martedì 26 aprile 2022
I versi sfidano la censura e la violenza. Ora sono raccolti su un sito ucraino
Particolare della home page de "La poesia dei liberi"

Particolare della home page de "La poesia dei liberi" - warpoetry.mkip.gov.ua/

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«Non si può chiedere a un barometro che cambi il tempo. Eppure il barometro è il barometro e il poeta è il poeta». Yuri Andrujovich cita sempre il drammaturgo polacco Zbigniew Herbert quando gli ricordano che i versi non possono fermare una guerra, non possono impedire a un uomo di ucciderne un altro. Per questo, Il compositore ucraino, nato a Ivano-Franco nel 1960, continua a scrivere con la stessa smania dei 16 anni quando, sulle rive del Mar Nero, scoprì la parola poetica. Non è il solo. La tragedia del conflitto ha suscitato l’urgenza negli autori del Paese di raccontare il presente. E di condividere quanto narrato.

Nei primi tempi dell’invasione, lo hanno fatto soprattutto sui social. Dal 20 marzo, il ministero della Cultura di Kiev ha creato un’apposita pagina Web – «La poesia dei liberi» (CLICCA QUI e usa il traduttore) – dove poeti noti e meno noti sono invitati a pubblicare le loro «opere sulla guerra». «La poesia è un’arma che inspira coloro che detengono le armi della verità», si legge nella pagina principale del portale che sta riscuotendo un notevole successo. Poco più in basso il link per caricare i propri versi.

Finora oltre sedicimila persone lo hanno fatto. Come Anton Ovchinnikov, autore del popolarissimo “Affitto un appartamento”: «Affittare un appartamento/ una stanza/urgentemente/. Per un giorno, una settimana, un mese o un anno/posso pagare?/ Non lo so per certo.../ nessuno sa cos’altro accadrà/ arriveremo domani». O Lyuba Yakimchuk, giovanissima artista la cui famiglia ha dovuto lasciare il Donbass occupato e rifugiarsi a Kiev, che pure afferma: «Non c’è poesia sulla guerra, solo decomposizione». O, ancora, Maria Soltis-Smirnova, scrittrice di libri per l’infanzia, che per la prima volta ha deciso di cimentarsi nei versi e di cui il sito pubblica "Il sesto giorno». Un fenomeno analogo si sta verificando dall’altro lato della frontiera, fra gli intellettuali schierati contro l’offensiva di Vladimir Putin.

Poeti e scrittori compongono freneticamente e i loro versi circolano almeno per qualche ora, nei gruppi social chiusi – primo fra tutti il popolare “VKontakte” –, fino a quando la censura non li elimina con un colpo di spugna. Alina Trubitzna è riuscita a salvare dall’oblio del regime il suo “La mia amica può andarsene” pubblicandolo su Novaya gazeta. Come la famosa Tatiana Volkskaya, la cui collezione di opere anti-guerra sono la colonna sonora di Radio Liberty, l’emittente americana che trasmette in russo in onde medie (dalla Lituania) e corte. Certo, gli autori scomodi rischiano parecchio. Non solo i loro profili vengono bloccati.
Qualcuno viene anche processato e condannato. È’ accaduto a Oleksandr Byvshev, «colpevole di incitamento all’odio» e punito con 330 ore di lavoro obbligatorio per avere postato su VKontakte il componimento “Per l’indipendenza dell’Ucraina”.

L’unica a restare muta, sopraffatta dall’orrore di un conflitto che la propaganda non riesce a coprire, è la cultura ufficiale di Mosca. Proprio come accaduto alle pagine aperte nel 2014 per celebrare l’occupazione della Crimea, le poche create dopo il 24 febbraio restano semi-vuote e in pochi le consultano.
Tra le poche eccezioni, la rock-band putiniana Shaman che ha ottenuto quasi 300mila “like” su YouTube con un brano in cui incita i russi a morire in nome degli eroi e delle glorie passate, di cui il mondo ora vorrebbe privarli.





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