venerdì 17 dicembre 2010
La Santa Sede «denuncia la violazione dei diritti umani» dei vescovi cattolici che sono stati costretti con la forza a prendere parte alla recente assemblea della Chiesa patriottica cinese svoltasi a Pechino. «A più riprese la Santa Sede aveva fatto conoscere, prima di tutto ai Pastori ma pure a tutti i Fedeli, anche pubblicamente, che non dovevano partecipare all'evento. Ognuno di coloro che erano presenti sa in che misura è responsabile davanti a Dio e alla Chiesa».
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Con «profondo dolore», ma con toni chiari e fermi, la Santa Sede «deplora» che si sia tenuta a Pechino l’Assemblea dei rappresentanti cattolici cinesi. Allo stesso modo ritiene che le «modalità della sua convocazione e svolgimento manifestino un atteggiamento repressivo della libertà religiosa che si auspicava superato nella odierna Cina» e che tutto ciò «non fa onore alla Cina».È quanto afferma un comunicato della Sala Stampa vaticana, denunciando le conseguenze derivanti dalla celebrazione dell’Ottava Assemblea dei rappresentanti dei cattolici cinesi, preceduta da un’ordinazione episcopale priva di mandato pontificio. Due situazioni che «hanno danneggiato unilateralmente il dialogo e il clima di fiducia, avviati nei rapporti con il Governo della Repubblica Popolare Cinese», e che sono «segno di timore e di debolezza, prima che di forza; di un’intransigente intolleranza, più che di apertura alla libertà e al rispetto effettivo sia della dignità umana sia di una corretta distinzione tra la sfera civile e quella religiosa».Parole forti, che riassumono le preoccupazioni suscitate dall’involuzione impressa dalle ultime decisioni di Pechino nelle relazioni con la Santa Sede che, sia pure molto lentamente, sembravano avviate sulla strada della normalizzazione. Svolta inaspettata, che tempo fa faceva dire a padre Jeroom Heyndrickx, direttore della Ferdinand Verbiest Foundation, che la Cina «agisce come se non avesse bisogno di amici, spaventando il mondo». E che, attuata nonostante tutto, ha portato alla dura nota che, ieri, il direttore di Asianews padre Bernando Cervellera ha commentato osservando come «ormai nella comunità internazionale solo il Vaticano ha il coraggio di criticare la Cina».Riguardo all’Ottava Assemblea, nel comunicato si ricorda che «a più riprese la Santa Sede aveva fatto conoscere, prima di tutto ai Pastori ma pure a tutti i Fedeli, anche pubblicamente, che non dovevano partecipare all’evento». Per questo «ognuno di coloro che erano presenti sa in che misura è responsabile davanti a Dio e alla Chiesa». In particolare, vescovi e sacerdoti saranno anche «posti di fronte alle attese delle rispettive comunità».Peraltro, prosegue la nota, è noto che «molti Vescovi e Sacerdoti sono stati forzati a partecipare all’Assemblea» e «la Santa Sede denuncia questa grave violazione dei loro diritti umani, in particolare della loro libertà di religione e di coscienza». Al riguardo, «la Santa Sede esprime la sua stima più profonda a quanti, in diverse modalità, hanno testimoniato la fede con coraggio e invita gli altri a pregare, a fare penitenza e, con le opere, a riaffermare la propria volontà di seguire Cristo con amore, in piena comunione con la Chiesa universale».Per quanto poi concerne «la dichiarata finalità di attuare i principi di indipendenza e autonomia, autogestione e amministrazione democratica della Chiesa, va ricordato che essa è inconciliabile con la dottrina cattolica», perché «non è questo il cammino che la Chiesa deve compiere nel contesto di un grande e nobile Paese, che suscita attenzione nell’opinione pubblica mondiale per le significative mete raggiunte in tanti ambiti, ma trova ancora difficile attuare gli esigenti dettami di una vera libertà religiosa, che nella sua Costituzione pur professa di rispettare». Infine, «la Santa Sede, mentre riafferma la propria volontà di dialogare onestamente, sente il dovere di precisare che atti inaccettabili ed ostili come quelli appena menzionati provocano nei fedeli, dentro e fuori della Cina, una grave perdita di quella fiducia che è necessaria per superare le difficoltà e costruire una relazione corretta con la Chiesa, a vantaggio del bene comune».
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