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Le femministe di For Women Scotland dinanzi alla Corte Suprema - ANSA
ll pronunciamento della Corte Suprema britannica non lascia margini all’interpretazione: «La definizione legale di donna è riferita al sesso biologico». Giuridicamente, dunque, può definirsi femmina solo chi, geneticamente, lo è. La sentenza in 88 pagine emessa all’unanimità dai cinque giudici del più alto tribunale del Regno Unito pone fine a una controversia vecchia sette anni.
Nel 2018, il Parlamento di Edimburgo approvò una legge sulle “quote rosa” nei consigli pubblici che conteggiava i trans nella percentuale di donne da bilanciare agli uomini. Approccio in linea con il diritto ad autoproclamarsi maschio o femmina all’anagrafe alla base di un’altra legge scozzese, quella sul riconoscimento del genere, mai entrata in vigore perché approvata a Holyrood nel 2022 ma bloccata dal governo centrale quando, era il 2023, a Downing Street c’era il premier conservatore Rishi Suank.
L’organizzazione For Women Scotland ne si è battuta contro tutti gli slanci in odore di ideologia gender del governo locale sottolineando che ogni concessione alla lobby Lgbt mette a rischio i diritti delle donne che finiscono con il subire la gestione “viziata” di spazi e servizi pubblici organizzati in base al sesso come i reparti ospedalieri, le carceri, gli spogliatoi e i centri di accoglienza. Le femministe scozzesi hanno trascinato l’esecutivo locale in tribunale percorrendo tutti i gradi di giudizio senza mai incassare una sentenza favorevole. La loro ultima spiaggia era la Corte Suprema di Londra che, invece, gli ha dato ragione.
Il giudice Patrick Hodge ha sottolineato che il pronunciamento non deve essere interpretato come un «una vittoria di uno o più gruppi della nostra società a scapito di un altro». Precisazione che tradisce la forte polarizzazione innescata nell’opinione pubblica l’Oltremanica dai temi legati all’identità di genere. «Le persone transgender – ha puntualizzato a rassicurare il popolo Lgbt – continuano a godere di protezioni contro la discriminazione previste dall’Equality Act». Ma tant’è: «Il concetto di sesso è binario».
La portata della giudizio è enorme perché la Corte, chiamata ad esprimersi in modo definitivo, ha di fatto chiarito la corretta interpretazione di una legge, l’Equality Act del 2010, in vigore non solo oltre il Vallo di Adriano ma anche in Galles e Inghilterra. Ciò significa che porterà a un ripensamento, ovunque, delle politiche “gender friendly”.
La lettura del verdetto ha scatenato la festa tra le donne radunate in piazza dinanzi al tribunale e a Parliament Square, ai piedi della statua della suffragetta Millicent Fawcett. «Sono orgogliosa di voi», ha commentato sui social J.K. Rowling, l’autrice di “Harry Potter” da sempre contraria all’ideologia gender. «I diritti di donne e ragazze – ha aggiunto – sono ora protetti». Delusi, invece, gli attivisti arcobaleno che hanno bollato il verdetto come un «editto trumpiano».
Un portavoce del premier laburista Keir Starmer si è limitato a ricordare che il governo «ha sempre sostenuto la protezione degli spazi riservati a un solo sesso». C’è chi è pronto a scommettere che il primo ministro abbia tirato un respiro di sollievo: è meglio, questo è il ragionamento, che a fare chiarezza sulle scivolose politiche di genere, storico cavallo di battaglia della sinistra, siano stati i togati e non i suoi deputati.