giovedì 14 luglio 2022
Le autorità hanno aperto un'inchiesta dopo che il campione olimpico ha raccontato alla Bbc che, a nove anni, una donna l'ha fatto entrare in Gran Bretagna con documenti falsi
Il campione olimpico Mo Farah

Il campione olimpico Mo Farah - Ansa

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Facendo marcia indietro rispetto alla decisione dei giorni scorsi di non indagare sul modo in cui il campione olimpico Mo Farah aveva ricevuto la cittadinanza, la polizia britannica ha annunciato, oggi, l'apertura di un'inchiesta.

Le autorità hanno deciso di intervenire dopo che la Bbc, l'emittente di stato, ha mandato in onda, ieri, un documentario dal titolo "The real Mo Farah", "Il vero Mo Farah", nel quale il mezzofondista, con i record migliori di tutti i tempi, quattro medaglie olimpiche e sei titoli mondiali, ha confessato di essere stato trafficato illegalmente nel Regno Unito, quando aveva appena 9 anni, per essere poi costretto a lavorare come domestico in una famiglia a Hounslow, a ovest di Londra.

Trentanove anni, originario della Somalia, il campione ha anche chiarito che il suo vero nome non è Mohamed Farah bensì Hussein Abdi Kahin, e che a scegliere la sua nuova identità sono state proprio le persone che lo hanno portato nel Regno Unito.

La polizia britannica ha pubblicato una dichiarazione nella quale spiega di essere "a conoscenza di notizie trapelate sui media riguardanti Sir Mo Farah. Al momento, non sono state fatte segnalazioni". Tuttavia "funzionari specializzati hanno aperto un'indagine e stanno attualmente valutando le informazioni disponibili".

Nel documentario, Farah ha espresso preoccupazione circa le sue dichiarazioni, spiegando di temere di perdere la cittadinanza britannica ottenuta nel 2000. Contattato dalla Bbc, il ministero dell'Interno di Londra ha però assicurato che non sarà intrapresa nessuna azione in questo senso "in quanto si presume che i bambini non siano complici quando la loro cittadinanza viene acquisita con l'inganno".

Mo Farah ha vinto le Olimpiadi di Londra nel 2012 e di Rio de Janeiro nel 2016 ed è il detentore del record mondiale dell'ora e del record europeo dei diecimila metri. Nel documentario mandato in onda dalla Bbc il campione racconta che la sua famiglia, che era originaria della regione separatista del Somaliland, in piena guerra civile, decise di mandarlo a Gibuti a vivere con alcuni conoscenti. Solo cinque anni prima Farah aveva perso il padre a causa del conflitto. Secondo il racconto dell'atleta, sarebbero state queste persone, dopo alcuni mesi, a portarlo nel Regno Unito con documenti falsi e la falsa promessa di raggiungere "alcuni parenti".

Solo di recente, dopo quasi trent'anni, Mo Farah ha potuto contattare la sua vera madre. Stando alla Bbc la donna ha detto che, nel momento in cui ha sentito la voce del figlio, "la gioia che ho provato mi ha fatto sentire quasi trasportata (fisicamente) da lui".

Nel Regno Unito il traffico di esseri umani è punito con una condanna fino a 18 anni di carcere. Il governo del premier uscente Boris Johnson ha anche operato una stretta all'arrivo di migranti irregolari tramite il canale della Manica, siglando, ad aprile scorso, un accordo con il Ruanda per trasferire a Kigali un numero imprecisato di immigrati di varie nazionalità.

Si tratta di un'intesa che ha attirato sulla ministra dell'Interno Priti Patel le critiche delle organizzazioni per i diritti umani e dell'Alto commissariato delle nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), per la violazione delle norme internazionali sul diritto d'asilo e la protezione umanitaria.

"Il Regno Unito ormai è il mio paese", ha dichiarato Farah, "se non fosse stato per il mio insegnante di educazione fisica Alan e per tutte le persone che mi hanno aiutato nel corso della mia adolescenza, probabilmente non avrei avuto il coraggio di parlare del modo in cui sono arrivato nel Regno Unito. Ci sono tante persone alle quali devo molto, a cominciare da mia moglie che è sempre stata al mio fianco e che mi ha dato la forza di raccontare la mia vera storia".

A seguito dell'intervista choc con la BBC Farah ha ricevuto attestati di stima e solidarietà da ogni angolo del pianeta. "Non pensavo che sarei riuscito a parlare in pubblico del mio passato. Facevo fatica anche in famiglia. Mi ci è voluto tanto tempo, ma ora sono felice di aver raccontato la mia vera storia", ha detto il campione.

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