Altra strage «utile» e senza verità
martedì 10 aprile 2018

La questione siriana si complica sempre più. A dimostrazione che vincere le battaglie sul campo serve solo a macinare altre vite nel mulino mai fermo delle violenze settarie e dei contrapposti interessi, ma non ferma i conflitti se non vi è una volontà di accordo fra le forze sul campo e, ancor più, fra le potenze esterne che le manovrano. In questi giorni sono tre i fatti principali che si sono susseguiti velocemente.

Il primo è l’accodo del 4 aprile scorso all’interno del cosiddetto "processo di Astana" fra Iran, Russia e Turchia. Il secondo è il nuovo (presunto) attacco chimico da parte del regime di Damasco e il terzo è il nuovo attacco missilistico israeliano in Siria. Non che questi fatti siano direttamente collegati, ma tutti ci rivelano una sfaccettatura di questo intricato e sanguinoso mosaico. Molto rumore, ovviamente, ha fatto la notizia di un attacco chimico che ha colpito la popolazione già stremata della Ghouta, l’enclave alle porte di Damasco che per anni ha ospitato le forze dei gruppi insorgenti e che ora è stata pressoché completamente riconquistata dalle truppe di Assad. L’uso di armi chimiche suscita giustamente lo sdegno per la sua brutalità e vigliaccheria; tanto che il presidente Usa, Donald Trump, ha annunciato pesanti ritorsioni contro il regime.

Come sempre avvenuto in Siria, tuttavia, le cose sono sempre meno chiare di quanto appaia: anche questa volta, sia Damasco sia Mosca hanno negato che le forze siriane abbiano usato armi chimiche. Da un punto di vista tattico, si tratta di una mossa non solo inutile, ma ampiamente controproducente. Dato che presta il fianco ad azioni militari contro le forze che hanno di fatto ormai vinto sul campo di battaglia.

Quale che sia la verità, non si può comunque non notare come lo sdegno per i civili uccisi con il gas strida con lo scarso interesse verso il massacro quotidiano di siriani compiuto con armi convenzionali o – che è anche peggio – avvenuto per mancanza di cibo, acqua e cure. Chi si straccia le vesti per un attacco chimico sembra non scandalizzarsi per il quotidiano stillicidio di morti, feriti, profughi.

Cosa che genera il sospetto che anche le morti siano solo strumentali a considerazioni di interesse strategico. Il nuovo lancio di missili rivela invece il crescente nervosismo degli israeliani per il radicamento delle forze iraniane in Siria, ovvia conseguenza della loro vittoria militare sui movimenti di insorti sunniti. Israele teme l’innervamento nel Levante di una milizia sciita multi-etnica guidata dai Pasdaran iraniani: una sorta di 'super-Hezbollah', capace di premere sul Paese non solo dal Libano ma anche dalla Siria. Ciò rende sempre più evidente l’alleanza di fatto in Medio Oriente fra Israele e Arabia Saudita – cementata dall’atteggiamento duramente antiiraniano dell’Amministrazione Trump – per combattere Teheran e i suoi alleati regionali.

Questi eventi vanno collegati al recente accordo fra Mosca, Teheran e Ankara sulle zone di de-escalation, che dovrebbero evitare lo scoppio di nuovi scontri militare, ma che di fatto certifica e formalizza il loro ruolo e la spartizione in aree di controllo della Siria. Nonostante le profonde differenze di interessi e obiettivi, è evidente come i tre Paesi siano riusciti a trovare un minimo comune denominatore che di fatto garantisce il regime di Damasco e sancisce la sconfitta delle forze sunnite (e in parte anche curde) appoggiate dagli Stati Uniti, dai Paesi arabi del Golfo e, implicitamente, da Israele.

È questo che rende così nervoso quest’ultimo attore: l’essere ormai privo di forze credibili sul terreno da poter manovrare per i propri interessi nazionali. Allo stesso tempo è proprio questa sconfitta strategica che rende impossibile un accordo internazionale credibile sotto l’egida delle Nazioni Unite e che espone la regione ad azioni imprevedibili o all’apertura di nuovi fronti di conflitto. Sulla pelle della martoriata popolazione siriana si giocheranno con cinismo altre battaglie e ci si ergerà nuovamente a improbabili difensori.

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