martedì 31 marzo 2009
Il corteo in difesa della vita ha attraversato la capitale. Il governo tira dritto, ma anche tra i socialisti ci sono voci contrarie alla riforma dell'interruzione di gravidanza.
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Sarà difficile ignorare la voce del «no», dopo l’affollata manifestazione di do­menica a Madrid. L’opposizione alla riforma dell’aborto sta conquistando poco a poco nuovi spazi pubblici, rimuovendo le acque di un dibattito che non è affatto chiu­so. Lo ha dimostrato, domenica, il corteo in difesa della vita: secondo gli organizzatori, nella capitale spagnola sono scesi in piazza mezzo milione di persone. Né la delegazione del governo né la polizia hanno contrastato la cifra con altri dati. Per qualcuno erano solo poche migliaia. Ma al di là dei numeri, per il governo di José Luis Rodriguez Zapatero – che si appresta a va­rare una spinosissima riforma dell’aborto – sarà molto complicato bypassare un’ampia fetta della società spagnola che dice no al­l’aborto e si oppone energi­camente alla sua liberaliz­zazione. «Io sono stato un embrione»; «Non esiste il di­ritto ad uccidere, esiste il di­ritto di vivere»; «Se tua ma­dre avesse abortito, tu non staresti qui ora». Diretti, du­ri e crudi: i manifesti e gli striscioni che hanno ac­compagnato la manifesta­zione andavano al dunque, senza titubanze. Ma non è stato un corteo polemico. Piuttosto – come annunciato alla vigilia – è stata una festa familiare: musica, magliette e cappellini rossi, papà e soprattutto mam­me con bambini. E poi c’erano le ragazze: tante «chicas» di 16 o 17 anni, che a loro mo­do – cantando, ballando – hanno detto «no» ad una riforma che le riguarderebbe. Se­condo la proposta dei socialisti spagnoli, le sedicenni dovrebbero essere libere di inter­rompere una gravidanza senza la necessità del consenso paterno. Dal 1985 in Spagna si può abortire in tre ca­si: stupro, malformazione del feto e rischio fisico e psicologico per la madre: il 97% de­gli aborti si attengono al terzo criterio. Il go­verno di Zapatero sta elaborando un pro­getto di legge che renderà completamente «libero» l’aborto entro le prime 14 o 16 set­timane. La ragione ufficiale dell’esecutivo: la riforma è necessaria per dare protezione legale alle donne e ai medici. Sulle pagine del quotidiano Abc, il professore di diritto processuale Julio Banacloche ha spiegato che si tratta di «una grande menzogna», per­ché di fatto in Spagna le donne che aborti­scono non vanno mai in carcere. «La donna non è mai stata accusata penalmente», dice l’esperto. Il governo – in grave difficoltà a causa della crisi economica – sembra deciso ad andare avanti. Ieri il ministro dell’Uguaglianza Bi­biana Aido si è riunita con i rappresentanti delle cliniche abortiste, secondo i quali l’in­terruzione di gravidanza dovrebbe essere completamente libera fino a 24 settimane. Intanto anche all’interno del partito di Za­patero cominciano a spuntare voci contra­rie alla riforma. Al corteo di domenica ha partecipato anche Joaquín Montero, consi­gliere socialista del municipio sivigliano di Paradas: «Appoggio il sì alla vita perché so­no militante di sinistra. Non si può essere socialista e stare contro la vita».
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