Sull'Ucraina Europa e Usa restano lontanissimi

Si tenta di ricompattare il fronte sul negoziato per Kiev. Le divergenze con Washington si allargano, Mosca guadagna tempo e i leader europei provano a evitare concessioni che comprometterebbero l’integrità del Paese
December 9, 2025
Zelensky a Castelgandolfo nel corso dell'ultimo incontro con Leone XIV, a luglio
Zelensky a Castelgandolfo nel corso dell'ultimo incontro con Leone XIV, a luglio
La distanza fra le sponde dell’Atlantico sembra dilatarsi a ogni passo del negoziato per l’Ucraina. Gli Stati Uniti, sempre più allineati a una postura gradita a Mosca, e i leader europei, impegnati a evitare che la trattativa deragli in una resa mascherata a Putin, avanzano su binari ormai divergenti. La nuova bozza di accordo è attesa in mattinata: un testo ibrido, che tenta di tenere insieme l’abbozzo iniziale di Washington e la riscrittura portata avanti dai principali capi di governo europei. Non è affatto scontato che la Casa Bianca la gradisca, soprattutto dopo che l’entourage di Donald Trump, con il figlio Donald Jr in prima linea, è tornato a definire il Vecchio Continente «un peso» per gli Stati Uniti. Da Mosca, nella consueta scenografia di mosse studiate per guadagnare tempo, il Cremlino ha escluso la possibilità di un incontro fra Trump e Putin prima di fine anno. Un modo per non scoprire le carte, lasciando a Washington il compito di indovinare la prossima mossa e a Kiev il peso di una crescente solitudine negoziale.
A Londra, dove ieri Volodymyr Zelensky ha incontrato Keir Starmer, Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Friedrich Merz, è prevalsa una comunicazione controllata fino alla reticenza. Nessuna conferenza stampa, solo dichiarazioni allusive sulla «necessità di compromessi» purché non si oltrepassino le “linee rosse territoriali”, cioè la rinuncia a cedere alla Russia territori che non siano già stati conquistati militarmente. Un confine che Washington, secondo indiscrezioni, avrebbe chiesto all’Ucraina di ammorbidire, aprendo la strada a concessioni giudicate inconcepibili a Kiev. Zelensky, in un messaggio su X, ha parlato di sicurezza come «sfida condivisa», ringraziando gli alleati europei. Macron ha precisato che le proposte statunitensi sono state «integrate con contributi europei, in stretto coordinamento con l’Ucraina». Da Berlino, Merz — dopo aver espresso qualche riserva sulla bozza americana — ha offerto parole nette: «Il destino dell’Ucraina è il destino dell’Europa». Un monito che suona come un argine alla tentazione americana di chiudere rapidamente il dossier, anche a detrimento di Kiev. Il secondo capitolo della giornata diplomatica si è aperto a Bruxelles, con i colloqui tra Zelensky, il segretario generale della Nato Mark Rutte e la presidente della Commissione Ursula von der Leyen. L’obiettivo resta quello di rinsaldare il fronte occidentale, riducendo lo iato sempre più evidente con Washington. Specie dopo che il Cremlino, sfruttando a suo vantaggio le frizioni transatlantiche, ha elogiato la “visione” di Trump, ritenuta sorprendentemente vicina a quella russa.
In questo quadro frastagliato, la posizione di Kiev non arretra: il controllo del Donbass resta un punto non negoziabile e qualsiasi accordo di pace dovrà includere garanzie di sicurezza robuste, vincolanti, e non un’altra promessa vuota come il Memorandum di Budapest. Da qui la richiesta — avanzata da fonti ucraine — che gli impegni americani passino dal vaglio del Congresso. La frattura fra Europa e Stati Uniti, intanto, si approfondisce. A Downing Street, prima del vertice, Starmer aveva invocato garanzie «rigide», subito sostenuto da Macron, secondo cui gli alleati europei «hanno molte carte in mano»: una risposta indiretta alla frase pronunciata da Trump quando aveva detto a Zelensky che «non aveva carte» per trattare con Mosca. Sul fronte simbolico e spirituale, la giornata del presidente ucraino aggiunge un tassello significativo. Questa mattina Zelensky è atteso a Castel Gandolfo per un incontro con Papa Francesco: un colloquio che, al di là dei dossier diplomatici, punta a riattivare il canale umanitario e a rilanciare l’appello vaticano per una pace giusta, non imposta.

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