sabato 30 dicembre 2023
Gli irriducibili che restano negli abitati sotto attacco dell’esercito di Mosca che avanza. Due fratellini di 12 e 14 anni: «Le esplosioni? Non ci fanno più paura». Gli aiuti dell’Ordine di Malta
Nei villaggi lungo il fronte di Kupiansk. «Noi, sotto le bombe e senza cibo»
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«Fratelli, fratelli… E poi ci ammazzano». Zinaida Posturna Borisivna ripete la parola «fratelli» fino all’ossesso quando parla dei russi. E forse non potrebbe essere altrimenti per lei che vive a Moskovka. Più che un villaggio, una manciata di case nell’estremo oriente dell’Ucraina dove la via principale si chiama “Primo maggio”, data simbolo del mondo sovietico e festa nazionale del lavoro a Mosca; o dove la strada in cui lei vive prende il nome da Belgorod, la città appena oltre la frontiera russa da cui partono i missili verso la regione dove l’energica donna di 68 anni abita: quella di Kharkiv.

Zinaida Posturna Borisivna, 68 anni, che ha scelto di restare nel villaggio di Moskovka lungo la linea del fronte a Kupiansk

Zinaida Posturna Borisivna, 68 anni, che ha scelto di restare nel villaggio di Moskovka lungo la linea del fronte a Kupiansk - Gambassi

«Ci vogliono riannettere», aggiunge Zinaida. Ben consapevole che i fratelli russi l’hanno tradita. Vicini ingombranti non tanto perché il confine è a meno di cinquanta chilometri, quanto perché l’esercito di Vladimir Putin è a meno di cinque chilometri, al di là delle colline che sono al tempo stesso la difesa e la sciagura della sua terra: quelle che la proteggono e quelle che nascondono il nemico. Le stesse che circondano il distretto di Kupiansk dove si combatte una delle più feroci battaglie degli ultimi mesi. Un angolo al crocevia fra tre regioni ucraine, Kharkiv, Donetsk e Lugansk, che il Cremlino intende conquistare a ogni costo. Infatti lo considera strategico per collegare la Russia con i territori occupati del Donbass e tentare l’assalto verso il cuore dell’oblast di Kharkiv dove le truppe russe erano state costrette a ritirarsi per la controffensiva di Kiev nell’autunno 2022.

La distruzione lungo le strade di Kupiansk nell'ultimo lembo della regione di Kharkiv

La distruzione lungo le strade di Kupiansk nell'ultimo lembo della regione di Kharkiv - Gambassi

Un anno fa erano tempi di nuove speranze per la gente del posto, dopo sei mesi in mano russa che anche Kupiansk aveva vissuto ma che avevano lasciato in eredità metà della cittadina devastata. Ora sembra che le lancette della storia siano tornate al periodo nero dell’inizio della guerra. Con i battaglioni di Mosca che «avanzano», ammettono gli stessi dispacci ufficiali ucraini. E che da giorni si accaniscono contro i villaggi intorno a Kupiansk per lanciare l’offensiva finale verso il capoluogo. «Sì, c’è il terrore che tornino - confida Zinaida -. È stato tremendo quando erano qui, durante l’occupazione. Hanno ucciso in piazza, distrutto le case con i carri armati, rubato tutto. Sappiamo che si stanno avvicinando. Ma, paura o non paura di quello che possa accadere, noi restiamo».

Gli irriducibili del villaggio di Moskovka lungo la linea del fronte a Kupiansk. Dietro le colline il campo di battaglia fra esercito ucraino e russo

Gli irriducibili del villaggio di Moskovka lungo la linea del fronte a Kupiansk. Dietro le colline il campo di battaglia fra esercito ucraino e russo - Gambassi

Perché lei è una delle irriducibili del suo villaggio e di quelli a ridosso del fronte. In 299 hanno deciso di non lasciare Moskovka nonostante gli incessanti appelli delle autorità locali a evacuare. E hanno scelto di resistere ai bombardamenti senza sosta, ai colpi d’artiglieria che si susseguono a distanza di pochi secondi l’uno dall’altro, all’incubo del grande agguato russo. Li ha censiti uno per uno il gruppo regionale dell’Ordine di Malta. «Vogliamo che a nessuna famiglia manchi il necessario per sopravvivere», spiega la referente Iryna Rofe-Beketova.

Iryna Rofe-Beketova (a sinistra), referente dell'Ordine di Malta, con gli abitanti del villaggio di Moskovka mentre vengono distribuiti gli aiuti umanitari

Iryna Rofe-Beketova (a sinistra), referente dell'Ordine di Malta, con gli abitanti del villaggio di Moskovka mentre vengono distribuiti gli aiuti umanitari - Gambassi

Ogni settimana parte da Kharkiv a fianco dell’autista di un camion carico di aiuti e arriva a Kupiansk. «In particolare raggiungiamo i piccoli abitati lungo la linea di combattimento che sono più in pericolo e dove la gente ha bisogno di tutto: dagli alimenti ai vestiti, da una coperta ai generatori elettrici». Settanta saranno i mini gruppi elettrogeni che verranno consegnati nei giorni delle feste in due agglomerati rimasti senza corrente per gli attacchi russi alle reti energetiche.

I fratelli Zahar ed Egor Verhoplavetskiy, di 14 e 12 anni, che vivono nel villaggio di Moskovka lungo la linea del fronte a Kupiansk

I fratelli Zahar ed Egor Verhoplavetskiy, di 14 e 12 anni, che vivono nel villaggio di Moskovka lungo la linea del fronte a Kupiansk - Gambassi

«Anche a Moskovka la luce va e viene. Lo stesso succede con Internet e il telefono», raccontano Zahar ed Egor Verhoplavetskiy. Sono fratelli. Hanno 14 e 12 anni. Anche loro fra gli ultimi, tenaci abitanti a due passi dalle trincee. Più per volontà dei genitori che propria. Cappelli di lana in testa, zoccoli ai piedi per camminare fra il fango e la neve dell’inverno, si presentano a ricevere il pacco di viveri con la croce a otto punte del millenario ordine religioso cattolico da portare nella loro colonica affacciata sui campi. Nel sorriso accennato c’è ben poco della vitalità che due ragazzini dovrebbe esprimere. Così come nello sguardo offuscato. «Abbiamo un paio di amici ancora qui - sussurrano -. Il resto è fuggito. Molti di loro non li vediamo da più di un anno e mezzo. Li sentiamo al massimo via cellulare». Unico collegamento con il mondo “ordinario” che non è un campo di combattimento come il loro. «Ma spesso la connessione salta. E non possiamo neppure seguire le lezioni online. A casa è tutto così precario». Sembra il riferimento alla loro vita. Il telefonino, l’orto, le esplosioni: ecco le giornate dei due fratelli, secondo quanto riferiscono. «Se abbiamo paura? Ormai siamo abituati ai botti». E andarsene? «No, restiamo. Qui abbiamo la nostra casa».

Gli ultimi abitanti del villaggio di Moskovka lungo la linea del fronte a Kupiansk che portano a casa gli aiuti umanitari

Gli ultimi abitanti del villaggio di Moskovka lungo la linea del fronte a Kupiansk che portano a casa gli aiuti umanitari - Gambassi

Già, la casa. La prima ragione per cui si sfida la sorte e l’esercito di Mosca. «Quella in cui sto l’hanno costruita mio nonno e mio padre settant’anni fa - spiega Zinaida -. Dove potrei trasferirmi?». Ma c’è anche altro dietro l’opzione temeraria di non sfollare. «Ho mio marito paralizzato a letto. Quale altra possibilità ho? Però mia figlia è scappata. Sta in Germania. Mi manda le foto del nipotino in prima elementare che, dice, sa già il tedesco…». Un fragore che rimbalza oltre l’altura la ferma un attimo. L’eco sinistra degli scontri. «Siamo più preoccupati quando non sentiamo il rumore della battaglia. Significa che i russi stanno preparando qualcosa. Ormai l’esperienza insegna».

La distruzione lungo le strade di Kupiansk, la cittadina dell'est dell'Ucraina dove si combatte uno delle più feroci battaglie

La distruzione lungo le strade di Kupiansk, la cittadina dell'est dell'Ucraina dove si combatte uno delle più feroci battaglie - Gambassi

Nelle ultime ventiquattro ore sono stati «660 i colpi di artiglieria» lungo la direttrice di settanta chilometri che unisce Kupiansk a Lyman, nella parte libera della regione di Donetsk, rende noto il portavoce del comando ucraino delle forze di terra, Volodymyr Fityo. E giorno dopo giorno riafferma che le truppe non cedono. «Abbiamo respinto diciassette incursioni», scrive nel comunicato di ieri. A quale prezzo non è dato saperlo. È possibile solo intuirlo dalla disputa di cifre fra Kiev e Mosca sulla campagna di Kupiansk. «Durante la giornata le forze armate ucraine hanno perso fino a 70 militari», dichiarano i vertici del Cremlino. «Abbiamo eliminato 248 occupanti e ne abbiamo catturati quattro», risponde l’esercito ucraino. Certo, avverte il capo dell’amministrazione regionale di Kharkiv, Oleg Sinegubov, «la zona grigia aumenta», la terra di nessuno, contesa e insanguinata.

La distruzione lungo le strade di Kupiansk, la cittadina dell'est dell'Ucraina dove si combatte uno delle più feroci battaglie

La distruzione lungo le strade di Kupiansk, la cittadina dell'est dell'Ucraina dove si combatte uno delle più feroci battaglie - Gambassi

​La deadline che i generali di Kiev si sono dati è il fiume Oskil che taglia in due Kupiansk e oltre cui sono asserragliati i soldati di Putin. Rimane sotto il controllo ucraino ma senza alcun ponte: tutti abbattuti da Mosca. Inna si fa ogni giorno un’ora e mezzo di strada a piedi sotto la pioggia di fuoco per passare dall’altra parte. «Uso l’unico attraversamento che i nostri militari hanno ricreato», sottolinea. Vive nella riva sinistra, quella più distrutta e a rischio. Con l’amico Oleksiy, è l’anima dell’hub umanitario di Kupiansk ospitato fra le case e le fabbriche ridotte in macerie. Al pari del 98% degli edifici della cittadina. All’Ordine di Malta si deve l’apertura del primo presidio di aiuti dopo la liberazione. «Ma assistiamo la popolazione di quest’area fin dal 2014 quando è scoppiata la guerra del Donbass», osserva Iryna.

Inna e Oleksiy che animano l'hub umanitario di Kupiansk sotto le bombe

Inna e Oleksiy che animano l'hub umanitario di Kupiansk sotto le bombe - Gambassi

Non c’è elettricità, non c’è acqua corrente, non c’è gas dove rimangono Inna e Oleksiy, 47 anni lei, 48 lui. «La mia casa non ha più i vetri alle finestre per un missile piombato a cinquanta metri», riferisce la ex ingegnere senza più lavoro. Il condominio di Oleksiy è stato trafitto da un colpo di mortaio: ci stavano 216 famiglie; ora sono in 15. Ed è lo specchio dell’intero distretto: 130mila persone prima dell’invasione; al massimo 10mila oggi fra il capoluogo e gli abitati nei dintorni, anche se nessuno è in grado di fornire numeri esatti. «È sempre più dura - sostiene Oleksiy che ha perso la sua azienda alimentare -. Ogni tanto penso di lasciarmi tutto alle spalle. Poi vedo i volti della gente quando portiamo il cibo che non hanno. Ti abbracciano e ti ringraziano. “Prego Dio per te”, mi ha detto un’anziana. Finché ci sarà qualcuno, io non mi muovo».

Gli abitanti del villaggio di Moskovka con gli aiuti umanitari portati dall'Ordine di Malta

Gli abitanti del villaggio di Moskovka con gli aiuti umanitari portati dall'Ordine di Malta - Gambassi

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