sabato 12 febbraio 2022
È nell'obitorio delle Canarie ma i genitori sono bloccati in Francia e non possono riconoscerla
Yamila, 5 anni e senza pace dopo la morte sul barcone

Archivio Ansa

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«Cadavere 10. Barcone 30/06/2021». È il cartellino sul corpicino anonimo nella morgue dell’Istituto anatomico forense dell’isola di Las Palmas, alle Canarie. È là da sette mesi, in attesa di essere identificato con una prova del Dna. Eppure un nome l’aveva. Si chiamava Fatmate Zara, aveva 5 anni, e i genitori la chiamavano teneramente Yamila, che in arabo significa «ciò che è bello». Era bella e con la vita tutta davanti, la piccola Yamila, ma nemmeno da morta c’è pace per lei. Aveva resistito all’odissea intrapresa con una zia – cugina della madre – per raggiungere dalla Costa d’Avorio i genitori, immigrati irregolari in Francia. Nel giugno scorso a Dalja, sulle coste del Sahara occidentale, si erano avventurate su un barcone con un numero imprecisato di persone, dirette alle Canarie. Yamila aveva resistito a 17 giorni di traversata e agonia alla deriva nell’Atlantico. Al freddo della notte, al sole spietato del giorno, alla mancanza di acqua e di cibo, al panico e alla disperazione di vedere morire poco a poco i compagni di sventura. Il 30 giugno l’imbarcazione fu soccorsa in extremis dall’equipaggio del mercantile Cape Taweelah.

A bordo c’erano 20 cadaveri e 32 superstiti, fra i quali la piccola bambina ivoriana, che ancora respirava. Morì poco dopo sull’elicottero militare che la trasportava all’ospedale di Las Palmas. «Nonostante i suoi cinque anni, sembrava una bambola», riferì all’agenzia Efe l’infermiere militare che fece l’impossibile per rianimarla e la vide spegnersi fra le sue braccia. Alla zia, riuscita a sopravvivere, toccò il pietoso riconoscimento. Insufficiente, però, in mancanza dei riscontri col Dna dei genitori, per sostituire con il nome e cognome di Fatmate Zara «Yamila» l’etichetta anonima all’obitorio.

Lunedì scorso, sette mesi dopo la morte, la bimba doveva essere sepolta con una lapide anonima. Ma all’ultimo momento, il giudice istruttore del Tribunale di Las Palmas ha accettato un rinvio, richiesto da Teodoro Boyndale, segretario della Federazione di Associazioni Africane nelle Canarie, che aiuta i genitori di Yamila, bloccati in Francia e ancora in attesa che sia ultimato l’iter burocratico che permetta loro di raggiungere l’arcipelago senza il rischio di essere arrestati o deportati. «Quando hanno detto alla madre che la sua bambina sarebbe stata sepolta senza identificazione, ha avuto un attacco di panico ed è svenuta», ha spiegato al quotidiano Publico Teodoro Bondyale. Il rinvio dell’interramento fa ancora sperare che i genitori di Yamila possano ottenere un visto per motivi umanitari per raggiungere le Canarie.

La scorsa estate la Ong per i diritti dei Migranti, “Caminando Fronteras” aveva interessato al caso il governo spagnolo, che si era messo in contatto con i genitori della bambina e con le autorità francesi per permettere almeno alla madre di partecipare alla sepoltura della figlia. Il ministro degli Esteri francese, Yves Le Drian, a luglio, durante una visita ufficiale a Madrid, interpellato sulla vicenda in conferenza stampa parlò di «dramma umano» e di «complessità giuridiche, che non si possono risolvere con l’emozione». La Fortezza Europa non ha aperto le porte a Yamila neanche da morta.

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