venerdì 29 dicembre 2023
Carlos Áviles è stato fermato al termine di una riunione della curia. Poi è stato prelevato il parroco Héctor Treminio. Padre Pablo Villafranca, arrestato ieri e poi rilasciato, risulta scomparso
Il presidente Daniel Ortega

Il presidente Daniel Ortega - Reuters

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Prima, nella tarda serata di ieri, hanno catturato monsignor Carlos Áviles, vicario dell'arcidiocesi di Managua e collaboratore molto vicino al cardinale Leopoldo Brenes, all'uscita da una riunione della curia, nella zona di Las Sierritas della capitale. Poi, al termine della Messa, hanno prelevato padre Héctor Treminio, parroco di Santo Cristo de Esquipulas, situata vicino all'uscita per Masaya. Il giorno prima era toccato a padre Pablo Villafranca della chiesa di Nuestro Señor de Veracruz di Nindirí. Secondo fonti locali, il sacerdote sarebbe stato rilasciato ma al momento risulta scomparso. Tutti e tre i presbiteri erano vicini al vescovo Rolando Álvarez, da 513 nel carcere de La Modelo, dove sconta una condanna a 26 anni e quattro mesi per «tradimento della patria». E tutti e yre avevano espresso critiche nei confronti del regime di Daniel Ortega e della vice, nonché moglie, Rosario Murillo. Monsignor Áviles e padre Villafranca, inoltre, avevano partecipato al primo intento di dialogo nazionale tra governo e opposizione civile nella tarda primavera del 2018. Una trattativa, a cui la Chiesa aveva cercato di collaborare, per risolvere la crisi esplosa nell'aprile di quell'anno con manifestazioni di massa per chiedere le dimissioni di Ortega, al potere dal 2007 e determinato a restarci.

Purtroppo, il negoziato è fallito per l'intransigenza dell'esecutivo. Il movimento civico di protesta è stato represso nel sangue e, da allora, è iniziato il sistematico annientamento delle realtà indipendenti. Il "metodo Ortega-Murillo", l'hanno chiamato. Dopo aver silenziato media e organizzazioni civili, il regime si è concentrato sull'ultimo spazio di autonomia rimasto. La Chiesa, appunto. Con questi nuovi fermi, sale a otto il numero degli esponenti del clero imprigionati in Nicaragua nelle ultime settimane. Fra loro anche Isidoro del Carmen Mora, vescovo di Siuna, detenuto il 20 dicembre, il giorno dopo aver aver chiesto ai fedeli, durante l'omelia della Messa, di pregare per monsignor Álvarez. Ogni riferimento a quest'ultimo è stato proibito dal governo che teme l'influenza del vescovo, molto amato dai nicaraguensi per il suo coraggio profetico nella difesa dei diritti umani. Contro l'incarcerazione del vescovo Mora si è pronunciato anche l'Alto commissariato Onu per i diritti umani.

Tra l’aprile 2018 e l’agosto 2023, secondo l’ultimo studio della ricercatrice Martha Molina sono stati registrati 667 attacchi: da profanazioni a insulti ad aggressioni, sequestri, incarcerazioni arbitrarie. Ne sono stati vittima 214 persone, tra preti, vescovi e agenti di pastorale. Ottantatrè religiose di differenti ordini e congregazioni e 70 sacerdoti sono stati mandati in esilio. Gli ultimi dodici, detenuti con varie accuse, sono stati espulsi il 19 ottobre e mandati in Vaticano che ha accettato di accoglierli. I conti della Chiesa sono stati bloccati, quattro università e due istituti superiori sono stati confiscati, 15 emittenti e 11 progetti sociali sono stati chiusi. Lo scorso 18 maggio, Managua ha “congelato” le relazioni diplomatiche con la Santa Sede. Uno degli atti più clamorosi è stata, ad agosto, la revoca della personalità giuridica alla Compagnia di Gesù e l’esproprio della Università dei gesuiti José Simeón Cañas (Uca).

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