venerdì 12 agosto 2011
Nella giornata delle minoranze voluta dal ministro ucciso il presidente ha riconosciuto: «Shahbaz Bhatti è un martire». Messe nelle chiese e incontri di preghiera.
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Non cittadini di “serie b” ma esponenti a tutti gli effetti della nazione pachistana. Fin dalla sua nascita. Il presidente Asif Ali Zardari ha voluto sottolineare, ieri, l’importanza delle minoranze religiose nella storia del Paese. E nella costruzione del presente. «Hanno dato un contributo fondamentale a forgiare la nazione – ha detto Zardari –. Hanno lottato e lavorato con noi e continuano a farlo. Per questo, lo Stato ha il dovere di proteggerli. Sono cittadini pachistani». Parole non scontate in un Paese dove la convivenza tra religioni è spesso difficile e le minoranze sono sottoposte a abusi, discriminazioni o violenze. Come il ministro delle Minoranze, il cattolico Shahbaz Bhatti, assassinato da un fondamentalista lo scorso 2 marzo. Era stato proprio Bhatti a battersi per l’istituzione di una “giornata delle minoranze”. In una data speciale: l’11 agosto, giorno che segna la nascita del Pakistan contemporaneo, con il discorso del “padre della patria”, Muhammad Ali Jinnah, di fronte al Parlamento costituente, in cui venne dichiarata pari dignità nei confronti di tutti i cittadini. E, così, ieri, il Pakistan ha celebrato la sua prima giornata delle minoranze senza il ministro Bhatti. Molte le iniziative: in tutte le chiese – in base all’invito della Conferenza episcopale pachistana – ci sono state Messe e veglie di preghiera per la pace nel Paese. Ogni comunità religiosa – protestanti, indù e sikh – hanno organizzato incontri dd hoc. Una delegazione – formata da rappresentati di ogni minoranza e guidata dal fratello di Bhatti, Paul – si è recata al Palazzo presidenziale. Qui il gruppo ha incontrato il leader Zardari e ha offerto simbolicamente ai parlamentari islamici l’“iftar”. Ovvero un grande ricevimento per la sospensione serale del digiuno nel mese di Ramadan. Un gesto di condivisione. Gli stessi ideali per cui si batteva, appunto, Bhatti e che gli sono costati la vita. Non a caso, Zardari ha voluto ricordare il ministro assassinato. «Mi chiedono chi abbia ucciso Bhatti. Io mi chiedo chi lo abbia separato da me. Era come un fratello – ha sottolineato – per me e per mia moglie Benazir Bhutto. E come Benazir è un martire». Un’affermazione, quest’ultima non da poco. Per mesi, una parte delle autorità aveva negato che Bhatti fosse stato ucciso a causa del suo impegno in difesa delle minoranze religiose. Si era parlato addirittura di una faida familiare. Ipotesi, poi, rivelatasi infondata. Ora è la massima carica dello Stato, il presidente islamico Zardari, a ribadire che il ministro è stato vittima del fanatismo religioso.
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