giovedì 22 settembre 2022
I media indipendenti: «Il Cremlino sta mentendo sulle cifre, sarà mobilitato un milione di riservisti» Scontro all’Onu. Lavrov: Ucraina nazista. Blinken: chi l’ha cominciata può finirla questa guerra
Putin arruola chi protesta

Ansa

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Arrestati e arruolati. Chi mercoledì sera è sceso in piazza a Mosca e San Pietroburgo per protestare contro la guerra in Ucraina, ed è arruolabile per età o salute, finirà diritto in prima linea al fronte. La notizia è stata indirettamente confermata dal portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov, per il quale consegnare la cartolina di arruolamento alle persone portate in commissariato dalla polizia «non è contro la legge».
La mobilitazione parziale è iniziata e se da una parte il presidente Putin non scherza, dall’altra cresce la resistenza e il disagio verso quello che viene visto come un vero e proprio punto di non ritorno, che potrebbe costare carissimo alla stabilità interna del Paese, dal punto di vista politico ed economico. Nella notte, infatti, sono ripresi gli attacchi agli uffici di reclutamento sul territorio nazionale, pratica iniziata già nei mesi scorsi, quando il governo aveva avviato una campagna di arruolamento volontario, ma che adesso si è spostata nelle grandi città. A Nizhny Novgorod, a 440 chilometri a nord di Mosca, è stata lanciata una molotov contro un centro di reclutamento. Stessa scena a Togliatti, a 1.000 chilometri a est di Mosca, dove è scoppiato anche un incendio e a San Pietroburgo, la città natale del presidente Putin.
Il Cremlino ha smentito la notizia, ma il numero delle persone da portare al fronte potrebbe essere ben superiore alle 300mila annunciate dal ministro della Difesa, Sergheij Shoigu. Il vero piano di Mosca, secondo il quotidiano “Novaya Gazeta”, potrebbe arrivare a un milione di persone: 500mila soldati richiamati entro dicembre e altri 500mila entro marzo. Se così fosse, significherebbe che la guerra è destinata a durare ancora diversi mesi. Quel che è certo, per gli esperti militari, è che 300mila uomini non basteranno certo a conquistare e a mettere in sicurezza il Donbass. Nonostante le sempre più evidenti difficoltà interne, la Russia continua a mantenere un tono assertivo. Il vice capo del Consiglio di sicurezza russo, nonché ex presidente della Repubblica, Dmitrij Medvedev, ha scritto sul suo canale Telegram che la Mosca è pronta a usare «qualsiasi arma, anche quelle strategiche nucleari, per difendere il proprio territorio».
Cresce anche la preoccupazione di chi vorrebbe lasciare il Paese, ma non riesce a farlo. La Finlandia ha dichiarato che il numero di russi che hanno passato il confine è aumentato in modo considerevole rispetto alla settimana scorsa, anche se la situazione è sotto controllo. Mossa a sorpresa di Berlino: ieri, dopo la notizia delle proteste contro la mobilitazione, alcuni ministri tedeschi hanno detto che la Germania è pronta ad accogliere i disertori russi. (M.Ott.)

L’incendio, che ogni giorno di più assume contorni inquietanti, non si spegne. Anzi le fiamme delle guerra irrompono anche nel Consiglio di sicurezza dell’Onu, chiamato a disinnescare una crisi dinanzi alla quale è da sempre condannato all’impotenza. Nessuno arretramento da parte dei principali “attori” coinvolti. Nessun passo indietro, come prevedibile, da Mosca che, con il ministro degli Esteri Sergeij Lavrov, ha accusato l’Ucraina di essere diventata «uno Stato nazista completamente totalitario» e l’Occidente di «essere parte in cause del conflitto» e di aver «coperto i crimini del regime di Kiev». Non ha abbassato i toni, il segretario di Stato Usa Antony Blinken che ha tacciato il presidente Putin «di continuare a fare a pezzi l’ordine internazionale», rigettando quindi la palla nel campo avversario: «Un uomo solo ha scelto di fare questa guerra, un uomo solo può mettervi fine», ha attaccato. Ha gettato altra benzina sul fuoco il ministro degli Esteri ucraino Dmyrto Kuleba per il quale «non c’è spazio per la neutralità in questa crisi».
Dopo gli strali del presidente ucraino Volodymyr Zelensky – che intervenendo con un video messaggio all’Assemblea generale dell’Onu aveva chiesto che Mosca venisse estromessa dal diritto di veto nel Consiglio di sicurezza e, al tempo stesso, l’istituzione di un “Tribunale speciale” che giudicasse «i crimini russi» – a parlare di «cessate il fuoco» e di «fine della guerra» è (per ora) solo la Cina che, per bocca del ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, ha chiesto che «i focolai di guerra si plachino al più presto»: «L’ampliamento della crisi non sono nell’interesse delle parti». Ieri, sempre a margine dell’Assemblea generale dell’Onu, si è svolto un incontro tra il segretario di Stato Vaticano, Pietro Parolin e il ministro degli Esteri russo Sergeij Lavrov. Lo ha riportato la portavoce del ministero russo, Maria Zakharova, che ha anche postato una foto della stretta di mano.
Ci sono, intanto, due “vincitori” nello scambio di prigionieri avvenuto tra Kiev e Mosca: il presidente turco Recep Tayyip Erdogan che continua ad accreditarsi come il principale “mediatore” della crisi, spalleggiato – in questa occasione – dall’Arabia Saudita. Erdogan ha ringraziato i presidenti di Russia e Ucraina «per aver permesso alla Turchia di mediare» nel rilascio dei 260 prigionieri ucraini (tra loro anche dieci stranieri: due americani e un cittadino a testa di Svezia, Marocco e Croazia e cinque britannici compreso Aiden Aislin che era stato condannato a morte in Donbass) in cambio del politico ucraino filorusso Viktor Medvedchuk e di altri 55 soldati russi. Secondo i vertici militari di Kiev molti dei soldati liberati presenterebbero «segni di tortura». Zelensky – che ha ringraziato il principe ereditario saudita, Mohammed bin Salman – ha poi fatto sapere che i 5 comandanti del battaglione Azov rilasciati «resteranno in condizioni confortevoli in Turchia fino alla fine della guerra e potranno vedere le loro famiglie».
Sul terreno l’esercito russo ha lanciato nove missili sulla città di Zaporizhzhia, che si trova a circa 50 chilometri dalla centrale nucleare, la più grande d’Europa. Secondo il governatore regionale Oleksandr Starukh sono stati colpiti un hotel e una centrale elettrica: almeno una persona è morta, ma ci sarebbero altri civili intrappolati. Secondo il direttore generale dell’Aiea, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica, Rafael Mariano Grossi, sarebbero in corso «negoziati veri» tra Kiev e Mosca per creare una zona di protezione attorno alla centrale nucleare. «Stiamo ingranando», ha detto Grossi, sottolineando come ci sia «l’impressione che le parti ritengano fondamentale» creare una zona di sicurezza attorno all’impianto.

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