sabato 4 maggio 2019
Il saldo effettivo tra il numero dei pensionamenti e quello di iscrizioni a Medicina, di laureati e professionisti che completano il percorso formativo promette purtroppo di essere sempre più negativo
I dati non mentono: in Italia si prepara una penuria di medici
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Gentile direttore,
le scrivo in merito all’articolo di Vittorio A. Sironi del 24 aprile 2019. A mio avviso contiene gravi inesattezze. In Italia mancano, è vero, medici specialisti e qualche ospedale sta facendo fatica a coprire gli organici. Assolutamente falso è attestare invece la mancanza di medici laureati, che in realtà sono addirittura troppi (Fonte Als2A, Fonte Anaoo, Fonte Sigm) in relazione all’attuale capacità di assorbimento del sistema e dei percorsi post-laurea (come la specializzazione). Il Paese richiede circa 8.000 specialisti all’anno, se ne fanno laureare circa 9-10.000 ma se ne sono fatti specializzare, finora, circa 6.500 (fonte Anaoo, Conferenza Stato-Regioni, Als2a). Attualmente abbiamo una 'sac- ca' di circa 10.000 medici precari o che non lavorano, ai quali in due anni se ne aggiungeranno altri 15.000 (per via di un maxi-ricorso che ha portato all’apertura del numero chiuso per quell’anno). In soldoni, è deleterio asserire che c’è bisogno di più medici laureati, anzi, bisogna ridurre il numero dei posti a Medicina, e convogliare quelle risorse per far specializzare i medici precari (i cosiddetti camici grigi), così da coprire l’organico mancante e riequilibrare il sistema nel più breve tempo possibile, evitando la creazione di una pletora di futuri medici senza lavoro e di ospedali senza specialisti.

Corrado Zengarini medico

Se è vero che uno dei problemi fondamentali della mancanza di medici è quello della carenza di specialisti (non vi sono sufficienti possibilità di accesso nelle scuole post-laurea in alcune specializzazioni, ma anche non si coprono i posti disponibili in altre), lo scenario relativo al numero complessivo di medici dipinto dalle proiezioni dell’Osservatorio nazionale della Salute nelle Regioni italiane (basato sui dati del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e del Ministero della Salute), sviluppato a partire dal calcolo del numero di posti per la laurea in Medicina e Chirurgia messi a bando ogni anno, ipotizza una prospettiva diversa da quella avanzata dal gentile lettore e collega: circa 56mila medici in meno nei prossimi 15 anni, dei quali solo il 75% (circa 42mila) verrà rimpiazzato. Il numero di 42mila medici è stato ottenuto dall’Osservatorio (che opera nella sede di Roma dell’Università Cattolica) ipotizzando che nel prossimo anno accademico vengano immatricolati 10mila studenti, con una media circa 8.700 laureati dopo 6 anni. Il calcolo statistico porta al numero complessivo di 49mila nuovi laureati in 10 anni e, sulla base di questa stima, gli specializzati disponibili tra 15 anni sarebbero circa 42mila. Proprio ieri, su queste stesse pagine – come mi ricorda il direttore chiedendomi di rispondere – Paolo De Paolis, presidente delle Società italiana di chirurgia e primario del reparto di Chirurgia d’urgenza Molinette di Torino, ha lanciato l’allarme per la carenza di medici chirurghi. Al di là delle aride cifre, Walter Ricciardi, direttore dell’Osservatorio nazionale che ha elaborato i dati riportati, ha rilevato come questo scenario è scaturito dall’inadeguata programmazione della competenti autorità e ha sottolineato che, in una situazione in cui la carenza di medici è sempre più evidente, l’Italia deve fare i conti con un altro problema: finanzia la formazione di parecchi giovani medici che poi emigrano all’estero, in quei Paesi che li accolgono a braccia aperte riconoscendone il talento. Un altro dato numerico significativo lo ha fornito Alessandro Solipaca, direttore scientifico dello stesso Osservatorio: per rimpiazzare i 56mila medici che verranno a mancare nei prossimi 15 anni servirebbero ogni anno 13.500 nuove immatricolazioni (contro le 10mila attuali) e 11mila posti di specialità (il doppio di quelli disponibili oggi). Queste, come ho scritto anch’io, sono le soluzioni su cui lavorare sin da ora per evitare che il problema diventi esplosivo nel prossimo futuro.

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