature all’anno in Italia, 900mila in tutta Europa, 8 milioni e 800mila nel mondo. C’è voluto del tempo per convincerci che il fumo nuoceva alla salute e per modificare comportamenti sociali come il "diritto a fumare" in locali chiusi. Oggi nessuno mette in dubbio le nuove norme sociali e si inalbera quando le tasse sulle sigarette aumentano. I Governi più lungimiranti in diverse parti del pianeta stanno cercando di fare lo stesso con l’emergenza climatica e l’inquinamento creando un sistema di aliquote che renda più veloce possibile la transizione ecologica. In Italia non possiamo tirarci indietro. Serve saggezza, ma anche determinazione.

Del riscaldamento del pianeta e dei rischi di catastrofe che esso comporta sappiamo tutto, ma la vera questione è cosa può rendere più rapido ed efficiente il cambiamento di regole e di politiche di cui abbiamo bisogno.

Il riflesso pavloviano di cui purtroppo tanti di noi non riescono a liberarsi è pensare che il problema lo risolveranno i "grandi" della Terra o qualche leader illuminato dopo una crisi di coscienza simile a quella dell’Innominato nei Promessi Sposi. Il paradigma dell’economia civile insegna invece, sulla base dell’osservazione dei fenomeni empirici, che il cambiamento sociale e politico oggi avviene per opera dell’azione di "quattro mani": quella invisibile del mercato, quella visibile delle istituzioni, quella della cittadinanza attiva e quella – la quarta – delle imprese responsabili.

Nella settimana dello sciopero per il clima la cittadinanza attiva si sta esprimendo con grandi manifestazioni di piazza in tutto il mondo. Assieme a Enrico Giovanni e con le due reti (Asvis e Next) delle organizzazioni del Paese (imprese, sindacati, associazioni dei consumatori, ong) che lavorano da anni sul tema dello sviluppo responsabile abbiamo pensato che l’Italia avrebbe potuto dare un’ulteriore segnale abbinando alla spinta della protesta quella della proposta di un responsabile 'voto col portafoglio'.

Per questo motivo nel nostro Paese la settimana dello sciopero del clima si chiuderà sabato con una serie di eventi in diverse città – Assisi, Benevento, Savona, Como, Padova, Genova, Firenze, Milano, Roma, tra le altre – dove i cittadini sono chiamati a dare in massa un segnale concreto di cambiamento con le loro scelte di consumo e risparmio a favore dei prodotti di frontiera nella transizione ecologica. La nostra idea è che la 'terza mano', la cittadinanza attiva, abbinando alla protesta la proposta del 'voto col portafoglio', può dare un segnale più chiaro alla 'seconda mano', la politica, e alla 'quarta mano', il mondo delle imprese. Segnalando, nel primo caso, consenso e spinta verso scelte politiche coraggiose e, nel secondo, indirizzando verso la sostituzione dei prodotti inquinanti di vecchia generazione con altri più ecologici e sostenibili. Per la politica la posta in gioco sono le ecotasse ambientali per promuovere mobilità e riscaldamento sostenibili, lo smantellamento dei sussidi ai processi produttivi inquinanti e investimenti per soluzioni alternative. Per le imprese il 'voto col portafoglio' (se diventa segnale di un cambiamento degli stili di consumo che persiste nel tempo) può dare un contributo importante a spostare la convenienza economica verso prodotti ecologici che oggi sono ancora di frontiera.

Possiamo sempre accontentarci di aspettare Godot o vagheggiare bacchette magiche e leader onnipotenti e benevolenti. La verità è che il cambiamento sociale, politico ed economico è fatto di sudore, fatica, partecipazione, umiltà e chiarezza di movimenti popolari che coinvolgono su piani diversi cittadini, imprese e leader politici. L’onda della settimana degli scioperi sul clima è una grande occasione che abbiamo per concentrare attenzione e sforzi verso un obiettivo difficile, sì, ma che dobbiamo assolutamente raggiungere.

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