sabato 27 novembre 2010
Ritrovate dalla polizia diverse missive, tutte scritte a mano: «Crociati, lasciate il Paese o verrete uccisi da noi». Intanto il governatore di Mosul conferma il via libera dell’esecutivo alle milizie di autodifesa: «Ogni famiglia cattolica potrà avere un’arma ma la loro sicurezza è un compito che riguarda l’intera società».
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Le forze di sicurezza irachene hanno arrestato i responsabili dell'attacco compiuto il 31 ottobre scorso contro una chiesa nel centro di Baghdad nel quale sono morti 44 fedeli e due sacerdoti. Lo ha annunciato oggi un responsabile del ministero dell'Interno iracheno.LE LETTERE MINATORIEDecine di famiglie cristiane residenti a Baghdad hanno ricevuto nei giorni scorsi lettere minatorie da parte dei terroristi islamici. Nelle missive le famiglie cristiane venivano minacciate di morte se non avessero deciso di lasciare subito l’Iraq. In particolare, a ricevere queste minacce sono stati i nuclei familiari che vivono nella zona di Baghdad denominata Camp Sara, abitata in buona parte dai cristiani. Già diverse famiglie sono partite per destinazioni ignote proprio per il timore di subire ritorsioni. La polizia ha ritrovato 7 lettere, tutte scritte a mano, recapitate anche a famiglie cristiane dei quartieri di “Baghdad al-Jadid” e di “al-Amin”. Secondo una fonte «le missive erano scritte su un foglio bianco simile a quello usato dai medici» e i terroristi di al-Qaeda hanno scritto: «O crociati, lasciate subito l’Iraq o verrete uccisi da noi». a notizia è stata confermata anche da Abdullah al-Nawafili, uno dei leader della comunità cristiana di Baghdad, secondo il quale «minacce di questo genere sono arrivate da diversi giorni per spingerci a lasciare il Paese». Le forze di sicurezza irachene tendono però a minimizzare l’accaduto, sostenendo che dietro questi episodi «non ci sono gruppi armati organizzati». Eppure queste nuove minacce giungono a poco meno di un mese dall’attentato alla chiesa di Nostra Signora del perpetuo soccorso e a una serie di attacchi compiuti contro le abitazioni dei cristiani di Baghdad. Attentati rivendicati da al-Qaeda che ha annunciato una caccia all’uomo contro i cristiani in Iraq e negli altri Paesi arabi. Intanto il governatore della zona di Ninve, di cui fa parte la città di Mosul, Athil al-Najafi, ha confermato ieri il via libera del governo alla proposta di concedere il porto d’armi a tutte le famiglie cristiane residenti nella provincia di Mosul. «In base all’accordo stipulato con il governo – ha spiegato – ogni famiglia cristiana avrà in dotazione delle armi per l’autodifesa in via ufficiale e nessun organo di polizia potrà sequestrarle, fermo restando che la difesa dei cristiani iracheni è compito della sicurezza e dell’intera società».DOMENICA A COLONIA LA MANIFESTAZIONE DEI GIOVANI ARAMAICIDi fronte al grande duomo cattolico di Colonia, e intenzionalmente domani, durante la prima domenica di Avvento, si svolgerà la manifestazione dell’Unione dei giovani aramaici (Jau) di Germania, intitolata «Stop al genocidio dei cristiani in Iraq: perché tacete?». Dopo la strage del 31 ottobre scorso da parte di estremisti islamici alla chiesa siro-cattolica Nostra Signora del perpetuo soccorso di Baghdad e i numerosi attentati dei giorni successivi, i giovani aramaici sottolineano che «l’onda della violenza contro i cristiani non è provocata da singoli o da organizzazioni terroristiche, piuttosto ha origine nel cuore stesso della società irachena». L’obiettivo «è il totale annientamento delle più antiche comunità cristiane del mondo e della loro cultura». Dopo le marce e le veglie di preghiera organizzate in varie città europee anche i cristiani residenti in Germania – dopo una prima veglia tenutasi ad Augsburg il 13 novembre – si mobilitano, chiedendo in particolare a politici, chiese e media di non ignorare le persecuzioni che subiscono quotidianamente i loro confratelli ancora presenti in Iraq. Un appello che arriva da una società, quella tedesca, nella quale i cristiani fuggiti dall’Iraq già ricevono un concreto sostegno dallo Stato e dove le stesse chiese si dimostrano sufficientemente solidali. Ma sono soprattutto le associazioni come la Jau, indipendenti anche dal punto di vista confessionale, ad essere attive nell’aiuto ai profughi. Secono Lukas Saliba, responsabile dell’Unione dei giovani aramaici, negli ultimi mesi non ci sono stati nuovi arrivi in Germania di cristiani in fuga dall’Iraq. Tuttavia negli ultimi anni sono stati circa 3000 quelli che hanno chiesto qui asilo politico e la maggior parte di loro vive a Essen e Augsburg. «I cristiani non vorrebbero in alcun modo lasciare la propria patria, tuttavia vengono costretti ad abbandonarla. È il terrore a costringerli, altrimenti il 90 % dei cristiani sarebbe favorevole all’autonomia, alla creazione di una zona di protezione». L’unico modo per garantire un futuro sarà se l’Unione Europea, gli USA e l’ONU s’impegneranno alacremente per trovare una soluzione e garantire la sicurezza della minoranza. Per quanto riguarda i cristiani iracheni che vivono in Germania sono sicuramente contenti di vivere in Europa, essendo scampati al terrore: «Per la maggior parte si tratta di profughi che hanno subito minacce in patria. Molti sono giovani, perché solitamente i terroristi se la prendono con le donne cristiane, fino ad ucciderle, ma anche con gli uomini giovani che uccidono, perché rappresentano la possibilità di dare vita a nuove generazioni: il chiaro segnale che si vuole estinguere il cristianesimo». Per questo motivo la maggior parte dei genitori, chiunque abbia un piccolo capitale fa di tutto per mandare all’estero, come profughi, i propri figli. Una comunità che inesorabilmente si sfalda e disperde nella diaspora. «La possibilità di aiutare dalla Germania chi è rimasto in Iraq è molto limitata – afferma Lukas Saliba –. Molto può fare invece l’Unione Europea. Per un singolo Stato è tutto più difficile. L’azione congiunta di più Stati può muoverne anche altri nell’aiuto da portare ai cristiani iracheni». Per questo l’appello alla mobilitazione: «Vogliano che si fermi il genocidio dei cristiani in Iraq. C’è troppo silenzio in Germania, tra i politici, gli ecclesiastici, i media». Vito Punzi
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