lunedì 30 ottobre 2023
Il capo dell’Eliseo vuole portare la proposta di modifica costituzione in Consiglio dei ministri entro la fine dell’anno. Le associazioni per la vita: «Troppe domande ancora senza risposta»
Il presidente francese Emmanuel Macron

Il presidente francese Emmanuel Macron - Reuters

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Fra apparenti consensi politici e critiche dal mondo associativo, prosegue in Francia la campagna del presidente Emmanuel Macron per inserire il ricorso delle donne all’aborto fra quei "diritti" in cima alla piramide dei valori fondamentali difesi dalla Costituzione. Domenica il capo dell’Eliseo ha annunciato che la bozza di modifica costituzionale sarà subito spedita al Consiglio di Stato per le prime verifiche tecniche, in modo da essere «presentata in Consiglio dei ministri entro la fine dell’anno».

Macron non gode della maggioranza assoluta alla Camera bassa, l’Assemblea Nazionale, ed è in minoranza al Senato. Inoltre, una simile riforma richiede la maggioranza qualificata dei tre quinti del cosiddetto Congresso, ovvero le due camere riunite in seduta congiunta a Versailles. Ma nonostante questi ostacoli significativi, il presidente pare convinto di disporre dei numeri per varare la riforma.

Rispetto al passato, Macron ha chiarito d’avere l’obiettivo di trasformare il ricorso all’aborto in un diritto «irreversibile» nel 2024: un anno particolarmente simbolico, essendo quello in cui i riflettori internazionali saranno puntati sulla Francia per i Giochi Olimpici e Paralimpici estivi.

Centrista molto atipico che ama definirsi pure come un leader «progressista», Macron aveva simbolicamente preannunciato la riforma lo scorso 8 marzo, senza nascondere di voler così replicare pure ai segnali in materia provenienti dagli Stati Uniti. Per accrescere al massimo le chance del testo di passare, il capo dell’Eliseo propone una modifica specifica ad hoc della Costituzione e non l’inserimento della misura in una bozza di riforma più ampia con altri temi.

Macron esclude invece ormai di passare per un referendum, contando sul fatto che i capigruppo dei principali partiti sembrano fin qui tendenzialmente favorevoli o non opposti alla riforma. Ma nel mondo associativo c’è invece chi teme che in tal modo la pratica possa risultare ancor più «banalizzata», dopo che nel 2022 si è già registrato un picco senza precedenti di ricorso all’aborto: 234mila interventi, con un incremento dell’8%, ovvero di circa 17mila casi in più rispetto al 2021.

A lanciare l’allarme è stata ad esempio l’associazione Alliance Vita, impegnata da decenni al fianco dei più deboli. Per l’Ong, nelle comunicazioni governative ufficiali sul tema, non si cita tutta una «foresta di situazioni e d’interrogativi che restano finora ignorati». In particolare, «un numero non trascurabile d’interruzioni volontarie di gravidanza non si svolgono come previsto». In secondo luogo, l’aumento degli aborti, «concomitante con un calo della natalità, richiede ricerche sui possibili fattori comuni dietro queste tendenze».

Fra le domande fin qui schivate, secondo l’Ong, c'è pure la seguente: «In che modo l’evoluzione delle pratiche contraccettive (legate in particolare al forte aumento della contraccezione d’emergenza) influenza il ricorso» all’aborto? Altro interrogativo fin qui senza risposta: «Quali sono le cause delle forti disparità dei tassi di ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza in particolare sul territorio» transalpino? Inoltre, fra le altre lacune additate dall’Ong, figura pure il fatto che «la parte delle interruzioni volontarie di gravidanza ripetute (potenzialmente significativa) non è isolata dal totale» comunicato ogni anno. Anche altre associazioni lamentano il fatto che su un tema tanto delicato, paradossalmente, si legiferi senza studi più precisi.

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