sabato 13 agosto 2022
Tutto il distretto di Mykolaiv è stato riconquistato da Kiev tranne il comune più a Est
Un bombardamento sulla strada tra Mykolaiv e la regione di Kherson occupata dai russi in Ucraina

Un bombardamento sulla strada tra Mykolaiv e la regione di Kherson occupata dai russi in Ucraina - Collaboratori

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Bucha non è solo l’altro nome dell’inferno per civili inermi. Bucha è il metodo per dominare e addomesticare. Come a Snigurivka, dove vige la legge senza regole di Yuriy Barbashov, il comandante che decide chi a quest’ora dev’essere già morto. Ha fatto scavare almeno un centinaio di buche. Poi riempite. Un condannato alla volta. Per dare l’esempio, e non fare baccano.

Torture, uccisioni indiscriminate, fosse comuni, intimidazioni. Quelle che raccogliamo lungo le strade del sud sono le voci vicine di un tempo lontano: l’assedio, la fame, i ricatti per restare in vita. Ci arrivano con l’aiuto dei partigiani nascosti nei villaggi controllati da Mosca. Barbashov è un separatista, ma questa zona non è il Donbass. Eppure lui è qui per completare l’opera che i giovani carristi russi non erano riusciti a ultimare.

Tutto il distretto di Mykolaiv è stato riconquistato da Kiev. Meno Snigurivka, il comune più a Est della regione. C’erano quasi 14mila persone, prima dell’invasione. In trappola sono rimasti in 5mila. Alle loro spalle il distretto di Kherson, quasi interamente controllato dalle forze di occupazione. Di fronte, a pochi tornanti, l’esercito ucraino in attesa davanti a un bivio. Un crocevia vero, di asfalto strappato dai cingoli. Ma anche un dilemma: sfondare le linee russe, riconquistare la cittadina ma fare una carneficina anche tra i civili; oppure lavorare ai fianchi le postazioni nemiche e provare ad attirarle in una qualche trappola fuori dall’abitato. Sempre che Barbashov ci caschi.

Yuriy Barbashov, il comandante filorusso che spadroneggia nella città ancora in mano russa.

Yuriy Barbashov, il comandante filorusso che spadroneggia nella città ancora in mano russa. - Collaboratori

Non sarà facile spezzare l’assedio russo. Mosca tiene a quel mucchio di case più di una grossa città. Il generale Marcenko, comandante delle forze del Suda Odessa, è realista. La liberazione di Snigurivka non si otterrà dall’oggi al domani. «Lì c’è un incrocio strategicamente importante. Ecco perché i russi non se ne vanno – spiega –. Non possiamo condurre un’operazione con i corpi speciali in mezzo alle case». Non ci sono sotterranei, non ci sono bunker. Sarebbe un massacro. Resta solo una possibilità: costringere i russi a difendersi trascinandoli fuori. Ma ogni volta che l’esercito ucraino si avvicina, l’artiglieria di Mosca fornisce fuoco di copertura ai suoi. Anche ieri sulla traiettoria tra Mikolayv e Snigurivka il tiro degli obici è stato continuamente corretto in direzione dei combattenti di Kiev.

Sui cieli della regione sono tornati a farsi vedere i droni spia. Uno è stato abbattuto alle 13 su Odessa, poco dopo in tutto il Sud sono risuonate le sirene d’allarme, seguite da nuove esplosioni intorno a un vasto perimetro che disegna una mezza luna a protezione del distretto di Kherson. In mattinata è stato abbattuto anche il più piccolo dei quattro ponti verso i rifornimenti e le seconde linee posizionati in Crimea.

Qui intorno, le forze d’invasione non hanno costruito trincee né barricate nei dintorni. La prima linea russa è asserragliata nelle abitazioni. Se fosse necessario, potrebbe ricevere in fretta rinforzi attraverso le campagne piatte fino a Kherson. Ma per scoraggiare gli incursori di Kiev, con elicotteri e bombardieri hanno fatto paracadutare tutto intorno centinaia di mine, ora minacciosamente depositate tra i mesti girasole che al tramonto indicano la strada verso le terre che alla prima pioggia sembrano risaie abbandonate intorno a una città fantasma.

Una delle centinaia di mine russe lanciate con piccoli paracadute sul perimetro delle città occupate

Una delle centinaia di mine russe lanciate con piccoli paracadute sul perimetro delle città occupate - Collaboratori

Le linee telefoniche sono state tagliate. La telefonia mobile silenziata. Non è un caso che lo stesso Barbashov sia stato fotografato accanto a pacchi di ricetrasmittenti da distribuire ai suoi uomini. Eppure, con uno stratagemma che abbiamo verificato di persona, alcune comunicazioni arrivano all’esterno. Veniamo così a sapere di cadaveri fatti sparire, perfino gettando nelle fosse residenti tolti di mezzo dagli occupanti e soldati russi colpiti dai fucilieri ucraini. Un uomo, costretto ad assistere alle ricadute sui civili di quella che Mosca si ostina a chiamare “operazione speciale”, fa sapere che delle volte vengono interrati corpi agonizzanti. Forse per non sprecare altro piombo, oppure per sadica vendetta su un popolo che gli era stato preannunciato come in trepida attesa dei “liberatori” mandati dall’aspirante zar, e invece si è rivelato ostile e tenace contro qualsiasi cosa abbia a che fare con Vladimir Putin.

Alcuni abitanti prendono nota di chi giorno dopo giorno manca all’appello. Appena possibile la rete di comunicazione clandestina si mette in moto per far sapere all’esterno come stiano andando le cose. È così che gli sfollati vengono a sapere quando il nonno, la madre, il vicino di casa non ci sono più.

«Ci conosciamo tutti», racconta Mykyta, 23 anni e nessuna esperienza militare alle spalle. Il 23 febbraio sera dopo avere ascoltato il discorso di Putin si è messo in viaggio dalla Polonia verso casa sua. La laurea in economia informatica la prenderà più avanti. Intanto con un fucile in mano ha catturato una ventina di militari di Mosca spaventati più di lui: «Si sono arresi appena abbiamo cominciato sparare». I filmati che ci mostra non mentono. E non mente neanche quando dice di aver provato quasi pena per loro. «Quei ragazzi – ricorda – non sapevano neanche dove si trovassero. Nei mezzi blindati abbiamo trovato mappe stradali ucraine del 1982, ma da allora qui è tutto cambiato».

Anche per questo, dopo la prima ondata di giovanissima e inesperta carne da cannone mandata a misurare le difese ucraine, il Cremlino ha poi inviato i separatisti che dal 2014 non conoscono altro che la battaglia, e poi combattenti buriati e ceceni al fianco dei mezzi corazzati russi.

«Si muore per niente», racconta Mykyta, che trovato il modo per ricevere e trasmettere informazioni. «Puoi essere ucciso – aggiunge – per una risposta sbagliata o per non aver collaborato abbastanza». All’inizio la difesa territoriale pensava di riuscire a proteggere il villaggio. Diversi mezzi corazzati di Mosca hanno avuto problemi meccanici o sono rimasti senza carburante. «Avevamo catturato almeno una quarantina di soldati, altri sono scappati», spiega mostrando i video con i prigionieri in fila e i “partigiani” che non riescono a credere di averli circondati quasi senza sparare un colpo. Il meccanico del paese ci mise un paio di giorni a rimettere in sesto i bestioni d'acciaio, nel frattempo riverniciati con i colori di Kiev e subito consegnati all’esercito che ha potuto usare armi russe contro i russi.
Al successivo assalto, però, due terzi della popolazione era già in viaggio per i campi profughi e lo stato maggiore ucraino doveva difendere Kiev e mettere al sicuro Odessa. Come in ogni guerra i militari devono fare delle scelte, quando di mezzo c’è non la difesa di una provincia ma la minaccia di vedere conquistato un Paese grande il doppio dell’Italia.

Tra meno di un mese si svolgerà il referendum per l’annessione dei territori occupati. È stata scelta la data antioccidentale per eccellenza: 11 settembre. Nel 2001 era stata al-Qaeda a dichiarare guerra. Ora tocca di nuovo a Mosca. Per quella data le forze di invasione russa vogliono essere certe che la consultazione si svolga senza sorprese. Perciò il metodo Bucha viene replicato: foto, filmati, registrazioni audio, testimonianze di chi è riuscito a scappare raggiungendo le aree liberate dopo l’assedio, da Kherson come da Melitopol, confermano l’andazzo. I governatori temporanei installati dal Cremlino stanno mettendo in guardia la popolazione con i toni della minaccia e le parole del terrorismo psicologico. Per evitare di far uscire di casa troppe persone ed esporle al rischio di finire sotto attacco, saranno gli stessi militari a bussare alle porte degli elettori, chiedendo di esprimere la loro preferenza: pro o contro Mosca. A Snigurivka l’esito del voto appare scontato.

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