mercoledì 17 agosto 2022
È da giugno che si parla di controffensiva imminente, eppure il fronte di Kherson non avanza. E Putin accusa gli Stati Uniti: «Vogliono solo dilatare i tempi del conflitto»
Esplosioni nel villaggio di Mayskoye in Crimea

Esplosioni nel villaggio di Mayskoye in Crimea - Reuters

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Si è aperto un nuovo fronte nella drammatica guerra d’Ucraina? Negli ultimi giorni, fra la testa di ponte di Kherson e la Crimea occupata, gli ucraini hanno sferrato quattro raid allarmanti per il Cremlino. Vladimir Putin ne accusa apertamente gli americani: Kiev starebbe alzando il tiro, ma lo farebbe solo su pressione di Washington, per dilatare i tempi della guerra e piegare Mosca al negoziato. I russi paiono in difficoltà. Stanno incassando colpi a ripetizione, a 250-300 chilometri di distanza dalla linea del fronte.

Quale la causa? Probabile un mix di nuovi missili, americani o indigeni, e di sabotatori, come confermano funzionari ucraini e fonti del ministero russo della Difesa. Gli uomini del battaglione Shaman sono specialisti in incursioni, guerra di guerriglia e sabotaggi. Hanno informatori e partigiani in tutta la Crimea. Il movimento cresce, ma non ha niente a che vedere con qualcosa di strutturato. Manca di mezzi a sufficienza. Forse la rete si sente ancora fragile. Teme un destino simile a quello dei partigiani ceceni di un tempo?

Per ora si limita a sferrare colpi di mano, ad uccidere i collaboratori dell’occupante, a distribuire manifesti propagandistici e a raccogliere intelligence. Ha contatti con lo Stato maggiore, capace di preservare i legami con parte dei territori occupati.

Sta di fatto che siamo di fronte a una guerra piratesca, condotta dietro le quinte. Si spiegherebbero così i raid del 9 agosto contro la base aerea di Saki e le esplosioni avvenute ieri mattina fra Danzkoi, Mayskoye e Sinferopoli, campi base russi in Crimea. All’alba del 16, i resistenti filo-Kiev avevano sabotato perfino una centrale di alimentazione ferroviaria regionale. Obiettivo: colpire la logistica russa, che dal ponte di Kerch continua a spedire mezzi e truppe verso la testa di ponte di Kherson.

Gli effetti sono però ridotti, perché la rete ferroviaria della penisola crimeana è a trazione elettrica solo in minima parte. Gli unici a risentirne sarebbero stati i semafori, che possono essere comandati anche manualmente. Nemmeno il raid contro la base di Saki sarebbe stato decisivo: ha lasciato indenne la pista per i decolli e gli atterraggi, incenerendo solo 8-10 velivoli, non impiegati dai russi nelle operazioni. Tutti i jet saranno presto rimpiazzati.

Ma il fronte non si capovolge senza manovre organiche, fanterie e risorse economiche ingenti. Gli ucraini ne fanno difetto. Ecco perché i bollettini quotidiani dell’intelligence britannico, sempre ricchi di dettagli sull’andamento del conflitto, sconfinano talvolta nella disinformazione.

È da giugno che Londra parla di controffensiva ucraina imminente, eppure il fronte di Kherson non avanza. La preparazione metodica della battaglia comincia ad assumere i contorni di un’ipotesi forse ottimistica.

E che dire della presunta inefficacia della flotta russa del Mar Nero, tenuta alla larga dal litorale per l’incubo dei missili antinave ucraini? La verità è che dal 16 luglio, termine della pausa operativa, i lanci di missili balistici e da crociera dell’Armata rossa si sono moltiplicati, dal mare, dall’aria e da terra.

La capacità inalterata di colpire da lontano la dice lunga sulle disponibilità materiali russe, sottostimate da molti analisti. Negli ultimi giorni, la pressione di Mosca è aumentata nel Donbass, a Kharkiv e nell’area di Kherson. Sarà un fuoco di paglia o è invece una strategia deliberata per disperdere le forze nemiche, sfilacciandole? Nessuno lo sa. I due belligeranti stanno celando bene le loro carte.

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