Primato negativo per Cuba: quasi cento detenzioni arbitrarie dal 2019

I numeri choc del Gruppo di lavoro Onu. La denuncia dell'Ong Prisoners defenders: «L'Avana rilasci le vittime e le risarcisca»
November 18, 2025
Primato negativo per Cuba: quasi cento detenzioni arbitrarie dal 2019
La protesta a Miami, durante la partita Stati Uniti-Cuba per la liberazione dei prigionieri politici nell'isola/
Lia, bimba di un anno e due mesi, è nata per miracolo dopo aver patito - mentre in era in grembo - la prigionia della mamma, l'attivista cubana Lisdani Rodríguez Isaac, scarcerata in extemis, sotto libertà condizionata, dal regime ereditato da Miguel Díaz Canel. Lisdani, arrestata per presunti oltraggi e disordini pubblici, viveva una gravidanza a rischio causa "placenta previa". Rimaneva però sotto condizioni detentive inadeguate, senza cure e sotto pressioni, anche se sottili, affinché abortisse, secondo l'ong Prisoners defenders. Lia però è nata sana, quando sua madre godeva già di libertà condizionata, detta Licencia extrapenal. Per poter restare fuori dalla cella Lisdani «esegue lavori forzati», è «perennemente sorvegliata», e «non può uscire dalla città». La sorella, Lisdiani, anche lei attivista, nelle medesime condizioni. La loro Licencia è appesa a un filo, sotto costanti minacce di reclusione, e potrebbe essere revocata in qualsiasi momento. Quello di Lisdani è uno dei 93 casi di detenzioni arbitrarie registrati a Cuba dal 2019 al 2025 e denunciati dall'apposito Gruppo di lavoro istituito presso le Nazioni Unite, nelle Opinions 46/2025 e 57/2025, sottolineando la carenza di un «giusto processo», oltre a «violazioni di diritti umani» e «reati di lesa umanità», tra cui «torture», «persecuzioni» e «sparizioni forzate».
Le cifre sono state diffuse dal dossier mensile di Prisoners defenders, che offre tutela giuridica alle vittime di persecuzione politica nell'Isola, presentato a Madrid. Le quasi cento vittime sono state detenute per aver esercitato «diritti internazionalmente tutelati», come le libertà confessionale, di stampa o di associazione, e concedono all'Avano il primato globale di «detenzioni arbitrarie» certificate dalla Nazioni Unite. Seguono l'Egitto con 93, Bahrein con 70 e Cina a quota 53. Cuba è il Paese che ha ricevuto tre richiami dall'Onu, per oltre sessanta prigionieri politici.
Il gruppo lavoro Onu preme anche per il rilascio definitivo di 49 persone detenute durante le proteste che l'11 luglio 2021 hanno infiammato le strade dell'Avana. Tra le irregolarità processuali denunciate vi è la sottoposizione di casi civili a Tribunali militari, misura che viola le disposizioni internazionali in materia. È capitato anche che difensori d'ufficio - assegnati dallo Stato - si prestassero per chiedere la condanna dei loro rappresentati. Tra i casi più emblematici: il legale Manuel Guzmán Montejo che - si legge nel dossier «ha chiesto di condannare i loro rappresentati», Oscar Luis Ortiz e Yerandis Rillo Pao, per il reato di «sedizione». Il dossier denuncia anche l'inosservanza degli accordi tra l'Avana e la Santa Sede, con la scarcerazione di decine di prigionieri, là dove i detenuti sarebbero stati sottoposti a «rilascio condizionato coercitivo».
L'Isola conta inoltre 193 sparizioni forzate dal 2012 e su cui l'Onu ha chiesto a Palazzo della Revolución di intraprendere «azioni urgenti». Tra i desaparecidos c'è il nome di Daisel González Alvarez, arrestato a luglio 2021 e del quale si è persa ogni traccia. «Non ci sono neppure informazioni sulla sua eventuale uscita dal Paese», denuncia l'Ong. In generale il carcere rappresenta «un meccanismo di controllo sociale» che colpisce anche «comunità religiose, gruppi di quartiere, organizzazioni locali, movimenti cittadini e intere famiglie», sostengono gli attivisti dell’organizzazione, che lamentano le «notevoli carenze degli strumenti» di cui dispongono le Nazioni Unite, che non vantano «alcun potere di coercizione sugli Stati», ma devono sperare nel Soft power della diplomazia.
Dal canto suo il regime dell’Avana tace. Nessuna replica alle denunce Onu. Una mezza vittoria, per Prisoners defenders, che rinnova il suo appello al «rilascio e al condono della pena» di almeno 49 detenuti, a cui andrebbero risarciti i danni in quanto «non avrebbero mai dovuto essere sottoposte a processo» per le loro idee politiche.

© RIPRODUZIONE RISERVATA