giovedì 31 agosto 2023
L'arcivescovo di Mosca sulle parole di Francesco ai giovani russi: li ha invitati a essere artigiani di pace e seminatori di riconciliazione. La ricchezza del passato va posta al servizio del dialogo
L'arcivescovo di Mosca, monsignor Paolo Pezzi

L'arcivescovo di Mosca, monsignor Paolo Pezzi - Ansa

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Addolorato per le polemiche. Ma puntuale nel sottolineare l’importanza delle parole rivolte da papa Francesco ai ragazzi. L’arcivescovo di Mosca monsignor Paolo Pezzi, metropolita della Chiesa intitolata alla Madre di Dio, “rivive” idealmente il videocollegamento con cui il Pontefice lo scorso 25 agosto ha partecipato alla Giornata della gioventù russa che ha riunito a San Pietroburgo 400 tra ragazzi e ragazze. In particolare, spiega, sono stati fondamentali il richiamo al dialogo tra le generazioni e alla necessità di costruire ponti. Con gli altri. E con il proprio passato.

«Direi che i motivi che hanno reso “unico” questo incontro sono stati molteplici – osserva monsignor Pezzi –. Innanzitutto la presenza di una nuova generazione di giovani, che nella stragrande maggioranza partecipavano a un evento del genere per la prima volta. In secondo luogo la convergenza mondiale che di fatto ha impedito ai nostri ragazzi di partecipare alla Gmg di Lisbona, “creando” un certo senso di colpa e di inadeguatezza, non semplice da superare.

E poi lo “scoppio” dell’incontro con il Santo Padre: questi ragazzi hanno percepito da subito che quell’uomo così importante era lì per loro, e con loro. E ascoltava, interessato. Inoltre aveva preparato con cura qualcosa da dire proprio a loro, e questo ha superato il disagio di sentirlo parlare in spagnolo!

I ragazzi hanno ascoltato in silenzio, qualcuno più creativo ha fatto funzionare sul telefonino il traduttore automatico…poi il nostro vescovo ausiliare monsignor Nikolaj Dubinin ha trovato una traduzione italiana e così ha potuto dare una sintesi in russo dell’intervento. E il Papa lì ad aspettare, senza fretta… per poi rispondere alle domande: le ha prese sul serio, e ha dato risposte di respiro universale, per esempio sul valore della diplomazia, o sul rapporto tra diverse confessioni in famiglia».

Quello di San Pietroburgo, che si è concluso il 27 agosto è stato un evento che rinnova una tradizione avviata nel 2000. «Sì, è stato il 10° incontro dei giovani di tutta la Russia. I ragazzi avevano una esplosiva voglia di incontrarsi, di parlarsi». A loro il Papa ha chiesto di essere artigiani di pace e seminatori di riconciliazione. «Personalmente – spiega Pezzi – mi sono permesso di dire loro durante la Santa Messa conclusiva, che lo si diventa attraverso l’amicizia con Cristo e tra di loro, e prendendo sul serio la vita, che dà a ognuno una vocazione».

La politica e la stampa internazionale però si sono soffermate sulle parole aggiunte a braccio dal Papa. In particolare l’invito rivolto ai giovani a «non dimenticare» la loro identità. A custodire l’eredità «della grande Russia, dei santi, dei re, la grande Russia di Pietro il Grande, di Caterina II, quell’impero russo grande e colto, di tanta cultura, di tanta umanità».

Parole che una parte dei vertici ucraini ha letto come «propaganda imperialista» in appoggio al disegno egemone e ipernazionalista del presidente russo Putin. Dure soprattutto le reazioni dell’arcivescovo Sviatoslav Shevchuck, leader della Chiesa greco-cattolica e dell’ambasciatore ucraino presso la Santa Sede, Andrii Yurash.

raffreddare il clima, martedì scorso la precisazione del direttore della Sala Stampa della Santa Sede. Come si capisce dal contesto in cui si è tenuto il discorso – ha spiegato Matteo Bruni – «il Papa intendeva incoraggiare i giovani a conservare e a promuovere quanto di positivo c’è nella grande eredità culturale e spirituale russa, e certo non a esaltare logiche imperialistiche e personalità di governo, citate per indicare alcuni periodi storici di riferimento».

Durante la kermesse di San Pietroburgo nessuno ha avuto questi retro-pensieri – osserva monsignor Pezzi – e siamo rimasti molto addolorati per le reazioni. In ogni caso le parole del Papa e il contesto (non si deve estrapolare quello che ha detto alla fine dal suo splendido discorso) hanno voluto ispirare fiducia nei giovani in linea con quello che il Santo Padre ripete sempre, e che ha ribadito: il passato è la nostra ricchezza, la nostra identità. Ci permette di dialogare e costruire con chiunque, e occorre un dialogo tra le generazioni perché edificare ponti significa innanzitutto costruirli col proprio passato per guardare con speranza e apertura al futuro». In particolare il governo ucraino giudica stonato il riferimento a Pietro il grande cui Putin stesso si è paragonato. Pietro fu tra l’altro lo zar che condusse la campagna d’Azov contro i tatari di Crimea. «Pur comprendendo il disagio, mi sembra di poter umilmente dire che il Papa era assolutamente lontano da questo riferimento. E lo ripeto, a noi lì non è venuto in mente nulla di tutto ciò».

Anche il richiamo a Caterina II viene giudicato sbagliato da Kiev. Caterina ha completato l’opera di Pietro in Crimea e ha ispirato la spartizione della Polonia. «Sì, certo, ma Caterina II è anche quella che ha fatto fuori i monasteri, che aveva una vita che oggi un certo mondo giudicherebbe inammissibile, e un altro …addirittura profetica. Caterina ha creato l’arcidiocesi cattolica, a cui il Papa di allora dovette adeguarsi e riconoscerla, Caterina ha “salvato” i gesuiti… Ripeto quello che ho già detto: a noi lì interessavano la presenza e le parole del Papa, le abbiamo accolte e basta».

Quando parla di grande madre Russia il Papa si riferisce dunque alla sua grande tradizione culturale e religiosa. «Forse dovremmo ricordare che Cristo venendo sulla terra non ha scelto uomini perfetti per fare una società perfetta in cui non sarebbe potuto entrare nessuno. Cristo ha scelto dei poveretti, pieni di peccati, e a loro ha consegnato la Sua presenza nella storia. Questo scandalo permane. Cristo non ha condannato l’impero romano per le sue invasioni, Cristo… “ha fatto semplicemente il cristianesimo” come dice Péguy. Ogni tradizione, ogni epoca, sarà poi giudicata in base all’incremento di umanità che avrà saputo trasmettere alle future generazioni, come acutamente sostiene Guardini. Il Santo Padre, a mio parere, ha semplicemente affermato questo. E poi ha voluto ribadire ai giovani l’idea espressa a Lisbona: non coltivate la paura, siate imprenditori di speranza. Qualcosa al riguardo la propria tradizione lo dovrà pur dire».

Il discorso ai giovani russi avviene nei giorni di un grande impegno per la pace da parte del Papa e della Santa Sede. Un lavoro coraggioso che sta dando frutti, soprattutto sul profilo umanitario. «Sì, è vero, e i giovani sono in prima fila con le loro preghiere, con le loro offerte per la pace. Avremmo molto da imparare noi adulti».

Parlando ai ragazzi, sulla scia della Gmg di Lisbona, il Papa li ha invitati a sostituire le paure con i sogni. «Oggi più di tutto (è un mio parere personale) i giovani – conclude Pezzi – hanno paura di se stessi, e in questo senso il riferimento al rapporto generazionale e alla tradizione sono stati due punti veramente geniali toccati dal Santo Padre. E sognano “abbastanza” alla grande! In questo noi vogliamo accompagnarli. Ricordiamoci di quanto diceva santa Caterina a da Siena: “non accontentatevi delle piccole cose, Dio le vuole grandi. Se sarete quel che dovete essere, metterete fuoco in tutta Italia”».




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