«Appelli alla Ue? Prima agli evasori». Servono gli uni, gli altri e un po' di più
sabato 11 aprile 2020

Caro direttore,

continuo a sentire tanti appelli all’Europa perché predisponga un piano di aiuto economico (si parla di un impegno da 3mila miliardi di euro) che metta al centro l’Italia. Ma ho sentito poche voci pretendere dagli evasori fiscali una conversione pasquale per aiutare le casse dello Stato e i concittadini in difficoltà. Se la Sanità è in sofferenza non è soltanto colpa di scelte politiche non appropriate, ma anche dei tanti “furbetti”, che furbi sono affatto e si dimostrano indifferenti al bene comune. Buona Pasqua a lei e a tutta la redazione. Cordiali saluti

Paolo Baretter, Padova

Anch’io, gentile e caro signor Baretter, sento tanti appelli all’Europa: le viene chiesto di essere decisiva in questa crisi sanitaria, sociale ed economica. Li apprezzo e condivido, perché la Ue deve avanzare su una giusta via – fatta di correttezza e solidarietà – e perché gli appelli, quelli veri, sono anche propositivi e mai aggressivi e volgari come certe polemiche agitate dai propagandisti della disUnione. L’Europa non va sfasciata, ma aiutata a essere sempre più sé stessa. Penso, insomma, che servono gli appelli all’Europa e quelli agli evasori fiscali. Lei, caro amico, frequenta queste pagine e sa che cosa scrivo da tempo. Se chi froda il fisco, invece, facesse il proprio dovere come tutti gli italiani – lavoratori dipendenti e autonomi – che già lo già lo fanno, saremmo molto più forti e in condizioni migliori per affrontare anche emergenze difficilissime come quella scatenata dal coronavirus. Insisto, però, da sempre anche su un altro punto: non ci sono scusanti per chi evade, ma i soldi dei contribuenti vanno amministrati bene e impiegati meglio. Ieri, per esempio, è stata avanzata dal gruppo Pd alla Camera la proposta di uno straordinario contributo pluriennale «per i più fragili» nell’Italia della pandemia a carico dei contribuenti con redditi oltre gli 80mila euro annui. Premetto di essere tendenzialmente favorevole a ogni gesto di solidarietà, anche tributaria. E dunque di capire e apprezzare la ratio della proposta persino in una situazione di pressione fiscale alta come la nostra. Eppure penso che non sia la risposta giusta alla sfida attuale. Se si deve fare qualcosa per i concittadini più deboli con una contribuzione aggiuntiva eccezionale a carico di un segmento della nostra società si indichi un grande e verificabile obiettivo. Non sono un esperto e mi spiego in maniera elementare. Si proponga di ridurre il debito pubblico. Farlo sarebbe un bene per i nostri figli e nipoti e consentirebbe di “liberare” risorse (non più destinate agli interessi sul debito stesso) da orientate verso scopi solidali con i concittadini più fragili. Per abbassare quella montagna servono almeno tre strumenti, due certi e uno eventuale. Il primo è la rigorosa amministrazione e l’efficace utilizzo dei soldi dello Stato. Il secondo è la lotta senza tentennamenti e retromarce alla disonestà fiscale. Il terzo, quello eventuale, sono piccoli o meno piccoli sacrifici da parte di chi può farne e che per il proprio livello di reddito dichiarato, almeno medio-alto, è già un contribuente fedele e forse anche esemplare. Come tanti, anch’io sono personalmente pronto a farne di nuovi per il bene comune, ma vorrei – lo ripeto – un obiettivo chiaro e una verifica dei risultati possibile e senza complicazioni. Carlo Azeglio Ciampi ha sempre aggiunto un “di più”: i sacrifici debbono essere chiesti da qualcuno di cui la gente sente di potersi fidare. Sono d’accordo. E non è un alibi per non fare, ma una sfida a fare bene.

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