Affari d'oro per facezie online nell'epoca del «lavoro povero»
domenica 20 novembre 2022

CiccioGamer89, uno “youtuber” che impazza sul web mettendo in rete per lo più le sue partite ai videogiochi e ricette di cucina, è stato denunciato dalla Guardia di Finanza perché sospettato di non aver dichiarato al fisco più di un milione di euro. Lui, di cui ignoriamo le generalità all’anagrafe (ma non così evidentemente le Fiamme Gialle), si difende assicurando ai suoi oltre 3 milioni e mezzo di follower, in gran parte giovanissimi, di aver sempre versato le tasse dovute.

Lo speriamo davvero per le casse dello Stato, cioè per tutti noi cittadini e contribuenti leali. Ma la vicenda dà comunque da pensare: oggi si possono lucrare montagne di quattrini su internet giocando ai videogame, accendendo un luminosissimo albero di Natale a metà novembre, parlando “in corsivo” e chi più ne ha più ne faccia un post. Niente di personale, intendiamoci, contro tutti i CiccioGamer d’Italia e del mondo. Sono stati abili a sfruttare questo tipo di opportunità. Sappiamo anche, infatti, che per uno che riesce, migliaia falliscono. Niente di personale neanche contro di loro, a maggior ragione.

È invece proprio questo tipo opportunità, che vengano colte o meno, a non convincere. O meglio, non convincono in una società in cui se hai un lavoro e guadagni 1.200 euro al mese sei considerato uno fortunato, perché ci sono moltissimi altri che lavorano per molto meno. Sì, anche meno dell’importo massimo del Reddito di cittadinanza, 780 euro. Che poi magari quel lavoro è precario, vivi sempre con l’ansia che non ti rinnovino il contratto, la banca il mutuo non te lo concede (fino a poco tempo fa: adesso, con i tassi correnti, uno neanche ci prova a entrare in banca). Ma sei comunque considerato fortunato, perché tantissimi altri un contratto non l’hanno mai visto, nemmeno a tempo determinato, li pagano in nero quando li pagano, o hanno aperto la partita Iva ma guarda caso hanno un solo “cliente”, oppure sono “soci” di cooperative che, in realtà, non sono affatto cooperative. Non è moralismo, è la semplice, triste descrizione della realtà. Una realtà in cui il lavoro precario e pagato poco è diventato la regola (altro che i “lavoretti” di una volta per pagarsi gli studi all’università), per fare una consegna in più si finisce per rischiare la vita propria e altrui in sella a una bicicletta o su un monopattino, la pensione è cosa da “vecchi”. Nel senso che moltissimi giovani sono convinti che non la prenderanno mai.

Certo è che, stando così le cose, sarà una pensione da fame. Ancora più di alcuni stipendi. Da qui il fenomeno, indecente, dei “lavoratori poveri”. Poveri lavoratori, insomma. Il mondo va veloce grazie alle nuove tecnologie, è vero. Un fantastico mulino in movimento giorno e notte che sembra tuttavia portare acqua soltanto a pochi, ben noti personaggi che assomigliano tanto agli antichi “padroni del vapore”. Sempre alla ricerca di un nuovo modo per usare quelle stesse tecnologie per sostituire il più possibile gli esseri umani. Che si accontentino, questi ultimi, del ruolo di consumatori.

Un grande liberale (e cattolico), Luigi Einaudi, era convinto che i primi nemici della libertà economica sono i monopoli e gli oligopoli, statali o privati. Per lui la libertà economica era quella di chi, con sacrificio e rischio personale, ogni mattina alza la saracinesca del proprio negozio o della propria azienda. Quelle stesse saracinesche che nelle nostre città vediamo, in numero sempre crescente, restare chiuse e tappezzate di cartelli “vendesi” o “affittasi”. Troppo impari la lotta con gli oligopolisti del commercio online, incontenibile la voracità delle compagnie senza volto guidate da manager, non da imprenditori. Ma davvero dobbiamo rassegnarci al fatto che il lavoro non dia più né dignità né guadagno? Chiediamo non per un amico, come si usa dire sui social, ma per i nostri figli e nipoti. Con la speranza che la risposta sia “no”, contro ogni evidenza.

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