mercoledì 24 novembre 2010
La tragedia consumata durante la Festa dell’Acqua. Nella spaventosa calca alcuni partecipanti sono caduti nel fiume Tonlè Sap e sono stati visti annegare, altri invece sono rimasti travolti oppure calpestati. Centinaia i feriti. Per il premier Hun Sen si tratta del maggior dramma nazionale dalla fine del regime dei Khmer Rossi.
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In meno di 24 ore è ulteriormente aumentato il bilancio delle vittime provocate dalla letale calca di lunedì a Phnom Penh, durante l'ultima giornata di celebrazioni per la Festa delle Acque: secondo il ministro per gli Affari sociali cambogiano, Ith Samheng, il numero dei morti accertati è salito infatti ad almeno 456."Dopo che ciascuna provincia del Paese ha presentato rapporto alla commissione d'inchiesta, il computo totale è di 456 morti", ha dichiarato il ministro. "Alcuni cadaveri erano stati portati a casa immediatamente, mentre alcuni feriti sono deceduti nelle loro abitazioni", ha aggiunto, per spiegare la lentezza nel tracciare un quadro definitivo della sciagura. Coloro che hanno riportato lesioni ammontano a diverse centinaia.Frattanto ha inasprito ancora di più le polemiche il rapporto preliminare della commissione governativa, al cui contenuto i mass media locali hanno dato ampio rilievo: nella relazione si sostiene infatti che a provocare la tragedia sarebbero state le pur normali oscillazioni del ponte pedonale che le vittime stavano attraversando; alcune tra esse si sarebbero spaventate e, gridando che il ponte era crollato, avrebbero scatenato il panico.Sono così rimasti senza risposta interrogativi ben più rilevanti: dal perché fosse stata ammessa una folla così numerosa in uno spazio tanto angusto alla mancanza di un servizio d'ordine, fino al presunto uso degli idranti da parte della polizia per sgomberare la struttura sovraccarica. Sotto accusa dunque forze dell'ordine, autorità municipali responsabili dell'organizzazione delle celebrazioni, costruttori del ponte e lo stesso governo del premier Hun Sen, il quale non aveva esitato a definire l'eccidio il dramma peggiore vissuto dalla Cambogia dopo la fine del regime disangue dei Khmer Rossi, fra il 1975 e il '79. Gli osservatori ritengono comunque improbabile che l'accaduto possa innescare un periodo di instabilità politica nel Paese asiatico: il populismo del premier sembra infatti in grado di metterlo al riparo da contestazioni non meramente passeggere.
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