giovedì 15 dicembre 2022
Il centro Arsenal ha dimostrato che i documenti compromettenti erano stati introdotti nel pc del gesuita dalle stesse forze di sicurezza. Swamy, 84 anni e malato di Parkinson, è morto in cella
Padre Stan Swamy era in prima linea nella difesa degli Adivasi

Padre Stan Swamy era in prima linea nella difesa degli Adivasi

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Padre Stan Swamy è rimasto per 233 giorni nel carcere di Taloja di Mumbai - dove è morto il 5 luglio 2021 - in base a prove fabbricate. Il gesuita 84enne e attivista per i diritti umani l’ha sempre sostenuto. Ora, a confermare le sue affermazioni, è il prestigioso Arsenal Consulting, centro internazionale specializzato nelle analisi forensi digitali a cui la difesa ha affidato l’esame del computer del sacerdote. Al suo interno, la National investigation agency del Jarkhand, Stato dove viveva, aveva detto di avere trovato i documenti che collegavano padre Stan alla guerriglia marxista. Il punto è che erano state le stesse autorità a piazzari nell’hard disk per accusare di terrorismo il prete diventato troppo “scomodo” a causa della sua difesa della minoranza nativa Adivasi.

Arsenal consulting ha dimostrato che il pc è stato hackerato in più riprese. La prima nell’ottobre 2014, poi di nuovo nel giugno 2017 e, infine, due anni dopo. Il 5 giugno 2019, i pirati informatici hanno introdotto una cinquantina di files, tra cui quelli decisivi per incriminarlo. Il 12 giugno successivo, l’intelligence ha fatto irruzione a casa del religioso a Ranchi e ha prelevato l’apparecchio su cui si è basato l’intero caso. L’arresto è avvenuto l’8 ottobre. Nonostante i dubbi, espressi fin dall’inizio da esperti e attivisti per i diritti umani, padre Stan non è più tornato a Ranchi. A dispetto del Parkinson e l’età avanzata, è stato tenuto in cella nove mesi. Nemmeno gli evidenti sintomi del Covid hanno portato le autorità a rilasciarlo nonostante le ripetute richieste di libertà su cauzione.

La vicenda del sacerdote ha provocato un coro di critiche dal mondo, in primis da parte del Parlamento britannico e dagli Stati Uniti. Le Nazioni Unite hanno definito la morte del gesuita una macchia indelebile per i diritti umani in India. E quello di padre Stan, oltretutto, non è un caso isolato. Per la stessa ragione del religioso, sono finiti in carcere altri sedici noti attivisti per i diritti umani. Undici di loro sono tuttora reclusi, Gautam Navlaka è agli arresti domiciliari. “Noi gesuiti indiani, continuiamo a stare al fianco di quanti sono incarcerati ingiustamente a causa della difesa dei più poveri”, ha sottolineato padre Joseph Xavier, confratello di Stan e responsabile del suo comitato di difesa nel ringraziare Arsenal per avere ristabilito la verità.

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