venerdì 18 aprile 2014
Ma all'indomani dell'intesa di Ginevra sul terreno prosegue lo scontro: i separatisti mantengono il controllo degli edifici occupati, Kiev non interrompe l'offensiva militare a Est.
Putin: «Spero di non dover usare la forza»
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L'intesa c’è, almeno sulla carta. Una intesa che, se sarà rispettata – a diffe­renza di quanto accade in quella del 22 febbraio (divenuta carta straccia in una paio d’ore) – po­trebbe disinnescare la più perico­losa crisi in Europa dalla fine del­la Guerra fredda. Perché ieri a Gi­nevra, in una maratona negoziale che ha visto riuniti i ministri degli Esteri di Russia, Ucraina, Usa più il loro omologo Ue, l’Alto rappre­sentante Catherine Ashton, è sta­to concordato un testo che racco­glie sia molte delle istanze di Mo­sca, sia di Kiev. «È stato un buon giorno di lavoro» ha detto in sera­ta il segretario di Stato americano John Kerry, anche se Barack Oba­ma ha poi parlato «solo di una chance d’intesa diplomatica».  Che le chance non fossero cattive – a dispetto del malumore degli u­craini, che non avrebbero voluto i russi al tavolo – si era capito fin dalla mattina da dichiarazioni del­lo stesso presidente russo Vladi­mir Putin, che definiva «molto im­portante » l’incontro pronostican­do una «reciproca intesa» tra Mo­sca e Kiev. Nella dichiarazione firmata da tut­te e quattro le parti, si parla di un accordo per «primi, concreti pas­si per una de-escalation delle ten­sioni e il ripristino della sicurezza per tutti i cittadini». Si afferma che «tutte le parti devono astenersi da qualsiasi violenza, intimidazione e azioni provocatorie». Soprattut­to ci si rivolge sia alle milizie ultranazionaliste ucraine, sia però anche ai rivoltosi filorussi dell’E­st, affermando che «tutti i gruppi armati devono essere disarmati, tutti gli edifici occupati illegal­mente devono essere restituiti ai legittimi proprietari, e tutte le stra­de, piazze e altri luoghi pubblici in città ucraine occupati illegalmen­te devono essere liberate». Si pro­mette l’amnistia per tutti i rivolto­si ad eccezioni di «quanti sono col­pevoli di gravi reati». Altro punto cruciale, alla missione dell’Osce, già varata, si attribuisce «un ruolo guida nell’assistere le autorità ucraine e le comunità locali nel­l’immediata attuazione di queste misure per la de-escalation». Usa, Ue, e Russia si impegnano a so­stenere la missione proprio osser­vatori. Infine, c’è l’impegno che il processo costituzionale sarà «in­clusivo, trasparente e responsabi­le » con un «ampio dialogo nazio­nale, che si estenderà a tutte le re­gioni ucraine». Un allusione al­l’offerta avanzata dal ministro de­gli Esteri ad interim di Kiev, Andrii Deshchytsia, di un pacchetto di misure per una maggiore autono­mia delle regioni. Non si è parlato invece delle truppe russe ammas­sate ai confini ucraini, mentre gli Occidentali hanno ribadito che l’annessione della Crimea, che, ha detto Kerry, «rimane una questio­ne aperta».Per Mosca è un ottimo risultato, significativamente, il primo ad an­nunciare l’accordo è stato proprio il ministro degli Esteri russo Sergeij Lavrov. Il quale ha ribadito anco­ra una volta che «non c’è nessun nostro desiderio di inviare truppe anche perché è contro i nostri stes­si interessi fondamentali». Il mi­nistro ha però duramente critica­to la nuova disposizione del go­verno di Kiev che chiude le fron­tiere ai maschi russi tra i 16 e i 60 anni, minacciando rappresaglie. Certo è che gli occidentali, ameri­cani in testa, sono apparsi pru­dentemente soddisfatti dall’inte­sa. «L’accordo non sarà realtà – ha avvertito Kerry – se i principi non saranno attuati». Il pensiero corre proprio all’accordo del 22 feb­braio, che prevedeva molti dei punti dell’intesa di ieri a Ginevra, tra cui proprio lo smantellamen­to delle milizie armate che non è mai avvenuto. E certamente la pressione su Mosca rimane, «se non vedremo progressi, ci saran­no  sanzioni addizionali con costi addizionali», ha avvertito Kerry.  In realtà per ora proprio lo spettro dell’aggravarsi delle sanzioni, e so­prattutto dell’introduzione di quelle che un po’ tutti temono – quelle economiche, la “fase tre” prevista dagli europei – per il mo­mento si allontana un po’. Soprat­tutto sul fronte europeo, che a questo punto, salvo un dramma­tico aggravamento della situazio­ne in Ucraina e l’effettivo ingresso di truppe di Mosca in Ucraina, dif­ficilmente vedrà il passaggio alla famosa “fase tre”.  Molto soddisfatto il ministro degli Esteri Federica Mogherini: l’ac­cordo, ha detto, «segna una svolta nella crisi ucraina, con l’inizio del­la  fase del dialogo. Si tratta non del­la conclusione bensì dell’inizio di un percorso in cui abbiamo forte­mente creduto e per cui abbiamo lavorato, ma che non era sconta­to ».  C’è solo da sperare che almeno questa volta il testo non diventi carta straccia in poche ore.
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