mercoledì 21 febbraio 2024
L'informatore è stato incriminato per aver mentito al Bureau inventando le accuse di corruzione contro il presidente e suo figlio Hunter. Un duro colpo al castello accusatorio dei repubblicani
Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden

Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden - Ansa

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La Russia entra a gamba tesa nella campagna elettorale americana. Alexander Smirnov, l'ex informatore dell'Fbi incriminato nei giorni scorsi per aver mentito al Bureau inventando le accuse di corruzione contro Joe Biden e suo figlio Hunter, ha confessato di essere stato aiutato da 007 russi nel tentativo di infangarli. La rivelazione è stata fatta dal dipartimento di Giustizia in un memo relativo alla sua detenzione, nel quale si afferma che l'ex talpa ammette contatti «estesi ed estremamente recenti» con dirigenti dell'intelligence di Mosca. La Cnn, citando atti processuali, afferma che i contatti erano «quattro alti dirigenti russi» due dei quali «sono i capi delle entità che rappresentano».

Smirnov, 43 anni, era stato arrestato nei giorni scorsi all'aeroporto internazionale Harry Reid di Las Vegas dopo il suo arrivo dall'estero. Era considerato uno dei testimoni chiave dell'indagine di impeachment lanciata dai repubblicani alla Camera contro il presidente e la sua presunta complicità nei controversi affari stranieri del figlio Hunter. L'ex informatore dell'Fbi è stato incriminato per aver mentito sul presunto coinvolgimento di Joe Biden e di Hunter nelle attività della società energetica ucraina Burisma, quando il primo era vicepresidente e il secondo sedeva nel board della compagnia a 50mila dollari al mese. In particolare, è accusato di aver fatto «false dichiarazioni» e di aver «creato un precedente falso e fittizio» in relazione a un'indagine dell'Fbi, di cui è stato a lungo una talpa.

Secondo l'accusa, nel 2020 Smirnov mentì raccontando due incontri del 2015 o 2016 in cui dirigenti associati a Burisma gli avrebbero detto di aver assunto Hunter Biden per «proteggerci, attraverso suo padre, da ogni tipo di problema». L'ex informatore ha anche affermato falsamente che i dirigenti di Burisma avevano pagato 5 milioni di dollari ciascuno a Joe e Hunter Biden quando il primo era vicepresidente in modo che suo figlio «si prendesse cura di tutte quelle questioni attraverso suo padre»: un riferimento a un'indagine penale sulla compagnia energetica dell'allora procuratore generale ucraino, poi silurato su richiesta dello stesso Joe Biden - ma anche dei Paesi occidentali - per presunta corruzione.

I rapporti tra i Biden e Burisma sono stati a lungo al centro di accuse e sospetti, alimentati da Donald Trump e dai suoi alleati, e finiti al centro dell'inchiesta di impeachment lanciata in dicembre alla Camera.

Ma l'arresto dell'ex talpa infligge un duro colpo al castello accusatorio dei repubblicani, secondo cui Biden avrebbe favorito gli affari del figlio all'estero e ne avrebbe beneficiato finanziariamente. E le ultime rivelazioni sollevano sospetti inquietanti su una regia del Cremlino per favorire Donald Trump alla Casa Bianca.

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