A proposito di Radio Radicale e libertà. Perché non si deve precipitare indietro
sabato 25 maggio 2019

Gentile direttore,
sono un suo abbonato, e da svariati anni sono anche un ascoltatore di Radio Radicale che apprezzo per il servizio di informazione che svolge anche se, da cattolico, non condivido tutte le sue iniziative e campagne. Molte volte, anche per approfondire e comparare notizie, usavo collegarmi a Rai Gr Parlamento che tranquillamente nell’arco della giornata mandava molto spesso in onda “canzonette” e comunque anche servizi di varia informazione. Da quando si è cominciato a parlare di tagli ai fondi del pluralismo nell’editoria, Rai Gr Parlamento ha cominciato a mandare in onda “a manetta” e molto più seriamente trasmissioni di carattere istituzionale. Non le sembra strano questo fatto?

Franco Favero Pove del Grappa (Vi)

Caro direttore,
sono un prete come tanti altri, classe 1966, e per motivi di ministero ho girato un po’ il mondo. Vorrei spezzare una lancia in favore di Radio Radicale. Ascolto molto volentieri Radio Radicale e la considero una parte buona di questo Paese che talvolta dimentica di essere magnifico agli occhi di tutti. Radio Radicale è una parte buona anche del Partito Radicale che a mio avviso ha mille colpe, ma quella della radio no, non è una colpa, è un grandissimo merito che ho sostenuto fin dalla mia giovinezza e che ritengo degno di essere sostenuto anche con un piccolo contributo pubblico. Qualsiasi cosa succeda in questo Paese bellissimo e smarrito ho deciso di rimanere qua. Vedo il sorriso dei poveri accolti nella mia parrocchia e ancora e sempre in tutta Italia e questo mi basta per dire che Dio non si è stancato di noi. Sopravvivrei, ovvio, alla chiusura di Radio Radicale, ma sarebbe una ferita in più sul mio corpo di italiano, felice del suo Paese. Benedico tutti.

don Domenico Poeta San Rocco a Pilli (Si)

Signor direttore, avete anche il coraggio di appoggiare Radio Radicale. Oltre a essere causa di continui attacchi al buon senso e alla Verità, quelli lì non hanno mai lavorato un giorno e sono sempre stati mantenuti con i soldi di noi poveracci che ci spacchiamo la schiena giorno e notte. Sempre avanti voi di “Avvenire”... Bravi.

Mauro Mazzoldi

Mentre si organizzano iniziative pubbliche e anche clamorose, pubblico tre delle lettere ricevute a proposito del taglio dei fondi pubblici ammazza-Radio Radicale. Le prime due – favorevoli a Radio Radicale – sono di lettori assidui, la terza – duramente contraria – davvero non saprei dire se è di un nostro fedele lettore (ma in compenso so che il signor Mazzoldi ci scrive spesso e con... verve). Potrei commentare sorridendo che il mondo è bello perché e vario. In realtà, da sorridere c’è poco, visto e considerato che qui si parla di una stretta sull’informazione, decisa dal governo gialloverde, che riguarda anche molte testate quotidiane e periodiche nazionali e dei territori, edite in cooperativa o a statuto non profit, come la nostra, come “il manifesto” e come altri giornali d’idee e di cronaca spesso controcorrente e in più di un caso davvero “biodiversi” – come mi piace dire – per indole e organizzazione. Misure decretate dall’esecutivo e/o votate dalla maggioranza parlamentare che lo sostiene, anche se ci sono ancora tentativi di “emendare” quei provvedimenti liberticidi almeno a favore dell’emittente a lungo guidata da Massimo Bordin (e associata alla sua “voce”) e oggi diretta da un collega che stimo molto, Alessio Falconio. Siamo di fronte a una tenaglia stretta, dura e difficile da smontare. E confermo serenamente ciò che i nostri lettori sanno già, cioè che da queste colonne mai si è chiesto di tacitare in qualunque modo un’altra voce giornalistica che svolgesse davvero il suo lavoro. Ci siamo battuti solo e soltanto perché finisse lo scandalo dei giornali finti (e fintamente d’idee e del territorio) che succhiavano soldi veri dalla casse pubbliche. Ci sono state e ci sono ancora, però, voci anche cattoliche, o che si dichiarano tali, che in questi dieci anni di mia direzione di “Avvenire” mi hanno sollecitato e persino sfidato a condurre offensive per togliere fondi e voce a Radio Radicale. Ripeto: questo giornale non hai chiesto di tacitare nessuno nel suo mezzo secolo di storia e io personalmente trovo inconcepibile una simile richiesta. Abbiamo – e ho – posto più volte questioni di onestà, di completezza e di responsabilità nello svolgimento del comune lavoro informativo, ma mai abbiamo – e ho – chiesto di togliere fiato e spazio e risorse a qualcuno. In diverse occasioni, “Avvenire” si è invece speso perché ci fossero più spazio e fiato per tutti e per dare davvero la parola a chi non l’ha: cito, come esempio, la nostra campagna “Fateli parlare” rivolta a anche e soprattutto alle tv (Rai in testa) e condotta a favore di tutti quei disabili e malati gravi e dei loro familiari che non pretendono che lo Stato li aiuti a dare la morte a sé o ai propri cari, ma a curare e a essere curati (anche quando guarire non si può, o non si può ancora) in modo degno, alleviando il più possibile sofferenze e fatiche. Su temi come questo dell’eutanasia, come su quelli dell’aborto e della manipolazione di laboratorio della vita umana e su questioni civili di grande rilievo come le politiche familiari e il regime fiscale per il mondo non profit laico e religioso, il confronto con voci (non tutte, ma tante) che hanno animato e che ancora animano Radio Radicale è stato intenso, sino al “duello” diretto, incruento ma serrato. Partendo da posizioni anche assai diverse e restando su punti cruciali di diverso avviso. E questo è avvenuto sempre nella chiarezza e nel reciproco rispetto. E qui dirò una cosa che forse a qualcuno non piacerà, ma che è vera e che non voglio tacere: da Radio Radicale abbiamo – e ho – ricevuto critiche anche dure e “letture” ostili di posizioni della Chiesa e di “Avvenire”, ma mai deliberate manipolazioni del nostro – e mio – pensiero, purtroppo non posso invece dire altrettanto di testate, cartacee e online, alcune delle quali si dicono “cattoliche” (o ammiccano a realtà cattoliche), che con le loro “firme” si dimostrano specializzate non nella difesa di un punto di vista forte ma sereno, di una ricerca aperta e sincera e di una verità compresa e amata, ma nella denigrazione sistematica e deformante delle parole e posizioni altrui, comprese quelle del giornale che dirigo e, su su, sino alle parole di vescovi e addirittura del Papa. Tra avversari il dialogo può essere difficile, ma è possibile e avviene, con questi altri - che non sono avversari, ma stalker – posso solo sperare che un civile dialogo prima o poi sia realizzabile... Intanto né “Avvenire” né io personalmente – e in un alcune situazioni ce n’erano le condizioni “legali” – abbiamo chiesto (o fatto) qualcosa che potesse contribuire a “spegnere” un’altra testata giornalistica o radiofonica o televisiva. Torno al tema stretto. Radio Radicale è sempre stata una radio di parte eppure capace di un sorprendentemente attento ed efficace servizio pubblico di ascolto (e amplificazione) dell’Italia reale, una radio spesso scomoda e anche urtante, ma vera. E con essa abbiamo avuto e abbiamo – come ho già ricordato – franchi motivi di dissidio, tant’è che in più occasioni abbiamo battagliato, magari a distanza e indirettamente, su temi delicatissimi. Ma molte altre volte abbiamo trovato quelle che mi è capitato di definire importanti “stereofonie”: contro la pena di morte, per una giustizia giusta e per l’umanizzazione delle carceri, sull’impegno per il disarmo delle mani e delle coscienze, per l’ingerenza umanitaria di fronte e a genocidi e altri terribili misfatti, per il governo sensato delle migrazioni, contro la corruzione e le mafiosità, per la difesa – appunto – del pluralismo informativo... Fatti che echeggiano nelle lettere di don Domenico Poeta e del lettore e amico Franco Favero. In ogni caso, però, la libertà non è questione di bilancini, di convenienze tattiche, di calcoli di schieramento. Non è neppure un ideologismo, ma almeno per chi l’ama davvero è un metodo e una responsabilità non negoziabile. E oggi più che mai, anche per noi di “Avvenire”, non si tratta di essere «sempre avanti», come scrive sarcasticamente il signor Mazzoldi. Si tratta di non precipitare indietro.

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