sabato 27 febbraio 2021
Infuriano gli scontri nella provincia di Marib, mentre le potenze (alleate con i sauditi nel conflitto yemenita) fanno quadrato intorno al principe accusato dal rapporto Usa per l'omicidio Khashoggi
Truppe dei ribelli sciiti filo-iraniani dirette al fronte in Yemen

Truppe dei ribelli sciiti filo-iraniani dirette al fronte in Yemen - Ansa

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All'indomani della pubblicazione del rapporto Usa che inchioda il principe ereditario saudita Mohammed bin Salnam (MbS) per l'omicidio di Jamal Khashoggi, i Paesi del Golfo persico hanno serrato le fila attorno all'Arabia Saudita, condannando qualsiasi «interferenza» nella sovranità del regno ultra-conservatore wahabita.

Il funerale di un ufficiale degli Houti a Sanaa, la capitale yemenita

Il funerale di un ufficiale degli Houti a Sanaa, la capitale yemenita - Ansa

E contestualmente la guerra nello Yemen – che vede contrapposti i ribelli filo-iraniani Houti e la Coalizione a guida saudita – sembra riprendere ulteriore vigore. I combattimenti tra ribelli e forze governative hanno ripreso forza oggi nella provincia di Marib nello Yemen, uccidendo almeno 50 combattenti tra cui un comandante delle forze speciali, hanno detto fonti militari vicine alla coalizione. Per poi precisare, poco dopo che i morti sono di entrambi gli schieramenti, mentre un missile dei ribelli «diretto su Riad è stato intercettato». I ribelli Houthi, che cercano da più di un anno di impadronirsi di Marib, hanno ripreso la loro offensiva l'8 febbraio contro questo ultimo bastione controllato dal potere nel nord del Paese. Dopo alterne sorti, nelle ultime ore si segnala però l’ennesima escalation del confronto.

Dopo la pubblicazione del rapporto della Cia, i Paesi del Golfo Persico, ma anche il Parlamento della Lega araba, si sono invece subito schierati al fianco delle autorità del Regno che già ieri avevano definito «false e inaccettabili» le conclusioni del rapporto. Ad Abu Dhabi, il ministero degli Esteri ha espresso «fiducia e sostegno» alla magistratura saudita; una posizione simile è stata espressa dal ministero degli Esteri kuwaitiano. E anche Bahrein e Yemen hanno diffuso note, attraverso i ministeri degli Esteri, per condannare «qualsiasi tentativo di sfruttare» l'assassinio di Khashoggi, o di «interferire nelle questioni interne del regno».

Il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman (MbS)

Il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman (MbS) - Ansa

Il governo di Manama si è spinto oltre e ha parlato dell'«importanza della leadership di Mohammed bin Salman», l'uomo forte e leader de facto saudita. Il rapporto «non è altro che un parere senza prove conclusive», ha aggiunto Nayef Falah al Hajraf, segretario generale del Consiglio di cooperazione del golfo, l'ente regionale che riunisce le sei maggiori potenze nell'area; l'organizzazione, che peraltro ha sede a Riad, ha anche espresso il suo sostegno "per tutti i passi che il regno intraprenderà per preservare i suoi diritti, promuovere i suoi obiettivi e sostenere il suo ruolo moderato".
Il rapporto dell'intelligence Usa, desecretato e divulgato da Biden dopo che Donald Trump aveva preferito tenerlo riservato per preservare l'alleanza strategica con Riad in chiave anti-Iran, sostiene che MbS fu complice nell'operazione per uccidere il giornalista; e non poteva non essere che così, visto -fa notare il rapporto- il controllo di Bin Salman su tutti i gangli vitali nel regno, nonchè il coinvolgimento diretto di alcuni suoi strettissimi collaboratori nell'assassinio dell'editorialista del Washington Post. Dopo la pubblicazione del documento, Washington ha annunciato sanzioni e restrizioni ai visti per 76 sauditi, ma tra questi non c'è il principe ereditario. Biden ha evidentemente deciso che il costo diplomatico di penalizzare direttamente MbS e è troppo alto. Il principe finora non ha parlato ma in un'intervista su CBS 60 Minutes nel 2019 aveva negato categoricamente il suo coinvolgimento.

Proprio questa è stata la linea adottata dalla stampa saudita, che nei suoi editoriali ha difeso l'innocenza di bin Salman e ha viralizzato su Twitter l'hashtag "Siamo tutti Mohamed bin Salman", divenuta "trend" del giorno. Ma la pubblicazione del rapporto rappresenta un duro colpo all'immagine e al prestigio di uno degli uomini più potenti del Medio Oriente; potrebbe avere ricadute nei rapporti tra Occidente e Riad e sicuramente renderà imbarazzante per i leader occidentali continuare ad associare il proprio nome a quello del principe saudita.

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