venerdì 3 febbraio 2012
Domani pomeriggio è in programma a Mosca la terza marcia, dopo quelle del 10 e 24 dicembre. Alta la tensione perché si teme il ripetersi degli incidenti. Stavolta il Comune ha vietato l’accesso al centro per «ragioni di sicurezza». Lì invece si svolgerà una contro-manifestazione organizzata dai gruppi fedeli al Governo.
Ma Vladimir sale nei sondaggi: è oltre il 50%
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​Il fronte del no torna in piazza. Per domani, un mese prima delle elezioni presidenziali che dovrebbero riportare al Cremlino Vladimir Putin (per ora ancora premier) l’opposizione russa si prepara ad una nuova grande dimostrazione per chiedere onestà e trasparenza nelle elezioni. Ricordiamo che analoghe manifestazioni di protesta si erano tenute il 10 e 24 dicembre dell’anno scorso, dopo che al voto parlamentare del 4 dicembre il partito del potere “Russia Unita”, guidato da Putin, aveva perduto la maggioranza assoluta alla Duma, scendendo sotto il 50 per cento, ma nello stesso tempo aveva commesso clamorosi brogli. Putin aveva promesso un dialogo con l’opposizione: la trattative sono continuate fino ad oggi, ma alla fine il premier ha deciso di organizzare, lo stesso 4 febbraio, una controdimostrazione di suoi sostenitori, nella zona della “Poklonnaja Gora”, dove si trova il monumento ai caduti delle seconda guerra mondiale. Ai giornalisti dei media controllati dal Cremlino è stato però ordinato di ignorare nei resoconti il partito “Russia Unita”, dalla quale egli intende sempre più distanziarsi.L’organizzazione della protesta del 4 febbraio si scontra ancora con molte difficoltà. Il comitato “Per elezioni oneste” ha fatto richiesta al comune di Mosca di autorizzare una marcia di protesta di almeno 50mila persone. La manifestazione dovrebbe durare dalla 14 alle 16 di domani, e poi alle 19 è previsto un comizio sulla piazza del Maneggio, di fianco al Cremlino. Tuttavia il vicesindaco di Mosca, Aleksandr Gorbenko, ha rifiutato di accettare l’itinerario proposto degli oppositori, dichiarando che il corteo lungo l’itinerario proposto non poteva essere approvato «per ragioni di sicurezza». In cambio le autorità hanno proposto di svolgere la manifestazione in periferia, nello stadio di Luznikì, sul viale Sakharov, o sul lungofiume Frunze. E si temono incidenti, come avvenuto subito dopo il voto di dicembre: imponente sarà il dispiegamento dei reparti anti-sommossa. Anche il patriarca di Mosca Kirill ha cercato di smorzare: dopo aver spezzato una lancia in favore della protesta, ieri, durante la liturgia nella cattedrale di Cristo Salvatore ha ricordato che «gli ortodossi non vanno a manifestare» e li ha invitati a «pregare». Adesso un nuovo stimolo alla dimostrazione di domani può essere dato dal fatto che il ventilato dialogo fra l’opposizione e il potere non ha avuto luogo. Pochi giorni fa Dmitrij Peskov, portavoce di Putin, ha dichiarato che il premier «non ha mai respinto la possibilità di confrontarsi con i rappresentanti di qualsiasi gruppo, tranne coloro che si trovano fuori dalla legge», cosa che lui stesso poco dopo ha confermato in un incontro con i direttori dei media russi. Per gruppi «fuori dalla legge» Putin sembra intendere i partiti «non registrati», come il “Parnas” (Partito della libertà popolare) di cui è presidente l’ex premier Mikhail Kasjanov, che è proprio una delle figure di punta dell’opposizione. Peskov ha affermato che dai rappresentanti dell’opposizione non è arrivato alcun appello a Putin con la richiesta di incontri, e nell’agenda del capo del governo per ora non è prevista alcuna trattativa con l’opposizione. «L’agenda, come vedete, è piuttosto piena», avrebbe detto Peskov. Dmitrij Oreshkin, uno dei fondatori della “Lega degli elettori”, un’organizzazione di partecipanti alla protesta, ha rilevato che l’organizzazione non può entrare in trattative con il potere, «non avendo ricevuto mandato da nessuno per intavolare delle trattative», aggiungendo che in ogni caso egli non rifiuterebbe un incontro con Putin. La disponibilità a un «serio e duro colloquio» con il premier e principale candidato alla presidenza della Russia era stata espressa in precedenza da scrittori di fama e critici del regime, come Dmitrij Bykov, e Grigorij Chkhartishvili, un georgiano che con lo pseudonimo “Boris Akunin” è popolarissimo come autore di una serie di gialli imperniati sulla figura del detective “Erast Fandorin”.Occorre rilevare che Aleksej Venediktov, direttore della radio Ekho Moskvy, una delle poche indipendenti e seguitissima dai moscoviti –  proprio colui che in un precedente incontro nella residenza estiva di Novo-Ogarjovo aveva suggerito a Putin l’idea di un dialogo con gli oppositori – aveva riferito di aver visto da parte di Putin stesso una disponibilità alle trattative e a svolgere elezioni oneste. Egli fece questa dichiarazione nonostante le osservazioni abbastanza dure del premier all’indirizzo della radio e dei medesimo Venediktov, giudicati troppo “liberali” e indipendenti nei giudizi.Allora, che cosa in realtà si oppone al dialogo? Lo si può dedurre solo dalle repliche delle parti. Putin, per esempio qualche giorno fa ha detto: «Dicono: noi vogliamo la discussione, ma il potere non ci ascolta. Noi li abbiamo invitati, ma loro non vengono. In me sorge la domanda: ma che cosa vogliono? Vogliono forse dire che non c’è discussione? O loro non vogliono discutere?» Ed ecco le parole dello scrittore Bykov: «Io sono stato invitato due volte, due anni fa, ed era il compleanno del premier. Non ero pronto a incontrarlo in un’atmosfera di auguri. Io non sono stato educato a dire parole spiacevoli ad una persona nel suo compleanno. E il recente invito alla consegna di un premio è un invito ad una manifestazione di protocollo e non il luogo per un dialogo. E poi non ci avrebbero neppure lasciato avvicinarci al premier». Lo scrittore si riferisce all’assegnazione dei premi governativi ai giornalisti nella “Giornata della Stampa” del 13 gennaio, alla quale Bykov, Akunin ed altri non vollero partecipare.
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