Chiudere pure il ciclo di guanti e mascherine
venerdì 12 giugno 2020

Gentile direttore,
mascherine e guanti sono diventati un bene primario come il cibo e un numero enorme continua a essere utilizzato. Ma ci siamo interrogati ancora poco sul loro impatto ambientale. A mio avviso, i dispositivi dopo l’utilizzo devono essere raccolti, ricondizionati – ossia decontaminati da virus e batteri – riutilizzati 'n' volte e, infine, riciclati. Bisogna creare la filiera inversa per chiudere il ciclo: i prodotti a fine vita diventano rifiuto e noi dovremmo trasformarli in risorse per la comunità. Basta osservare la natura, che non produce rifiuti e possiede cicli chiusi: dobbiamo rendere ciclici i processi antropici, virare verso un’economia attenta alla cura della 'casa comune'. Il primo passo è la prevenzione, cioè produrre mascherine e guanti in modo sostenibile, in monomateriale o costituite da più materiali facilmente separabili dopo l’uso. In università mi occupo di sostenibilità dei processi produttivi e sono stata promotrice presso alcune aziende dello sviluppo di una linea produttiva di mascherine: ora si sta studiando come realizzare prototipi con elastici e parte metallica rimovibile, tessuto rilavabile e filtro interno intercambiabile.

Molte aziende hanno risposto positivamente, hanno seguito le regole dell’ecodesign, considerando anche il costo finale di tali prodotti per la collettività. Sui guanti monouso non è facile migliorare, oggi in commercio ne esistono 4 tipologie: in lattice, in vinile, in nitrile e in polietilene. L’unica azione possibile è intraprendere in futuro la produzione di guanti biodegradabili e compostabili. Il secondo passo è evitare la 'dispersione' dei dispositivi nell’ambiente. Guanti e mascherine – rilavate in casa più volte o usa e getta – dovrebbero essere raccolte a parte e non smaltite come indifferenziato.

Penso a un incentivo per sensibilizzare la differenziata e prevenire la 'dispersione' nell’ambiente, una forma di 'vuoto a rendere': ad esempio, per ogni chilo di mascherine o guanti può essere accreditato un buono per l’acquisto di nuove mascherine o filtri intercambiabili. La raccolta potrà avvenire dopo il tempo necessario per il decadimento dell’eventuale virus e in seguito un primo trattamento presso un deposito di stoccaggio potrebbe essere la disinfezione tramite vapori di ozono o perossido di idrogeno. La fase successiva consiste nel trasporto verso impianti di selezione e separazione. In Italia esistono alcuni impianti di questo tipo, ma è necessario investire nel settore. Dopo la separazione, ogni materia prima può essere trattata con processi meccanici di triturazione o chimici di estrusione e diventare materia prima seconda da utilizzare in input in una differente filiera produttiva: questo perché la materia si è degradata, Georgescu Roegen direbbe che l’entropia della materia è aumentata, le sue caratteristiche sono cambiate, ma c’è ancora un valore residuo da utilizzare.

È uno dei fondamenti del principio di economia circolare: ridare valore. Negli Stati Uniti, ad esempio, esiste da tempo il programma di riciclo di guanti in nitrile gestito dalla Kimtech: diventano panchine o altri oggetti simili. Perché fare tutto questo e non bruciarli? Perché una combustione crea come prodotto di reazione CO2, particolato, NOx, sostanze accusate di veicolare il coronavirus e di aumentare il riscaldamento globale. Se non poniamo attenzione alla gestione del ciclo di mascherine e guanti, rischiamo di aggravare le cause che ci hanno portato all’emergenza. In conclusione, le nostre azioni sono il fulcro del cambiamento. Lo Stato può emanare norme, le aziende possono ecoinnovare, ma il cittadino crea la domanda. Certo, le direttive sull’economia circolare – in recepimento in Senato – portano verso la costruzione di un mercato di prodotti ecosostenibili e tuttavia siamo prima di tutto noi i custodi della nostra 'casa comune'. E possiamo affrontare il futuro valutando le nostre azioni con un approccio sistemico, senza dimenticare di essere un’unica comunità.

Economista ambientale e senatrice del M5s

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