martedì 8 aprile 2014
​L'annuncio ufficiale di Mosca. Protagonista di una lunga catena di attacchi terroristici, l'emiro jihadista è stato protagonista delle guerre in Cecenia.
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Doku Umarov, l'emiro jihadista del Caucaso e nemico giurato della Russia di Vladimir Putin - la cui morte è stata annunciata ufficialmente oggi da Mosca - è stato il regista di una lunga catena di attacchi terroristici e azioni di guerriglia. L'inafferrabile primula rossa che per 20 anni ha sfidato il Cremlino a colpi di attentati e imboscate, insanguinando anche Mosca, era "diventato shahid" (martire), aveva riferito laconicamente il 18 marzo scorso il sito Kavkazcenter, voce ufficiosa della guerriglia islamica cecena e caucasica in generale, annunciando già allora la notizia della morte di Umarov. Kavkazcenter gli aveva reso omaggio attribuendo a Doku Abu Umarov l'appellativo di "comandante supremo" di quell'"Emirato del Caucaso" che egli stesso aveva proclamato dalla clandestinità. Dei suoi circa 40 anni di vita, 20 li aveva dedicati "alla guerra santa" (jihad). Ferito svariate volte, ma sempre resuscitato a dispetto delle voci che ne annunciavano la morte, negli ultimi anni aveva rivendicato tra gli altri - con video o comunicazioni via internet - l'organizzazione dell'attentato suicida che nel 2010 fece 37 morti nell'aeroporto moscovita di Domodedovo ed i due ultimi attacchi kamikaze perpetrati nella metropolitana della capitale russa (40 vittime in totale). Ceceno d'origine, barba fluente, padre di sei figli, Umarov si faceva un punto d'onore nelle biografie ufficiali d'aver partecipato alle due guerre russo-cecene degli anni Novanta e 2000, aderendo alla progressiva radicalizzazione islamica della rivolta fino a innalzarsi in vesti di tribuno del Jihad e punto di riferimento delle ultime roccaforti ribelli dopo la graduale normalizzazione imposta da Mosca e l'uccisione uno dopo l'altro dei capi storici della guerriglia: da Aslan Maskhadov a Shamil Basaiev. Obiettivo numero uno dell'intelligence russa e delle spietate forze di sicurezza locali di Ramzan Kadyrov, l'uomo messo dal Cremlino a capo della Cecenia, Umarov - su cui anche gli Usa avevano messo una taglia da cinque milioni di dollari - si era fatto sentire all'inizio di quest'anno, ammonendo di voler "impedire con tutti i mezzi" le olimpiadi invernali russe di Sochi: volute da Vladimir Putin a poca distanza dal Caucaso e conclusesi comunque al riparo da tutte le sue minacce. All'inizio di marzo il suo nome era tornato infine alla ribalta sullo sfondo della crisi in atto in Ucraina, quando il leader del gruppo paramilitare ultranazionalista ucraino Settore Destro, Dmitro Iarosh, si era rivolto proprio ai ribelli caucasici con un appello a unire le forze contro l'odiata Russia. E li aveva invitati a rilanciare i loro attacchi.
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