domenica 1 dicembre 2013
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 «Il 2015 sarà un anno dedicato alla vita consacrata». L’annuncio di Papa Francesco al termine dell’incontro avuto con i 120 Superiori generali degli Ordini religiosi maschili svoltosi nei giorni scorsi, ha colto di sorpresa non solo la vita della Chiesa ma anche i consacrati, protagonisti di questo 'anno' a loro dedicato. È lo stesso Papa Francesco a offrirci le linee guida attraverso le quali focalizzare la realtà della «vita consacrata» nell’oggi della Chiesa e del mondo, come è emerso dall’incontro sopra ricordato. La prima linea è quella della doppia valenza tra identità e missione della vita consacrata. Se la radicalità a seguire il Signore è richiesta a tutti i cristiani in forza del battesimo, i consacrati hanno una chiamata particolare in questa sequela, perché dall’intima e originale comunione con Cristo possa generarsi una visione altra della vita: essere nel mondo senza essere del mondo, è la profezia. È mediante questa alterità vissuta concretamente, che la vita consacrata può stimolare la Chiesa e richiamare il mondo verso l’Altro, Dio, e verso l’altro, il prossimo, in una modalità altra, che ha nella gratuità, e non nell’efficienza, il proprio orizzonte e in cui l’ultimo, il meno significativo per gli occhi del mondo diventa il più importante con gli «occhi di Dio». Le altre linee guida sono sintetizzabili in due parole, che diventano prioritarie per la vita consacrata: formazione e comunione. È necessaria, infatti, la costante cura alla formazione iniziale e permanente. La prima dovrà previamente porre attenzione a un serio e accurato discernimento vocazionale a cui sarà necessario un accompagnamento che potremmo chiamare personalizzato, nel quale occorrerà porre al centro la persona, con tutte le sue luci da far splendere, e le sue ombre, da comprendere e da purificare. In questo ambito non si debbono avere illusioni. I responsabili della formazione, i maestri e, in ultima istanza, i Superiori, possono molto poco se la comunità non è di per sé formatrice, ossia non vive in prima persona gli ideali che intende comunicare ai nuovi membri. Qui si colloca l’ulteriore necessità della formazione permanente, in cui il consacrato e la consacrata si sentono bisognosi di continua conversione e nutrono nel proprio cuore i sentimenti del discepolo che vuole sempre imparare e non del finto maestro che crede di sapere. La seconda priorità è data dalla comunione quale vissuta e concreta accoglienza dell’altro/a come dono e occasione per vivere l’amore, il comandamento nuovo. La comunione, però, non è un semplice 'stare bene insieme' perché accomunati dagli stessi ideali, ma è dono di Dio che richiede il cuore nuovo. Da qui l’importanza essenziale della vita di preghiera in quanto sorgente da cui lo spirito del consacrato e della consacrata ritrovano la perenne freschezza della propria chiamata a vivere la comunione con Dio e con i fratelli e le sorelle che Dio stesso pone accanto come dono. È il prossimo da amare come se stessi, sempre e comunque, fino alle periferie del nostro mondo, quale 'distintivo' dell’amare Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze. La comunione non può certo ridursi alla propria comunità, diventerebbe autoreferenziale e, alla fine, un idolo, ma dovrà aprirsi secondo la logica dell’incarnazione, ossia essere segno eloquente e accogliente di comunione con Dio e per i fratelli e le sorelle che si incontrano nella propria missione. I carismi presenti nella vita consacrata potranno essere riscoperti e portati a frutto solo se troveranno nella comunione, vissuta in tutti gli ambiti, la propria linfa vitale, perché è in essa che si respira l’esperienza del Risorto («dove due o tre sono riuniti nel mio nome io sono in mezzo a loro»), senso ultimo della consacrazione.
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