sabato 29 luglio 2023
Ora la Ue deve rivedere la politica africana, avviando un percorso innovativo che tenga conto della reciprocità degli interessi e il rispetto dei diritti umani
Civili sostenitori del golpe

Civili sostenitori del golpe - Ansa

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Non solo l’Occidente ma anche l’Unione Africana (Ua) si schiera contro la giunta golpista che mercoledì ha preso il potere in Niger. Il Consiglio di sicurezza dell’Ua ha concesso ai militari del Niger 15 giorni di tempo al governo di fatto guidato dal generale Abdourahmane Tchiani per «ritornare immediatamente e incondizionatamente nelle loro caserme e ripristinare l’ordine costituzionale» Ore prima gli Stati Uniti avevano dichiarato il loro «sostegno instancabile» al deposto presidente, visto come un alleato chiave dell’Occidente nella lotta contro i militanti islamisti. Anche perché si teme l’ingerenza russa. «Sembra che Evgenij Prigozhin sia già passato dal Niger per offrire i servizi dei suoi mercenary della Wagner – hanno affermato alcuni esperti –. Questo colpo di Stato schiude un nuovo varco a Vladimir Putin in Africa».

Si sono attivati subito anche i francesi con un velivolo miltare atterrato due giorni fa e una riunione d’urgenza convocata dal presidente Emmanuel Macron appena rientrato dall'Oceania. Il capo dell’Eliseo ha convocato il Consiglio nazionale di difesa e sicurezza e ha annunciato lo stop a «tutti gli aiuti allo sviluppo e alle azioni di sostegno del bilancio». I francesi hanno alcune centinaia di militari in Niger che potrebbero intervenire come è successo in passato in altri Paesi africani come la Costa d’Avorio nel 2011. Il generale Tchiani ha più volte ribadito che le Forze armate locali non tollereranno alcun intervento militare straniero.

Anche l'Unione Europea (Ue) ha congelato la cooperazione oltre ad escludere il riconoscimento del nuovo governo del Paese nel quale stava investendo in progetti legati all’energia, alle infrastrutture e al settore minerario. Inoltre, da alcuni anni sono regolari gli addestramenti che i Paesi europei offrono all’esercito nigerino. «L’Unione Europea ribadisce i suoi chiarissimi appelli alla piena e completa restaurazione, senza indugio, dell'ordine costituzionale. Chiediamo l’urgente liberazione del presidente Bazoum e della sua famiglia», ha sottolineato Josep Borrell, alto rappresentante dell'Ue per la Politica estera. Gli occhi sono puntati adesso sulla mediazione dell'Ecowass, la Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale che oggi si riunisce ad Abuja, in Nigeria, per cercare di sciogliere il nodo Niger. (M.F.K.)


Il colpo di stato organizzato e attuato in Niger dai militari della guardia presidenziale è sintomatico del malessere che interessa la regione saheliana. In particolare, la destituzione del presidente Mohamed Bazoum mette in evidenza la debolezza di un sistema statuale attraverso il quale l’Unione Europea e in particolare la Francia intendevano salvaguardare i propri interessi geostrategici.

Ma andiamo per ordine. È ormai opinione diffusa che la scintilla della rivolta sia stata causata dall’intenzione di Bazoum di destituire il comandante della guardia presidenziale, il generale Omar Tchiani il quale si è poi autoproclamato capo della giunta golpista. Fonti della società civile, sulle quali è doveroso mantenere l’anonimato, ritengono che Tchiani fosse in contatto già da diverso tempo con mercenari russi della Wagner presenti nel vicino Mali.

Le stesse fonti riferiscono che sebbene siano state chiuse le frontiere terrestri e indetto un coprifuoco notturno dalle 22 di sera alle 5 del mattino, alcune colonne di mezzi militari provenienti dal Mali avrebbero passato in questi giorni la frontiera entrando in territorio nigerino. Non è dunque da sottovalutare quanto dichiarato dal capo supremo della Wagner, Evgenij Prigozhin, che ha formalmente offerto alla giunta militare i servizi dei suoi combattenti. Come se non bastasse, giovedì scorso centinaia di persone si sono radunate nella capitale del Niger, Niamey, cantando a sostegno della Wagner mentre sventolavano bandiere russe.

Il Niger, dunque, si sta trasformando in un rompicapo politico-diplomatico. Considerando che sia il Mali, come anche il Burkina Faso, hanno voltato le spalle ai francesi, ora il rischio per Parigi è quello di un fallimento totale, e dunque di una ritirata che minerebbe a lungo termine l’influenza francese sul Continente. È bene ricordare che in Niger vi è una presenza militare francese, quel che resta delle ormai defunte operazioni Barkhane, voluta da Parigi, e Takuba, delle forze speciali europee, dispiegate per contrastare il jihadismo che infesta la regione saheliana.

La Francia attualmente dispone in Niger di un contingente stimato attorno alle 1.200 unità militari, dotato di droni e aerei da combattimento, con il compito di supportare in funzione antiterroristica le forze lealiste nelle regioni di confine; anche l’Italia ha circa 300 soldati sul campo.

Finora l’Europa ha considerato il Niger un proprio baluardo contro l’estremismo islamico, ma anche come caposaldo per contrastare i flussi migratori dall’Africa subsahariana verso il Mediterraneo.

Per non parlare poi degli interessi tanto cari alla Francia, legati allo sfruttamento delle commodity presenti nel sottosuolo, uranio in primis (gestito dal monopolista francese Orano, la leggendaria ex Areva), seguito dal business aurifero. A tutto ciò occorre aggiungere il traffico della cocaina latinoamericana e quello dei migranti che intendono raggiungere l’Europa. I nigerini, per inciso, sono talmente poveri che non possono permettersi di lasciare il proprio Paese.

È evidente che Bruxelles ha l’obbligo di rivedere la sua politica africana, avviando un percorso innovativo che tenga conto della reciprocità degli interessi a partire dal sacrosanto rispetto dei diritti umani.

Anche perché andando avanti di questo passo, tra jihadisti, reti mafiose, golpisti e mercenari, non solo nel Sahel ma anche in altre parti dell’Africa potrebbe non esserci più spazio per affermare l’agognato cambiamento e soprattutto la cooperazione di chi dice qui da noi: «aiutiamoli a casa loro». (Giulio Albanese)

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