mercoledì 19 luglio 2017
Le denunce nel 2010, oggi il rapporto: dal 1945 al 1990 era come «una prigione». La diocesi risarcirà. In «67 subirono anche abusi sessuali». L'avvocato: «Georg Ratzinger chiuse gli occhi».
L'avvocato Ulrich Weber ieri mentre presenta il rapporto sul coro della cattedrale di Ratisbona (Ansa)

L'avvocato Ulrich Weber ieri mentre presenta il rapporto sul coro della cattedrale di Ratisbona (Ansa)

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Era un luogo di crescita, studio e musica per tanti bambini, membri del coro dei Regensburger Domspatzen, i Passeri del Duomo di Ratisbona. Ma per alcuni, troppi, si è trasformato in un «autentico inferno». La Germania è sotto choc per le conclusioni di un’inchiesta condotta su incarico della diocesi della città bavarese al confine austriaco, che ha fatto luce su una grave e tristissima vicenda di violenze contro almeno 547 bambini (500 casi di violenza fisica e 67 sessuale, la cifra è più alta delle vittime perché alcune di loro hanno subito entrambi gli abusi), a partire dal 1945, ma soprattutto negli anni Sessanta e Settanta, e con ultimi casi fino al 1992.

A presentare il rapporto, a 7 anni dalle prime grandi denunce di ex allievi, è stato l’avvocato incaricato dell’indagine, Ulrich Weber. Il quale ha precisato che la cifra presentata è quella dei casi «altamente plausibili», ma, ha aggiunto, la cifra reale potrebbe essere di almeno 700. «Le vittime – si legge nel rapporto – hanno descritto la scuola elementare in Etterzhausen e Pielenhöfen come “carcere”, “inferno”, “campo di concentramento”». Se la scuola elementare è stata la più colpita, violenze si verificavano anche nel ginnasio (che in Germania comincia dopo la scuola elementare e finisce alla maturità), soprattutto nelle prime classi, ma in misura inferiore. «La violenza fisica – recita il documento – era quotidiana, praticata nei modi più brutali a una vasta parte degli allievi», con anche violenze psicologiche (umiliazioni, isolamento, divieto di comunicare) e per banali ragioni come semplici violazioni di regole, rendimento insufficiente o per «moventi personali».

C’erano però anche motivazioni «istituzionali»: «l’intero sistema educativo – si legge – era indirizzato al successo del coro», e «il trio di violenza, paura e senso di impotenza doveva servire a spezzare la volontà degli allievi privandoli di personalità e individualità, in modo da raggiungere la massima disciplina e il massimo rendimento come base del successo». In molti casi le violenze hanno segnato le vittime per tutta la vita. La diocesi ha promesso risarcimenti tra i 5.000 e i 20.000 euro, al momento sono state avanzate 300 domande, 450.000 euro già versati.



Gli autori delle violenze sono almeno 49, di cui nove accusati anche di violenze sessuali (nessuno ormai perseguibile visto che i reati sono prescritti). Secondo il documento, «in molti casi i responsabili della violenza furono il direttore della scuola elementare e il suo vice, per decenni le persone determinanti della struttura». Imbarazzo ha creato il fatto che a capo del coro dei Domspatzen è stato, dal 1964 al 1993, Georg Ratzinger, il fratello oggi novantatreenne del Papa emerito Joseph Ratzinger. Weber l’ha chiamato in causa anche per aver partecipato alla «cultura del silenzio», per cui «praticamente tutti i responsabili (della struttura ndr) erano almeno in parte a corrente». In particolare a Georg Ratzinger, ha detto l’avvocato, «va rimproverato di aver guardato da un’altra parte e non esser intervenuto pur essendo al corrente» delle violenze fisiche. Anche se, precisa, «non vi sono indizi che fosse al corrente anche di violenze sessuali».

Il rapporto denuncia che «il periodo tra il 1945 e il 2010 è stato in massima parte segnato da indifferenza e disinteresse da parte dei responsabili dei Domspatzen» per i fatti di violenza, «le denunce delle vittime non sono state prese sul serio, né vi è stata una reazione». Le cose sono cambiate dopo una serie di denunce nel 2010, quando partì l’inchiesta della diocesi. Nel rapporto viene criticato il modo in cui il cardinale Gerhard Ludwig Müller, che era vescovo di Ratisbona nel 2010, ha gestito la vicenda subito dopo le prime denunce, criticando il fatto di non aver cercato il dialogo con le vittime.

La vera svolta è però arrivata nel 2015 con la nomina di un investigatore esterno, Weber. La speranza del legale, a questo punto, è «una pacificazione», oltre che lezioni da trarre. Con una conclusione, almeno questa, rassicurante: «Oggi – conclude il rapporto – l’istituzione dei Domspatzen ha corretto le lacune che avevano notevolmente agevolato le violenze. Gli allievi godono di una pedagogia moderna».

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