Beniamino, davanti al supermercato. Ha il cuore di chi può augurare felicità
venerdì 12 maggio 2017

Caro Avvenire,
l’altro giorno ho incontrato un uomo, all’angolo del supermercato. «Il padrone – mi ha spiegato – mi ha detto che da qui a qui ci sono io. Io qui lavoro; bus da città arrivo 8:45, poi torno ultimo bus ore 6:30. Qui sto mio posto». Come ti chiami? «Beniamino». Sacra stirpe penso, la sua, mentre mi invita a guardargli bene la testa dove intravedo su di un lato una cicatrice importante. «Caduto impalcatura, con la testa. Adesso sto qui». Ha gli occhi un po’ appannati. Con un sorriso mi chiede di me, se lavoro, se c’è lavoro, dove abito. Estrae dalla tasca un plico di fogli consunti. C’è la sua storia italiana, l’incidente, il suo recapito attuale, svariati contatti. Mi chiede: «C’è papa e mama?». Io: «Sì, sono anziani ma ci sono ancora ». «Quanti anni?». «Entrambi ottanta anni circa ». «Mama 80, papa 80?». «Sì, esatto, più o meno ». «Come sono loro nomi?». «Girolamo e Grazia ». «Ah bene, molto bene, Girolàmo e Grasia». «Beniamino, e tu dove stai? Vivi con qualcuno?». «No sono da solo. Io venuto Italia nel 2009 da Nigeria, lavorato sempre». Beniamino chiede ancora: «Fratelli, sorelle?». «Sì, ho un fratello e una sorella: hanno le loro famiglie». «Tu marito e figli?». «Si, due figli». «Piccoli?». «Uno già grande già lavora, l’altra più piccola va a scuola». Mi porge la mano, gliela stringo. Lui la gira con il palmo in su. Mi guarda. «Io voglio per te e tutta tua famiglia tanto bene e felicità, tuo papa, tua mama, tuoi fratelli». Mi sorride ancora; accenna un inchino che istintivamente ricambio. Svuotiamo insieme il carrello della spesa. Dal baule dell’auto gli consegno una borsa di indumenti in buono stato. «Non c’è dentro nulla che possa andarti bene: sono vestiti per ragazzi». «Grasie, grasie, ci penso io signora». «La prossima volta vedo di portare qualcosa per te». «Grasie, va bene». «Buona giornata Beniamino, abbi cura di te». «Buona vita, signora, anche a lei».

Donatella Vicentini - Bettola (Pc)

Un supermercato a Podenzana, in provincia di Piacenza, uno di quei posti in cui si va frettolosamente a riempire il carrello della spesa, e poi si riparte veloci. C’è un nero all’angolo, che tende la mano a chiedere l’elemosina. Si può ignorarlo, si può non vederlo nemmeno. Si può allungargli una moneta. Oppure, come questa lettrice, si può riconoscere in lui un uomo, e mettersi a parlare. Lui tira fuori dei fogli spiegazzati: la sua storia, il viaggio dalla Nigeria, il cantiere, l’incidente sul lavoro, la famiglia rimasta in Africa. Beniamino mostra la sua cicatrice alla testa. Facile immaginare che fosse un operaio in nero, e che nessuno si sia sognato di risarcirlo. Eppure, Beniamino non è arrabbiato. Come chi viene dalla vera miseria, non ha pretese. Gli sembra un regalo, forse, già che questa signora gentile si fermi e si metta a parlare con lui. Mentre gli altri nemmeno lo vedono, oppure non si fermano. Mentre magari qualcuno gli passa accanto e borbotta: «Ma torna a casa tua...». Eppure, Beniamino non è arrabbiato. Domanda alla signora se ha ancora i genitori. Hanno 80 anni, risponde lei. Forse lui fra sé si meraviglia: nessuno, nel suo Paese, vive tanto a lungo. Qualcosa però ha anche lui da dare alla sconosciuta, che gli porge un pacco di abiti usati. Le prende la mano, la guarda: «Io voglio per te e per tua famiglia tanto bene e felicità». Che cuore ha Beniamino, per augurare felicità a noi, che non manchiamo di niente? O forse, invece, manchiamo di qualcosa? Di quel cuore appunto, di quella semplice generosità, di quella assoluta mancanza di invidia. La signora Vicentini, ci dice al telefono, pensa a quel nome, Beniamino, nome di stirpe eletta di Israele. E pensa al capitolo undicesimo della Lettera ai Romani, dove si parla della tribù di Beniamino: «Mi sono riservato settemila uomini, che non hanno piegato il ginocchio davanti al Baal. Così anche al presente c’è un resto, conforme a un’elezione per grazia». Conforme a un’elezione per grazia. Poi il nero resta lì, a domandare l’elemosina. La signora torna a casa, e forse da quello straniero si sente, stranamente, benedetta.

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