mercoledì 25 luglio 2018
Il grado di approvazione medio dell'ultimo trimestre è al 42%, il più alto mai registrato da quando il tycoon è alla Casa Bianca. L'occupazione in aumento contribuisce in positivo
Il presidente Usa Donald Trump (Ansa)

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Gaffe, scandali sessuali veri o presunti, critiche sulla gestione dell’immigrazione, inchieste sulle elezioni. Nulla sembra scalfire la popolarità di Donald Trump, anzi. Dice uno studio Gallup che il grado di approvazione medio del tycoon registrato tra aprile e luglio è di quasi il 42 per cento. Il più alto mai registrato da quando “The Donald” è alla Casa Bianca. Un ulteriore passo in avanti di due punti percentuali rispetto al trimestre precedente.

Negli ultimi tre mesi infatti, la media valutata ogni settimana si aggirava sempre sul 40 per cento e a farla salire è stato il picco di popolarità del 45 per cento raggiunto da Trump a giugno durante lo storico incontro a Singapore con il leader della Corea del Nord, Kim Jong-un. Certo non c’è stato un ulteriore picco dopo un altro vertice cruciale, quello con il presidente russo Vladimir Putin a Helsinki. Ma se si considera che proprio dopo quel summit il presidente era stato investito da critiche pesanti in patria anche dai vertici del suo stesso partito repubblicano, che lo aveva giudicato troppo arrendevole con il leader del Cremlino, il risultato del sondaggio sorprende ancora di più. Trump, insomma, sembra più forte delle polemiche.

Lo studio di Gallup, basato su domande rivolte a 19.414 cittadini Usa, arriva tra l’altro dopo la pubblicazione di un altro sondaggio realizzato da Wall Street Journal/NBC News, secondo cui l'attuale grado di approvazione del presidente repubblicano è ancora più alto, del 45 per cento. E’ vero che questo dato è tra i più bassi tra quelli registrati per i presidenti Usa del più recente passato a questo punto del loro mandato, ma per Trump contano due fattori: mantenersi sempre sullo stesso livello nonostante scandali e attacchi e, soprattutto, il fatto di poter contare su un sostegno da parte degli elettori repubblicani addirittura all’88 per cento, un record per lo stesso tycoon.

Il suo zoccolo duro, insomma, Trump lo mantiene e anzi la sua retorica a colpi di tweet (e non solo) sembra strategicamente indirizzata proprio verso quell’elettorato. Fare la voce grossa con la Cina sui dazi o con l'Iran sul nucleare, parlare di Unione Europea come una "nemica" per via delle sue politiche commerciali, funziona. Ma sono soprattutto economia e tassi di occupazione in aumento a sostenere il gradimento popolare verso il presidente: la scorsa settimana le richieste di sussidi di disoccupazione hanno toccato i minimi dal 1969, calando a quota 207.000.

Trump continua invece a non essere amato dai media, che puntualmente rintuzzano i suoi passi falsi. Ma tutto ciò sembra non bastare. Si pensi alla scandalosa gestione delle separazioni dei bimbi migranti dai loro genitori al confine tra Messico e Stati Uniti. Mentre da tutto il mondo piovevano critiche sul capo della Casa Bianca per la sua “tolleranza zero”, un sondaggio Cnn tornava a rimarcare la polarizzazione dell’elettorato americano, con il 92 per cento dei democratici che disapprovavano il presidente e, viceversa, un consenso da parte dei repubblicani al 58 per cento. Trump sa come vincere, ha dimostrato di saperlo fare già nel 2016 al contrario di ogni previsione. Galvanizzare i suoi, in questo momento, è ancora più cruciale che presentarsi retoricamente come “il presidente di tutti”. In attesa che la crescita dell'economia continui a fare il resto.

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