Il grido dei giovani sul clima: però adesso ascoltiamoli
giovedì 3 agosto 2023

Alcuni non li sopportano proprio, altri non li prendono in considerazione o addirittura li deridono. Eppure, i giovani per il clima hanno fatto molto. Da quando nel 2018, per la prima volta, l’attivista svedese Greta Thunberg ha iniziato a scioperare da scuola, ogni venerdì, per sedersi davanti al Parlamento con un cartello che a lettere cubitali chiedeva nuove politiche contro il riscaldamento globale, l’onda verde dei giovani è diventata inarrestabile.

In molti hanno seguito le sue tracce, davanti a governi, comuni, piccoli palazzi istituzionali. In tutto il mondo. Anche e soprattutto in quei Paesi dove è difficile fare i conti con un clima che diventa sempre più caldo, con le piogge torrenziali che spazzano via interi villaggi, la siccità che si mangia le terre dei contadini e le piccole isole da sogno che vengono inghiottite dall’innalzamento del mare. E poi ancora ai summit globali, alle assemblee delle nazioni unite, davanti ai big di tutto il mondo, capaci solo di dire “bla, bla, bla”. Quelle tre sillabe urlate dall’attivista svedese che hanno fatto storia ma ancora una volta solo sotto il segno della spettacolarizzazione.

Ecco, dopo soli 5 anni e con una rapidità che ha sorpreso persino gli stessi scienziati, quelli che nel 2009 hanno ricevuto il premio Nobel per gli studi sul cambiamento climatico, lo “spauracchio” dei giovani urlanti nelle piazze è qui sotto i nostri occhi. Con le recenti ondate di calore, con gli incendi in Sicilia, Puglia e Calabria, i ghiacciai delle Alpi che si ritirano e la superficie del Mediterraneo che è sempre più calda. E proprio l’Italia, nel cuore del Mediterraneo, hotspot del cambiamento che fa paura non può a questo punto restare a guardare. È vero, adesso c’è la conoscenza.

Sappiamo perché certi fenomeni accadono. Grazie agli scienziati e ai ricercatori ma anche e soprattutto ai nostri giovani, che si sono lette pagine e pagine di trattati scientifici e le hanno sapute condividere con il resto del mondo. Non c’è scusa che tenga ormai davanti all’evidenza: i giovani non solo vanno ascoltati, ma a questo punto le loro richieste devono tradursi in fatti. Bisogna mettere a “reddito” l’enorme impegno collettivo. Il loro investimento di energie e passione civile. Perché è soprattutto sulla loro pelle che si gioca la sopravvivenza su questo pianeta. Siamo passati dai sit-in, alle azioni “non violente” ma molto irritanti e – a dire il vero – poco impattanti perché ogni volta si guarda al dito (il monumento preso di mira) e non alla luna, (il clima) fino alle lacrime di Giorgia, la giovane che ha condiviso la sua eco-ansia, la sua paura per il futuro legata al riscaldamento globale.

E lo ha fatto in modo così appassionato da commuovere anche il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin. Per pochi istanti è sembrato che anche il titolare del dicastero forse oggi più importante (perché lo è per tutte le attività umane, per il nostro mondo produttivo e finanziario) si fosse convinto: che era giunto il momento di agire. Se non azzerare quantomeno ridurre il consumo delle fonti fossili. Ma poi quella frase sibillina: la forza del dubbio. Quella “forza del dubbio” che mette in forse il cambiamento climatico, il riscaldamento globale. C’è ancora bisogno di spiegarlo? Devono continuare ad alzare la voce i nostri giovani? Devono veramente ancora convincere qualcuno che qualcosa è cambiato e rischia di esserlo in modo irreversibile per la sopravvivenza del pianeta?

Siamo fuori tempo massimo, ormai. Partiamo allora dall’Italia, da noi. Dove ogni anno il caldo è concausa di morte per 18mila persone (siamo il Paese con il maggior numero di vittime legate alle ondate di calore), ma anche dove lo smog e l’inquinamento atmosferico della Pianura Padana sono a tali livelli record da costringere a modificare i parametri della tolleranza europea. Ascoltiamo i nostri giovani, ascoltiamo Giorgia, che piange e ci chiede di fare qualcosa, senza deridere lei e i suoi coetanei per la loro preoccupazione. È un tema che non dovrebbe essere considerato né di sinistra né di destra. Non è troppo tardi. Abbiamo le conoscenze e i mezzi per agire.

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