venerdì 17 febbraio 2023
Sterminata una famiglia di profughi siriani. Storie di vittime e di sopravvissuti al terremoto
Bare nuove ammucchiate in un cimitero vicino a Kahramanmaras in Turchia

Bare nuove ammucchiate in un cimitero vicino a Kahramanmaras in Turchia - Reuters

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Scappi, scappi, ma la povertà t'insegue. Non c'è stato scampo per una famiglia siriana di 7 persone sopravvissuta al terremoto ma non al rogo della baracca dov'erano ospitati. Altro che i resort costieri promessi dal presidente turco Erdogan. Per chi nasce povero, come i 5 bambini di quella famiglia, o diventa profugo, non certo per scelta, la vita è una corsa a ostacoli. E ogni inciampo può essere letale.

Siriani, ed è detto tutto. Dal 2011 una terra fertile e civile trasformata in un pantano di guerra. Profughi, vale a dire ospiti non invitati, ingombranti e invisibili. Terremotati, oltretutto. Genitori e 5 figli vivevano a Nurdagi, nella provincia turca sudorientale di Gaziantep. Il sisma ha tolto loro quel poco che avevano: un tetto. Sfollati, si erano spostati da parenti alla periferia della città di Konya. Dove periferia vuol dire alloggi non molto diversi da quelli dei peggiori campi profughi.

Fa freddo, nella Turchia continentale, a febbraio. C'è la neve. Nella piccola casa di fango era accesa una stufa come avviene nelle baraccopoli, anche di certo Sud Italia, abitate dai migranti. Attorno alle 3 della notte, l'incendio. I filmati trasmessi dall'agenzia Dha mostrano l'abitazione semidistrutta, in un campo innevato. Hanno perso la vita marito, moglie e i loro cinque figli di 13, 8, 6 e 4 anni, riferisce l'agenzia di stampa statale Anadolu. Altri cinque membri della famiglia sono rimasti feriti.

Stessa corsa a ostacoli per una profuga yemenita e per la bambina che ha partorito. A loro è andata bene, se per bene s'intende essere vive. Nel crollo dell'abitazione dove la famiglia viveva in Turchia, dopo essere fuggita all'inferno della guerra e della fame in Yemen, è morto il marito e padre.

Faten Al Yousifi, incinta di 39 settimane, riferisce la Bbc, era pronta al parto quando il terremoto ha provocato il collasso della sua casa a Malatya, poco dopo le 4 del 6 febbraio. Rimasta dieci ore sotto le macerie, è stata salvata da un amico e dai soccorritori. "Non credevo di essere ancora viva", ha raccontato. In ospedale i medici le hanno praticato un parto cesareo ed è nata Loujain, che in arabo significa "argento". Dopo tre giorni è stato recuperato il corpo del marito, Burhan Al Alimi, 29 anni, all'ultimo anno di Ingegneria chimica all'università Inonu di Malatya. "Avevamo immaginato una vita bellissima per nostra figlia", ha detto Faten. "Ma la volontà di Dio è al di sopra di tutto, ovunque. Nessuno sa dove sarà la fine".

Non è stata la fine per due uomini di 26 e 34 anni che, a undici giorni dal sisma, sono stati estratti vivi sotto le macerie di un ospedale ad Hatay, dopo 261 ore. Uno dei due aveva portato il figlio a ricoverarsi il giorno prima del terremoto. Né è stata la fine per un 12enne estratto vivo, dopo 260 ore, ad Antakya: è fuori pericolo. Né per una 27enne, sopravvissuta 258 ore sotto le macerie a Kahramanmaras. Né per una 17enne, tratta in salvo dopo 248 ore nella provincia di Adiyaman.

Intanto la conta dei morti prosegue, inesorabile e vertiginosa: sono almeno 38.044 in Turchia e 3.688 in Siria, per un totale di 41.732. Per ora.

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