Come non diventare... tutti pazzi per il cashback
sabato 13 febbraio 2021

La spesa a premi tra lotta all’evasione e rischio dipendenza Una coppia di anziani chiede al panettiere come mai non ha il Pos per i pagamenti elettronici. Un ristoratore rileva che ormai tutti vogliono pagare col Bancomat. I benzinai scoprono (disperati) che il pieno di benzina è fuori moda e chi paga con la card fa tanti mini-rifornimenti, persino da poche decine di centesimi l’uno. Sono solo alcuni esempi di come il Cashback di Stato sta cambiando le abitudini dei consumatori italiani.

Una rivoluzione che se da un lato sta producendo comportamenti virtuosi, orientando sempre di più le persone a pagare con moneta elettronica, dall’altro rischia di generare derive dai contorni surreali. Dopo il test nel mese di dicembre, l’iniziativa per promuovere l’uso del denaro virtuale e combattere l’evasione, avviata dal secondo governo Conte, è entrata a regime. Ci sono due Cashback, in realtà. Il primo prevede che per ogni acquisto elettronico registrato attraverso l’applicazione IO, si ottenga un rimborso del 10%, con un tetto di 15 euro a transazione e di 150 euro di rimborso massimo ogni 6 mesi. Il secondo è invece il Super Cashback: i 100mila italiani che faranno più transazioni elettroniche entro giugno vinceranno 1.500 euro ciascuno, e altri 1.500 saranno assegnati nella gara del secondo semestre.

Uno 'bravo', diciamo così, si mette in tasca 3.300 euro in un anno. Tutto questo ha prodotto una serie di conseguenze. Anche se la gran parte di 5 miliardi stanziati per il Cashback finirà nelle tasche di chi fa già ampio uso di moneta elettronica – dunque i consumatori con meno problemi economici, super-ricchi compresi – l’uso del contante si sta riducendo considerevolmente in tutte le fasce sociali, e in termini di lotta all’evasione la svolta è sicuramente positiva. Il problema è se gli italiani continueranno a usare app e carte per pagare anche quando lo Stato smetterà di concedere rimborsi. Ma a parte questo, il punto è che la 'gamification' della spesa, cioè la trasformazione dei nostri acquisti in un gioco a premi, non è un passaggio neutro. È vero, i consumatori sono già abituati, con la spesa al supermercato, a raccolte punti, gratta e vinci, rimborsi e obiettivi di consumo collegati a premi finali. Finché questo resta però confinato al rapporto tra venditore e consumatore è una cosa, quando il premio finale è pagato coi soldi delle tasse, il dilemma etico diventa legittimo.

E qui il discorso potrebbe essere esteso alla 'Lotteria degli scontrini', la definitiva consacrazione alla Dea Bendata di ogni pagamento digitale: sia che si compri il cibo per sopravvivere sia che si faccia shopping di lusso, tutti siamo resi uguali davanti alla Fortuna e tutti invitati al rito settimanale dell’estrazione. Anche questo gioco può ridurre l’evasione, certo, almeno finché qualcuno non incomincerà a considerare un atto di ribellione morale il pagamento in contanti, con effetti paradossali rispetto agli obiettivi. Le conseguenze degradanti di ciò a cui può portare la corsa a premi lo si vede ancora meglio nel Super Cashback. Poiché è possibile guadagnare 3.300 euro in un anno, cioè 275 euro al mese, se si fanno più transazioni elettroniche di tutti, anche solo con pagamenti da pochi euro, la gara è entrata nel vivo.

L’ultimo dei primi 100.000 in classifica viaggia a un ritmo di oltre 2 transazioni al dì: se un giorno non ha comprato niente significa che il giorno dopo ha fatto 4 pagamenti. Immaginatevi chi è in testa. Le cronache segnalano già casi di persone che fanno la spesa al supermercato passando dalla cassa più volte, altri che pagano il caffè per gli amici e incassano in contanti, altri ancora che riempiono il serbatoio di benzina a colpi di pochi centesimi. Le commissioni sono ovviamente tutte a carico degli esercenti, la possibile ricaduta sui prezzi riguarda solo i consumatori. Ma mettetevi nei panni di un padre di famiglia: 275 euro al mese non arrivano nemmeno con gli assegni familiari – anche perché in questo caso lo Stato mette limiti di reddito, come sempre quando si parla di figli – dunque meglio comprare il latte in un negozio, il dentifricio in un altro, e poi tornare indietro e prendere l’insalata, uscire, rientrare e comprare le uova. I più bravi, i più pazienti, o forse i più maniacalmente costanti, otterranno il 'meritato' premio statale. L’augurio è che, terminato il gioco, riescano a smettere. Ma questo è un altro problema. E riguarda già un altro governo.

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