venerdì 10 gennaio 2014
La denuncia di don Mosè Zerai all'agenzia Redattore Sociale. "Anche se riuscissero a liberarsi, non saprebbero dove fuggire", a causa del muro che corre tra il deserto del Negev e Israele.
COMMENTA E CONDIVIDI
Ci sono tra i 200 e i 250 profughi ancora bloccati nel Sinai, nelle mani dei trafficanti di uomini beduini. Lo dice don Mosè Zerai, presidente di Habeshia,  genzia internazionale che si occupa dei profughi eritrei, etiopi e sudanesi che passano dalla penisola egiziana, all'agenzia Redattore Sociale. "Anche se riuscissero a liberarsi, non saprebbero dove fuggire" spiega don Zerai. Dal 2 gennaio dello scorso anno, corre un muro tra il deserto del Negev e Israele. Un muro che anche quando scavalcato non porta libertà: in Israele i profughi, a seguito di una legge voluta dal governo Netanyahu, finiscono in carcere, come immigrati irregolari. Per questo, dal 5 gennaio, i rifugiati eritrei e sudanesi che stanno in Israele manifestano per le strade di Tel Aviv. 150 di loro, finiti in carcere, da due giorni stanno facendo uno sciopero della fame, per tenere accese le luci sulla loro detenzione. In contemporanea con i cortei di piazza, c'è lo sciopero di circa 50 mila rifugiati che sono arrivati negli ultimi anni in Israele. Alcuni di loro, racconta don Zerai, hanno subito ritorsioni: a qualcuno è stata incendiata la casa o il negozio."Da quando esiste il muro e da quando c'è questa politica in Israele sono cambiate le rotte migratorie del Sinai - continua Zerai -. Israele è diventato irraggiungibile". Così i migranti che stanno in Sinai non hanno scelta se non consegnarsi alla polizia egiziana. Da lì si apre un nuovo capitolo della loro odissea, chiuso il periodo nelle mani dei beduini. Le forze dell'ordine egiziane incarcerano i migranti per immigrazione irregolare: "Non si sa quanto può durare la prigionia in Egitto", commenta Zerai. È solo allora che le agenzie internazionali cercano d'intervenire per riportare eritrei, etiopi e sudanesi nei campi profughi dell'Etiopia, gestiti dall'Unhcr. "E lì i migranti si fermano finchè non hanno abbastanza soldi per ripartire", ricorda Zerai.Il movimento "Freedom4Refugees in Israel", organizzatore della manifestazione in Israele, convoca per il 22 gennaio un sit in internazionale davanti alle ambasciate israeliane di tutto il mondo. "Speriamo che i gruppi internazionali riescano a fare pressione su Israele per forzarlo a garantire il diritto d'asilo. Confido che l'Europa possa far sentire la sua voce", commenta Zerai. (www.redattoresociale.it)
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: