giovedì 20 maggio 2010
Il capo dell’Eliseo vuole che il Parlamento approvi il progetto di legge entro settembre. Previste pesanti multe per chi trasgredisce. L’opposizione socialista accusa: è solo una manovra elettorale.
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Avanti tutta in vista di un divieto assoluto in Francia del burqa e degli altri veli totali, anche a costo di laceranti bracci di ferro giuridici e politici ai vertici della Repubblica francese. Aprendo ieri il consiglio dei ministri in cui è stato presentato l’atteso progetto di legge sugli “abiti integrali”, il presidente Nicolas Sarkozy è sceso in campo con una dichiarazione solenne a favore della proibizione in tutti gli spazi pubblici, dunque anche in strada. I toni particolarmente gravi e i riferimenti storici altisonanti impiegati dal capo dell’Eliseo hanno indicato per la prima volta una strada imboccata ormai senza possibilità di ritorno. L’esecutivo s’impegna «in un cammino esigente, ma giusto», ha sostenuto Sarkozy, prima di ricordare che in Francia vige «una certa idea della dignità della persona, in particolare della dignità della donna» e che le tenute integrali «minacciano questi valori, per noi così fondamentali, così essenziali al contratto repubblicano». Il capo dell’Eliseo ha sottolineato che «la dignità non è divisibile» e inoltre che «la cittadinanza deve essere vissuta a volto scoperto». In ragione di questi principi, «non può esservi, in definitiva, altra soluzione che la proibizione in tutto lo spazio pubblico».  Non solo. Sarkozy si è mostrato pronto a impugnare la via referendaria, una procedura rarissima in Francia, per contrastare eventuali veti del Consiglio di Stato e persino del Consiglio costituzionale. Il primo dei due alti organismi ha già espresso in un paio di occasioni il suo scetticismo su un divieto totale. Ma Sarkozy, con un autentico colpo di scena, ha ricordato ieri che «fu proprio il Consiglio di Stato a esprimere riserve sull’elezione del presidente al suffragio universale diretto». Ma nel 1962, la soluzione referendaria impugnata dal Generale Charles De Gaulle, dopo il “sì” ottenuto dai francesi, esautorò di fatto la competenza degli alti organismi di controllo.    L’attuale esecutivo neogollista pare dunque ormai pronto a giocare il tutto per tutto per spronare il Parlamento ad approvare entro settembre il progetto di legge. Quest’ultimo è molto succinto, anche allo scopo di accelerare l’imminente vaglio di deputati e senatori. L’articolo 1 recita che «nessuno può, nello spazio pubblico, portare una tenuta destinata a dissimulare il volto». Delle eccezioni sono previste solo per particolari necessità mediche ed esigenze legali d’anonimato, o in contesti determinati come certe feste tradizionali e manifestazioni culturali. Per i trasgressori, sono previste ammende di 150 euro accompagnate da un eventuale «stage di educazione civica». Ma il testo intende punire soprattutto coloro che impongono le tenute integrali «in ragione del sesso». La pena prevista per chi esercita la coercizione verso le donne è di un anno di prigione accanto a 15mila euro di ammenda. Dopo la promulgazione della legge, il governo prevede un periodo «pedagogico» di 6 mesi durante il quale le sanzioni potranno non essere applicate. Ma nonostante quest’accortezza, le polemiche in corso nel Paese sono tornate ieri subito roventi. Fra i nodi più discussi, accanto alla costituzionalità della legge, anche la sua difficile applicabilità e i suoi presunti effetti perversi, come il rischio di stigmatizzare il mondo musulmano. L’opposizione, inoltre, accusa Sarkozy di essere spinto da una spregiudicatezza puramente elettorale in vista dell’ormai non lontana nuova corsa per l’Eliseo.
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